Gli europeisti di maniera, quelli che “abbiamo evitato le guerre” sono serviti: la Ue si sta apprestando a scendere in guerra con la Libia per fermare il flusso di migranti e per controllare le aree petrolifere. Il documento dell’European Union-Military Committee (Eumc) svelati da Wikileaks (qui ) non lascia spazio ad altre interpretazioni, ma soprattutto è un panorama agghiacciante di ciò che è diventata l’Europa dopo decenni di banchizzazione, limitazioni di democrazia e dittatura monetaria: un continente che si è evirato del suo senso e del suo interesse storico, riducendosi a una passiva imitazione dell’America.
Sì, basta leggere il documento per capire che la Ue farà la guerra per futili motivi, ossia nella convinzione che sia sufficiente cercare di colpire scafisti, barconi e complici per fermare flussi migratori, il che è come credere che si possa curare la polmonite fulminante con il vicks vaporub. Qualcosa che testimonia dello scadimento delle elites continentali che nemmeno più si interrogano su un fenomeno epocale in gran parte causato dalle proprie stesse azioni di rapina e dal caos creato da essi stessi. A questi signori non interessa andare al di là del loro naso e del loro ristretto cervello, né del resto può loro interessare visto che l’ideologia liberista dalla quale sono titanizzati, considera come naturale e benefico lo sfruttamento ai fini di profitto.
Certo la guerra che non potrà evitare anche sanguinosi interventi di terra già ipotizzati come parte essenziale della strategia, né stragi di civili e migranti e nemmeno un’estensione del conflitto, visto che certamente i flussi troveranno altre strade evitando la Libia, costituisce una via senza ritorno, sacrificando l’Europa all’odio di interi popoli che in precedenza erano attratti dal suo modello e alla relativa crescita di influenza delle potenze emergenti. Non è una supposizione mia, anche se ovvia, ma è ciò che perfino il pensatoio da cui è scaturita questa mossa comprende e anticipa: “Il Comitato Militare dell’Unione Europea conosce il rischio che può derivare alla reputazione dell’Unione europea…” E non parla solo dell’impatto globale negativo di un’azione così sconsiderata attuata per non spendere qualche soldo in assistenza per i profughi di cui è in buona sostanza colpevole per errori, egoismo e omissioni. Il rischio è anche verso le opinioni pubbliche interne: “rischio collegato a qualsiasi trasgressione percepita dall’opinione pubblica in seguito alla cattiva comprensione dei compiti e degli obiettivi o il potenziale impatto negativo nel caso in cui la perdita di vite umane fosse attribuita, correttamente o scorrettamente, all’azione o all’inazione della missione europea”.
Ma questi signori sanno benissimo come venirne fuori, almeno in quest’ultimo caso: “Il Consiglio Militare dell’Unione Europea considera essenziale fin dall’inizio una strategia mediatica per enfatizzare gli scopi dell’operazione e per facilitare la gestione delle aspettative”. I media insomma saranno arruolati fin da subito come quinta colonna e non c’è alcun dubbio che essi non avranno obiezioni ad essere embedded, vista la totale mancanza di autonomia e di intelligenza nel farsi megafoni delle false riprese, dei job act, della moneta unica, di tutto l’universo narrativo del potere locale e finanziario che pare essere impermeabile a qualsiasi evidenza.
Naturalmente lo scopo ufficiale che l’elite europea si prefigge dando inizio al conflitto, quello cioè di fermare in modo sanguinoso i flussi migratori, è solo collaterale a quello principale per il quale si è scelto traumaticamente di scendere in guerra, dopo che il problema era stato snobbato per molti anni e anzi era stato tema di bacchettate sulle mani all’Italia che invocava una soluzione comune. Il primo scopo è quello di indirizzare altrove l’attenzione e la rabbia di opinioni pubbliche che ormai contestano apertamente l’Europa: niente di meglio di una guerra e dei relativi morti per marginalizzare la questione greca, evitare che l’eresia nata nella penisola iberica si diffonda e contenere lo smacco subito in Polonia con la vittoria di Duda, candidato sì liberista, ma euroscettico in tutti i sensi. Che questo sia accaduto in un’area dove si pensava che il sentimento antirusso avrebbe portato comunque acqua all’Europa, specie in un momento di scontro con Mosca, è un segnale di allarme fortissimo: la guerra giunge come il cacio sui maccheroni.
