In questo pomeriggio di mezza estate non ho voglia di seguire le cronache dolenti, ipocrite o fraudolente dalle quali siamo circondati, ma occuparmi un po’ del passato dal quale deriva il presente. Un passato peraltro vicino , anche se a catena si lega a uno più lontano e così via. Mi diverte perché c’è anche dell’ironia nella storia che scompiglia i disegni messi in piedi dalle classi di potere. Dunque mentre assistiamo alla drammatica colonizzazione della Grecia e dell’intera europa mediterranea grazie alla letale arma dell’euro, non si può non andare col pensiero al 1990 – ’91 quando dopo la caduta del muro di Berlino, si ripresentò inaspettato il problema che aveva afflitto le potenze europee dopo l’epoca napoleonica e fino a tutto il 1945: l’ascesa della Germania in grado da sola di essere un centro di potere più importante di Francia e Gran Bretagna messe insieme ad onta dei loro sterminati, ma sempre più improbabili imperi coloniali. Solo l’Italia riuscì a beneficiare in maniera significativa di questo risorgimento tedesco che come effetto secondario ebbe quello di limitare e marginalizzare l’impero austroungarico permettendo al regno di incorporare il Veneto nel 1866, di consentire, dopo la sconfitta della Francia del 1870, la presa di Roma e del Lazio e infine di poter sviluppare una politica coloniale nel mediterraneo invisa a Londra e Parigi.
Ma torniamo a bomba: già la Repubblica federale da sola era divenuta fin dagli anni ’60 la potenza economica più grande del continente, Urss esclusa: con l’aggiunta della parte orientale “liberata” era facile prevedere che questa preminenza sarebbe aumentata a dismisura. Così invece di sfruttare l’occasione del crollo sovietico per liberarsi dei legacci della Nato ormai inutile e del dominio americano, Mitterrand, appoggiato ovviamente dalla Tatcher, ma dallo stesso duo Andreotti – Craxi, decise di consentire l’unificazione purché la Germania rinunciasse al marco o meglio, attraverso, l’euro ne facesse una moneta comune. Questi statisti pensavano, nonostante le numerose e pesanti voci di dissenso, che questo avrebbe imbrigliato la Germania, obiettivo al quale fu anche sacrificata ogni tensione verso un vera unità politica. Non capirono di aver invece dato vita a un meccanismo infernale grazie al quale il peso della Germania sarebbe stato destinato a superare ogni aspettativa o timore. In realtà è stata l’economia tedesca a impadronirsi dell’euro e a fare di Bruxelles e delle burocrazie europee un dependance di Berlino, come del resto in molti avevano avvertito.
Questa egemonia finalmente raggiunta è però vuota, non è sostenuta da alcun disegno complessivo, si limita a sfruttare il sistema euro in favore del proprio sistema Paese. E questo non solo si traduce in un impoverimento generale, ma permette alle oligarchie liberiste di mettere in crisi la democrazia e agli Stati Uniti di riempire il vuoto strategico della Ue. Tuttavia non appena Berlino, sempre un po’ per i fatti suoi, ha mostrato l’intenzione di un’espansione economica e tecnologica ad Est, con una partnership con Mosca e attraverso di essa con Pechino, Washington ha subito gettato sulla sua strada la vicenda Ucraina. Alla quale certo l’Europa si è vergognosamente piegata, ma che negli anni di costruzione non ha fatto nulla per evitare rimanendo fedele come un can barbone alla tutela statunitense, nel frattempo passata a costruire il nuovo nemico terrorista al posto dell’Unione sovietica, passando per l’Irak e i Balcani.
Così la Germania ha sconfitto l’Europa, ma è stata a sua volta sconfitta dall’assenza della medesima risucchiata dentro la sua sfera d’interessi, ma in totale assenza di una strategia geopolitica: Berlino è formidabile, ma rimane un nano senza la possibilità di potersi reggere su un’Europa politica e/o su un patto con la Russia. Ora è diventata nemica di Mosca e nemica dell’Europa mediterranea. Forse è grazie a questo straordinario risultato che la Merkel vuole ripresentarsi per la quarta volta. In fondo è stata abilissima a sfasciare tutto.
Commento questo post con una citazione in inglese dal libro del guru della geopolitica Zbigniew Brzezinski “The Grand Chessboard”, disponibile anche in italiano, e che consiglio di leggere a tutti quanti si iilludono ancora che l’Europa dopo il 1945 abbia potuto sviluppare delle politiche sia pure minimamente autonome. Dice il nostro guru nel capitolo intitolato “Hegemony of a New Type”, un’egemonia di tipo nuovo:
“… the American global system emphasizes the technique of co-optation (as in the case of defeated rivals – Germany, Japan, and lately even Russia) to a much greater extent than the earlier imperial systems did. It likewise relies heavily on the indirect exercise of influence on dependent foreign elites, while drawing much benefit from the appeal of its democratic principles and institutions. All of the foregoing are reinforced by the massive but intangible impact of the American domination of global communications, popular entertainment, and mass culture and by the potentially very tangible clout of America’s technological edge and global military reach.”
