Anna Lombroso per il Simplicissimus

Andando alla radice del termine, non può sfuggire che le privatizzazioni, anche riferendosi alla definizione usata in diritto e in economia per designare uno strumento giuridico  che sposta la proprietà di un ente o di una  società dal  controllo pubblico a quello privato, hanno trovato un humus culturale e sociale molto fertile.

Esistono filoni storiografici che indulgono in interpretazioni antropologiche, etnologiche e psichiatriche per trovare una spiegazione a fenomeni e accadimenti incidentali, attribuendo rilevanza ai “fattori umani” costituiti da despoti sanguinari, matti che si credevano Napoleone tanto da diventarlo, imprevedibili golpisti che dietro un’apparenza insignificante e algida covano  indole sociopatica e ferina.

Si spiega così la tendenza in atto che racconta di un Putin pazzo, megalomane e affetto da personalità distruttiva e al contempo quella che mitizza il bullo neonazista che aggiorna  la teoria di Baudrillard sulla precessione dei simulacri, adattando al realtà a un modello, quello del film su uno scapestrato attore di serie B che diventa presidente, dimenticando i precedenti nazionali di comici fattisi leader e piazzisti di pubblicità e pianisti da crociere fattisi premier.

Esiste una retrocessione della filosofia a edificio teorico e pratico per la cura dei malesseri della mente un tanto a seduta in modo da ridurre  responsabilità collettive a condotte individuali indotte dai fantasmi di Edipo, Giocasta o Medea, o da colpevolizzare comportamenti critici condivisi in qualità di inclinazioni asociali, indoli anaffettive, attitudine ad assumere posizioni eccentriche incompatibili con l’appartenenza al consorzio civile e alle convenzioni, da sottoporre a Tso, emarginare e infine punire in modo che non esercitino una perversa fascinazioni, persuadendo alla disobbedienza e all’eresia.

Il confinamento  di ogni passione e sentimento, di ogni convinzione e principio nello spazio individuale, personale e privato ha l’effetto non secondario di condannare l’individuo a un suo destino e ruolo predeterminato, di genere: gli uomini non piangono, spetta a loro fare la guerra, le donne trasmettono la vita e sono naturalmente pacifiste a dispetto di von der Leyen o di Madame Lagarde, autorizzate grazie alla dedizione con la quale si impegnano in professioni saldamente virili, o di status, o di appartenenza, o professionale, o di culto, pena l’ostracismo, la ridicolizzazione, il linciaggio, come è avvenuto per  sanitari che hanno preferito il giuramento di Ippocrate all’atto di fede alla scienza a libro paga dell’industria, per giuristi che hanno avuto l’ardire di con testare leggi ingiuste e frutto di manipolazioni costituzionali, per ricercatori che hanno osato ricordare che il pilastro della speculazione scientifica è rappresentato dal dubbio.

Così si stabilisce l’egemonia delle pulsioni sulla ragione, e della coscienza, meglio se falsa, sui valori della libertà e dell’autodeterminazione, sui diritti che da uno, alla salute, vengono estesi alla difesa dei confini, ridiventati merce  preziosa dopo essere stati commerciati e trattati come ubbia arcaica.

In nome della manutenzione di un sonno tranquillo che esima dagli incubi di eventuali correità, veniamo invitati a dismettere con gli ipocriti complessi di colpa coloniali dell’Occidente, come ci esortano a fare i pensatori secondo i quali esiste una finalità morale nell’imperialismo, se è agito dalla democrazia celebrata nel 1830 da Tocqueville, perché insieme alle bombe spruzza in giro un po’ di benessere, di aiuto umanitario, di Croce Rossa e riparare le ustioni del napalm. Allo stesso modo nel quale ci è stata resa accettabile la improponibilità di qualsiasi alternativa a sfruttamento, profitto e accumulazione insaziabile, che ostacolerebbe l’esercizio benefico della manina della provvidenza che casualmente distribuisce un po’ di polvere d’oro anche sugli immeritevoli.

Siamo ormai impegnati personalmente nella cura di una etica pubblica sintonizzata su Radio Londra, sulla Cbs, sulla Nbc e pure su Netflix, che governa la nostra compassione secondo le regole dell’eterna lotta tra Bene e Male scritte dai manichei imperiali, per farci piangere sui bimbi immaginari del bombardamento dell’ospedale da più di un mese adibito dalle falangi neonazi a deposito di materiali bellici, mentre nono siamo autorizzati a versare una lacrima sui nostri ragazzini cavie, sugli ospedali in rovina senza missili, sulle risorse distratte dalla sanità per armare i martiri e riarmare noi in modo da sviluppare la nostra vocazione a fare gli scudi umani.

E che dire dei figli e nipoti di partigiani cui si raccomanda la militanza virtuale a fianco degli eroi al cui comando figurano oltre al presidente della repubblica, quello del Parlamento Parubiy dichiaratamente nazista, al suono di Bella Ciao promosso a inno della resistenza intonato della catante folk che quando non canta inneggia a Stepan Bandera, il collaborazionista nazista che, nel secondo conflitto mondiale, aderì alla Germania di Hitler e collaborò alla eliminazione di un milione e seicentomila ebrei ucraini.

Anche loro sono indotti a contribuire con sacrifici economici presenti e futuri, ma anche con quello della memoria,  per via del confronto, ora riabilitato, con il passato, quando gli alleati con minore generosità di oggi lanciavano aiuti militari, peraltro esigui e condizionati come quelli del Recovery Fund, alla Resistenza.

E guai ricordare le differenze tra allora e la dissennata provocazione europea che vorrebbe armare il popolo martire, guai rammentare che dare i fucili alla popolazione civile, alle nonne, ai ragazzini non inquadrati militarmente  a fronte della evidente sproporzioni nutrirebbe solo l’irresponsabile delirio della loro dirigenza, guai dire che se invece si tratta di rifornire l’esercito regolare, anche quello segnato dalla presenza di corpi mercenari ispirati al nazismo, già equipaggiato da anni grazie ai puntuali rifornimenti della Nato, allora si collabora a una escalation che avrebbe la prevedibile finalità di prolungare il conflitto con esiti ingestibili e di ostacolare qualsiasi soluzione diplomatica.

Guai, perché ormai siamo stati irregimentati e condizionati a essere individui senza popolo, numeri con l’app, dati da trattare, far circolare a fini speculativi, autorizzati a pensare limitatamente all’interesse di sopravvivere e mantenere il poco che ci è concesso, con rinunce e sacrifici, in una dimensione “umana” solitaria, in uno spazio privato minacciato. Dentro a quale non devono arrivare i suoni della ragione che dovrebbe indicarci quanto abbiamo pagato e pagheremo per l’affitto nel ricovero, per essere ammessi al bunker che dobbiamo meritarci con l’obbedienza.