Il secondo è ovviamente il controllo delle zone petrolifere, come comanda lo zio Sam e dunque più in funzione di mercenari che di protagonisti, mentre il terzo, meno immediato, ma non meno corposo, è probabilmente quello di assuefare le popolazioni europee a uno stato di conflitto armato che potrebbe venire buono quando la partita potrebbe farsi rischiosa, come ad esempio in Ucraina. Ecco ciò a cui si è ridotto ciò che doveva essere uno strumento di pace.
leggete:
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=84256
La ringrazio per le sue osservazioni estremamente circostanziate che dimostrano in pieno quello che intendevo dire sulle vere finalità della geopolitica: convincerci che tutti sono nemici di tutti e che è quindi necessario armarsi fino ai denti. Nel suo commento si individuano peraltro soggetti politici che non sono tali in quanto già abbondantemente evirati dalla presenza di basi militari straniere sul proprio territorio che sono la prova provata di assenza di autonomia politica. Da questo punto di vista gli attori della geopolitica rimasti sono solo tre: Cina, Russia e Stati Uniti. Tanto più sorprendente allora è constatare che essi conducano a volte delle esercitazioni militari congiunte, molto poco geopolitico come comportamento! Su un altro versante, chi compra alta tecnologia militare da paesi esteri dimostra per primo di non credere alla geopolitica perché non avrebbe senso rafforzare economicamente la controparte “nemica”, consegnarsi mani e piedi all’avversario geopolitico per quanto riguarda le necessità manutentive del materiale bellico e acquistare armamenti ormai tutti basati su tecnologia satellitare e software disattivabile a distanza o hackerabile a piacimento. Quello che si compra funziona solo finché lo vuole il venditore! Infine l’impianto geopolitico presuppone l’esistenza di stati nazione come operatori della geopolitica, cosa che è però giornalmente sconfermata dai fatti che mostrano le nazioni penosamente assoggettate a interessi economici transnazionali. La geopolitica intesa in senso tradizionale non ha dunque più senso mentre avrebbe ancora senso, e anzi sarebbe urgente, una geopolitica basata sugli interessi economici transnazionali che sono i veri motori del cambiamento geopolitico e, secondo me, lo sono sempre stati. Quanto agli odi tradizionali fra le nazioni e le etnie, sono di solito la conseguenza di atrocità belliche subite nel corso dei secoli e rimaste nella memoria storica dei popoli, dunque non dimostrano che le guerre sono inevitabili o che è necessario riarmarsi ma, al contrario, provano solo che il business della guerra si alimenta facendo la guerra. Ossia ogni guerra, con il suo strascico di indelebili tragedie e risentimenti, diventa il seme in letargo delle guerre successive. Oggi qualcuno ha iniziato a soffiare sul fuoco per risvegliare questi semi. E la geopolitica si appresta a intervenire come sempre per invertire causa e effetto e fornirci le sue false spiegazioni.
Sono sostanzialmente d’accordo con la “dottrina Casiraghi.” Anche se non ritengo che il (chiamiamolo) rinascimento della Cina sia dovuto esclusivamente all’acquisizione di tecnologie dagli USA. La Cina ha una lunga tradizione di scienza, arte e storia, persino in anticipo sull’Europa. Tradizione che non si può estirpare da un giorno all’altro. Inoltre mi sa che la Cina di Mao non fosse il totale disastro descritto in Occidente. Altrimenti non si spiega un cambiamento quasi biblico nel giro di pochi anni.
La descrizione delle condizioni degli Stati Uniti e’ realistica, nonostante i quislings, gli agiografi, i media e i soliti ruffiani (specialmente se accademici) proclamino il contrario. Condizioni e ideologia che l’impero sta cercando di forzare nelle colonie.
Si possono trovare molteplici spiegazioni. A partire, per esempio, dal coltivato disprezzo americano della cultura, intesa come assolutamente inutile se non fa soldi. Ne vedo esempi quasi quotidiani. Da cui deriva l’assenza di spirito critico se non diretto a bisogni materiali immediati.