Traduzione: “il sistema globale americano enfatizza la tecnica della cooptazione (come nel caso dei suoi rivali sconfitti – Germania, Giappone e, più recentemente, perfino la Russia) in una misura molto maggiore rispetto ai precedenti sistemi imperiali. Come questi, si basa massicciamente sull’esercizio indiretto del potere di influenzamento delle élites straniere che ne dipendono, mentre al contempo ricava grandi benefici dalla forza di attrazione dei suoi principi e delle sue istituzioni democratiche. Quanto descritto è rafforzato dal massiccio anche se intangibile impatto della dominazione americana a livello di comunicazione globale, intrattenimento popolare e cultura di massa nonché dalla forza potenzialmente molto tangibile della supremazia tecnologica americana e dalla sua capacità di intervento militare in tutto il pianeta.”
Mio commento alla citazione: in questo passo c’è già la confutazione di tutte le narrative più o meno retoriche sull’Europa e i suoi destini magnifici e progressivi, compresa la narrativa della Germania che coltiva ambizioni egemoniche o che, riunendosi, diventa più pericolosa e capace di impensierire le cancellerie francesi, inglesi e quant’altro. Nel resto del libro si dice chiaramente che l’Europa non è altro che una colonia degli Stati Uniti ma anche da questo solo passo ricaviamo che:
– gli imperi esistono ancora
– gli imperi non si basano sul concetto che le loro colonie si devono sentire colonie, e quindi umiliate, ma sul concetto che occorre tirar su una classe dirigente politica nominata dagli Stati Uniti (cooptata) e che sarà facilmente influenzabile da parte dei cooptatori. In sostanza, i popoli penseranno di essere liberi ma i loro governanti, nominati dall’alto, sapranno bene che invece non sono altro che delle colonie. Ecco perché il 90% dei leader europei è cresciuto politicamente in associazioni, circoli, gruppi e ambient paramassonici finanziati direttamente dagli USA.
– gli imperi dei secoli scorsi non si comportavano in modo diverso dall’impero attuale. E questo ci fa capire come sia la stessa geopolitica a smascherare come falsità e narrazioni create a bella posta tutto quanto nei vari paesi europei e mondiali si studia a scuola nell’ora di storia e che finisce per costituire la parte di convinzioni e pregiudizi di cartapesta che ogni cittadino è obbligato ad avere per legge per il fatto stesso di essere nato in una data nazione.
È dunque la geopolitica stessa che dovrebbe postulare la necessità di un nuovo tipo di storia che sia più geopolitica e meno fantasiosa e raccogliere firme per abolire l’ora di storia come la conosciamo ora. Non lo fa, ovviamente, perché anch’essa è una scienza sostanzialmente ideologica che esprime sì delle verità ma senza inquadrarle nel contesto esplicativo corretto che non è quello di nazioni leader e nazioni sottomesse ma in quello di poteri globali sovranazionali che da chissà quanti secoli controllano la nascita e il divenire delle nazioni, anche di quelle che si fregiano del titolo di “impero”.
È come se le discussioni di carattere storico-politico avvenissero su due piani entrambi falsi ignorando del tutto le fondamenta della storia reale. Il post di oggi, per esempio, è condotto tutto all’insegna delle narrative tradizionali che costituiscono il piano visibile a tutti. Sotto a questo piano, in cantina per così dire, e noto a pochi, c’è la dimensione geopolitica che è anch’essa una narrativa abbastanza rozza nei suoi aspetti ideologici (tipo il fatto che per natura i grandi mangiano i piccoli oppure che bisogna essere sempre i primi a colpire per evitare che gli altri ci pensino prima di noi) ma che è comunque dotata di un notevole potere esplicativo nei confronti della storia romanzata, spiega cioè le motivazioni che spingono i leader ad ingannare i loro rispettivi popoli attraverso una descrizione più realistica delle strutture di potere operanti a livello globale. Quanto alle fondamenta, ossia alla dipendenza della storia geopolitica e, a maggior ragione, della storia romanzata dalle manovre e dagli interessi di gruppi economici, finanziari e industriali sovranazionali non se ne parla affatto. Ci sono sì infiniti accenni ai poteri occulti, ai Bilderberg, alle Triplici, a Davos e Cernobbio ma il tutto si perde in chiacchiericcio e gossip più o meno complottista senza dare come frutto un nuovo modo di fare la storia che tenga conto del materiale oggi disponibile in abbondanza per disfare i pregiudizi e costituire, per la prima volta, un sapere storico realistico a livello mondiale.
Un lavoro che non può essere fatto da una sola persona e che probabilmente non può neppure avvalersi dei tanti talenti accademici esistenti visto che la cultura, nel suo aspetto istituzionale, gira ovviamente nel senso voluto dal potere di quei grandi gruppi economici che manipolando o romanzando la storia hanno anche provveduto a creare le strutture formative che ne perpetuino, senza deroghe, l’insegnamento.
..se la “Merkel” non c’inganna (nel senso più strettamente disonesto di una sua possibile ricandidatura) il prossimo Presidente della Commissione Europea.. pardon, il prossimo Cancelliere potrebbe essere Wolfgang Schäuble (vederli d’un tratto correre finalmente contro non avrebbe prezzo!).