Col risultato che i “mandanti” a cui accenna il Sig. Casiraghi possono dar da bere qualunque abominio o fandonia e tutti ci credono.
Si può cercare di identificare l’inizio del processo che ha portato alle condizioni attuali, descritte nell’articolo – inizio che molti, incluso il sottoscritto, ritengono coincidano piu’ o meno con l’installazione dell’attore Reagan alla presidenza americana.
Ma il concetto di “inizio” è temporale mentre il concetto di “causa” presuppone un fenomeno precedente o, appunto, un mandante o dei mandanti. E allora chi è o chi sono i mandanti? Perchè il neo-liberismo (per semplificare) non e’ simile al big-bang. Ci dev’essere un qualcuno a cui si può attribuire la paternità del mostro.
Che io sappia, non ho trovato spiegazioni convincenti, a parte vaghi accenni alla “scuola di Chicago” o simili. Ma anche un Reagan o un Hitler non nascono dal nulla. Che il pre-Reagan o il pre-Hitler abbiano saputo tenersi ben nascosti, non ne nega l’esistenza.
Procedendo per esclusione logica sono arrivato alla conclusione che i mandanti attuali sono gli eredi di una tradizione di potere. Tutte le forme di sapere si basano su una tradizione, tradizione che può essere palese oppure nascosta, criptica, elitaria. Il controllo del popolo da parte di gruppi ristretti di potere è anch’esso una forma di sapere, una disciplina “scientifica” e come tale è logico ipotizzare che abbia delle radici nel passato e, aggiungerei, delle radici antichissime, forse più vecchie del più vecchio mestiere del mondo visto che l’uomo è un animale sociale sottoposto al principio del capobranco, ossia, in termini moderni del leader (e questo ci fa capire quanto realista sia il potere e quanto sappia ciò che le religioni si sforzano di farci dimenticare: che non siamo puri spiriti ma solo animali con il linguaggio, ossia animali che hanno la possibilità di sognare, creare, mentire ma che, alla fine, risentono del fascino primordiale del leader e della tendenza insopprimibile a seguire chi comanda).
Come si fa a tramandare un sapere di questo tipo che si vuole riservare a pochi eletti, a coloro cioè che saranno destinati a comandare e guidare il gregge? Lo strumento principe è secondo me la massoneria nei suoi molteplici avatar (società segreta, think tank, lobby, gruppo di pressione, ONG o associazione culturale in cui si entra solo per cooptazione). Non sto parlando della massoneria in senso stretto ma di ciò che si forma quando persone o gruppi che detengono già un potere enorme si riuniscono in totale discrezione e si mettono a programmare piani e interventi complessivi come una vera e propria centrale di comando che detterà legge alle autorità apparenti, le nazioni.
In altre parole, ancor prima che si formasse la massoneria vera e propria la massoneria esisteva già perché esisteva l’incontrarsi in segreto di persone ricche e potenti per discutere del popolo come un’azienda di zootecnia discuterebbe dei propri suini e bovini. In questo ambiente il popolo è considerato un bambino da guidare ma diversamente dai genitori che guidano il bambino verso il suo bene qui la direzione in cui guidare il popolo-bambino è finalizzata al bene del “guidatore” e non del guidato.
Chi sono allora i mandanti? Certamente vanno ricercati tra coloro che frequentano questi incontri discreti massonici e para-massonici (ma se sono veramente discreti non coincidono certo con i rumorosi eventi-spettacolo tipo Davos e Cernobbio cui partecipano, sembrerebbe, più i fiancheggiatori politici, mediatici e accademici da istruire sulle più recenti decisioni prese dai mandanti). Ma anche se avessimo una lista di nomi precisa al cento per cento non servirebbe a molto. E mi spiego.
Ogni tradizione di potere si incorpora in persone ma ne prescinde, vive anche senza quelle persone che la rappresentano. È il principio del morto un papa se ne fa un altro che è reso possibile dal fatto che il potere non è veramente del papa ma di tutta la struttura gerarchica che lo sorregge. Struttura che, a sua volta, poggia in ultima analisi sulla base della piramide il cui potere è minimo a livello individuale ma massimo quando si coalizza a favore dei vertici della piramide. Pensiamo, per la religione, alla passione con cui i fedeli, che sono sostanzialmente le persone prese in giro, la difendono fino ad essere disposti a dare la vita per essa.
Ecco perché quelli che io chiamo gli innocenti (coloro cioè che si arruolano in buona fede e gratuitamente nelle file di chi li adopera e li sfrutta) sono il principale ostacolo al cambiamento, la forza inerziale che impedirà per sempre che si arrivi a toccare il livello dei mandanti. Faccio un altro esempio, più attuale: i motori di ricerca sono l’incarnazione più completa dell’autoritarismo e dell’arbitrio di stampo feudale applicato al mondo delle aziende (e non solo!). Essi, infatti, si arrogano ormai il diritto di farci esistere o sparire da internet, un internet a cui ormai è legato il destino di tutti gli operatori economici. Se il motore di ricerca non ti segnala, tu non esisti, se cambia gli algoritmi di ricerca tu sparisci e quindi esso ha di fatto un potere di vita o di morte su ogni azienda mondiale senza che esista una sola legge che sia stata creata o anche solo ipotizzata per imbrigliarne l’arbitrarietà e il potere totalitario. Eppure provatevi a dire che i motori di ricerca dominanti nella loro forma attuale dovrebbero essere resi fuorilegge e i loro server oscurati: ci sarebbe una levata di scudi talmente violenta sia da parte delle aziende vittime del sistema (ma che ormai non possono più farne a meno) che del più piccolo proprietario di blog che grazie alla pubblicità introita magari i suoi 10 euro al mese.
Non dico allora che i mandanti sono le vittime. Dico però che l’arte del potere comporta il rendere corresponsabile il popolo, renderlo simpatizzante del male. E una volta che il popolo è diventato il principale alleato del mandante c’è ben poco che si possa fare.
PS Secondo me tutto quello che è successo dalla rivoluzione industriale in poi si rifà ad una tradizione di potere che mira ad esautorare in tutti i paesi del mondo i valori tradizionali (il senso di appartenenza etnica e nazionale, la religione, la famiglia, la scuola) per creare l’uomo nuovo, consumatore sganciato dalle proprie radici, e che mira a costituire raggruppamenti di stati sempre più ampi per dare più spazio di crescita alle proprie industrie. Da questo punto di vista ho perso la mia innocenza anche per quanto riguarda i grandi eroi italiani alla Mazzini che ormai sospetto di essere l’equivalente di chi nei nostri anni ha propugnato prima l’ideale dell’Unione Europea e poi quello del trattato transatlantico. Mazzini non voleva unificare l’Italia (perché non si può per logica unificare una cosa che non esiste ancora!), lui voleva che tanti piccoli stati ognuno con lingue e tradizioni diverse scomparissero per dar vita a un raggruppamento più vasto. Mazzini fu, tecnicamente, un distruttore di identità nazionali, esattamente come i nostri politici di oggi che hanno sostenuto, con le più varie scuse e pretesti, l’Unione Europea che è la morte di tutti gli stati nazionali che la compongono.
Penso che il problema eurorusso sul fronte orientale sia stato sostanzialmente sottostimato nell’articolo.
Duda (che oltre che liberista è simpatizzante di ultradestra), non è un euroscettico nel senso degli altri citati (greci, spagnoli, per non dire Lepeniani e inglesi vari).
I polacchi e in generale i baltici, hanno una fobia nativa ed antica antirussa, e sulle prime videro nell’adesione alla UE una protezione dal Patto di Warsavia fresco di tomba, ma a partire dalle tensioni secessioniste (prima in transnistria, poi più potenti in donbass, crimea etc) di certe parti di paesi ex satellite, e a seguito anche della ripresa dell’economia russa dai minimi a cavallo di millennio, hanno iniziato a capire che l’europa a loro più cara (il potente protettore franco-germanico) era sostanzialmente troppo tiepida, troppo POCO antirussa per i loro bisogni compulsivi. Per questo ora sono tra gli spasimanti US-NATO e diffidano del blando tepore tedesco.
Il motore franco-tedesco-italiano, si va rendendo conto col tempo che le sanzioni antirusse non sono unilaterali. Si stanno rendendo conto che l’aquila bifronte, per quanto tradizionalmente innamorata dell’ovest e della cultura francese e germanica, è perlappunto per ragioni geografiche e in parte persino etniche, appunto BIFRONTE, e che è stato un colossale errore strategico pensare di poter accerchiare un paese di quella natura, nel nuovo contesto multipolare. Specialmente dopo essersi mostrati ostili con gran parte degli alleati storici dell’unione sovietica, con cui la Russia ha sempre mantenuto buoni rapporti. Guarda caso, per fortuna dei russi, si tratta di paesi popolosi e confinanti o quasi, VIA TERRA anche, avidi consumatori di materie prime e esportatori di tecnologie a basso costo. E perché no, anche desiderosi di comprare tecnologia militare avanzata a costo ragionevole.
Queste stampelle, anche di comodo, includono paesi congiunturalmente alleati (Iran), commercialmente interessati (Cina), tradizionalmente alleati (India, Siria) e persino paesi proprio amici ideologicamente (Brasile, Venezuela e altri). Uno tra i più fedeli alleati US-NATO (il Giappone) è molto poco ansioso di inimicarsi la Russia, sia perché è fornitore di gas e petrolio e compratore di tecnologia nipponica, sia perché il Giappone mostra di nuovo i muscoli ma suda freddo a partire dall’espansione militare della Cina nel SUO mare, che sta fortificando con tanto di isole artificiali e piste d’atterraggio atte a bombardieri pesanti e scorte di combustibili per migliorare la sua proiezione all’esterno, senza contare le teste calde nordcoreane. Per quanto ideologicamente ostile ed assertivo, Shinzo Abe si è mostrato molto cauto nell’accettare le pressioni US per introdurre più sanzioni.
In questo scenario, l’europa si è castrata da sola spingendo un importante partner commerciale a rivolgersi ad altri lidi. Di recente la Francia si è fatta un altro grosso autogol con l’affare “Mistral”, perdendo una commessa, già ultimata, da quasi un paio di miliardi di euro e accingendosi a pagare la penale per mancata consegna (probabilmente la Dassault perderà pure una commessa con l’India per varie decine di fighters Rafale in favore dei meno cari Sukhoi).
Per questo sta diventando tiepida e vari industriali hanno una gran voglia di allentare le sanzioni o archiviarle e tornare a commerciare, e chissenefrega dell’ucraina.
I falchi polacchi, baltici, e anche svedesi, inorridiscono a questa prospettiva, e fanno a gara a stendere la passatoia rossa direttamente al nuovo padrone e protettore americano, più che NATO, e cominciano a schifare la tiepida europa. In definitiva l’europa si è spaccata da sé imponendosi una cieca obbedienza a istanze estere contro i suoi interessi locali, che gli si ritorcono in parte contro.
Non ultimo, anche ammettendo di fare il muso duro e prepararsi al confronto militare oltre che economico, gli alti gradi d’Europa sanno bene che la Russia avrebbe un solo fronte aperto. A sud e ad est alleati, anche temporanei, non si schiererebbero contro e non collaborerebbero. E il prezzo per l’Europa di uno scontro simile sarebbe molto salato. La Russia non ha possibilità di occupazione, per ragioni demografiche, ma ha amplissime disponibilità di ritorsione tramite la sua imponente deterrenza nucleare rimodernata. Anche i glonass sono stati ripristinati, per cui non sarebbe affatto banale accecare le sue difese e i suoi lanciatori balistici. I neonazi ex sovietici si sentono traditi dall’Europa, ed il loro euroscetticismo non tornerà domestico tanto facilmente. Sono più che disposti a diventare direttamente protettorati statunitensi, per quel loro bisogno fobico di sicurezza.
Buongiorno, per errore ho scritto un commento al suo commento sotto quello di Voltaire1964 anziché qui. Me ne scuso.
Vorrei esporre alcuni principi di base che definirei dottrina Casiraghi 🙂 solo perché non riesco a trovare nessuno che li condivida tutti quanti assieme.
1) I beneficiari di una guerra non sono gli stati ma le loro fabbriche d’armi e di ricostruzione. Prendersela con l’Europa o con gli Stati Uniti significa solo dare la colpa agli esecutori anziché ai mandanti.
2) Il controllo petrolifero non è ciò che giustifica le guerre. Gli Stati Uniti hanno basi militari in quasi tutti i paesi produttori di petrolio, compresa l’Arabia Saudita, e quindi non hanno alcun bisogno di aumentare un controllo che hanno già e che possono far valere semplicemente con una telefonata fatta ai loro quisling locali. L’Iraq poteva anche non essere invaso, ma in quel caso che business avrebbero fatto le fabbriche d’armi e di ricostruzione? Idem per la Libia, idem per qualsiasi altro paese attualmente in guerra.
3) La geopolitica non è ciò che giustifica le guerre. È un’altra scusa, da servire alla parte di popolazione più istruita che non si accontenta delle balle da supermercato e ambisce alle balle da boutique, più sofisticate. Cosa dice la geopolitica? Che ci sono paesi che vogliono controllare il mondo quindi gli Stati Uniti li devono prevenire e acquisire loro il controllo del mondo. Perché è una balla? Perché se la geopolitica contasse davvero qualcosa gli Stati Uniti non avrebbero mai delocalizzato le proprie produzioni e il proprio know-how alla Cina, un paese comunista, ricordiamolo, che rappresentava l’antitesi del credo capitalista americano – in modo da trasformarla nel giro di alcuni anni nel proprio principale antagonista economico, politico e militare. Alla fine di questo vero e proprio tradimento della propria popolazione gli Stati Uniti si ritrovano un paese molto più povero di prima, con città desertificate, decine di milioni di disoccupati, un’immigrazione fuori controllo e la prospettiva, per la popolazione bianca, di diventare minoranza etnica entro alcuni decenni e di dover ricorrere a forme di apartheid che, peraltro, già larvatamente fanno capolino.
4) Se un paese ha delle basi militari di un paese estero al proprio interno, questo paese va definito come una colonia di quel paese estero e null’altro. Smettiamola con i miti resistenziali, l’Italia è passata dal controllo nazista al controllo americano e nessuno di coloro che si erano opposti al primo tipo di controllo si è mai opposto al secondo, anzi, è stato ben lieto di salire sul cadreghino del potere e di cominciare a parlare di “liberazione”, come avrebbe fatto un quisling qualsiasi. Questo fatto, che anche quando è ricordato viene subito ignorato come se causasse imbarazzo, determina delle conseguenze logiche non indifferenti. Una di queste è che non si può accusare Renzi di nulla perché Renzi opera in un paese che è una colonia e dunque è ben ingenuo da parte nostra prendercela con chi non è veramente responsabile se non di prendere ordini dall’alto. Farlo comporta inevitabilmente una finzione: che Renzi sia il mandante anziché l’esecutore. E il vero mandante ringrazia.
5) Si sono avute due guerre mondiali con decine di milioni di morti ma sui media si sta ricordando la “Grande Guerra” come se fosse una grande festa anziché una grande tragedia. Neanche ci accorgiamo del fatto che ormai si parla della guerra con toni diversi rispetto a dieci anni fa, toni di accettazione, toni positivi. Senza bisogno di mettere in campo un nuovo Mussolini il cui linguaggio roboante ancorato alla grandezza della Patria, al senso del dovere o alla necessità del singolo di sacrificarsi per lo Stato non sarebbe più adeguato ai tempi, è nata ormai una nuova retorica, basata sul marketing del linguaggio, sull’usare parole piacevoli e rassicuranti per contenuti atroci sul modello dell’Arbeit macht frei di Ausschwitz: si va dalle “tutele crescenti” che significano nessuna tutela alle “missioni di pace” che sono il nuovo nome ufficiale della guerra.
I “mandanti” hanno cioè già trovato il modo di scatenare tutte le prossime guerre (compresa un’eventuale guerra mondiale) senza temere il panico o l’opposizione delle popolazioni che saranno colpite. All’accettazione che i media già stanno seminando a piene mani, seguirà inevitabilmente l’accettazione dei popoli, pronti ancora una volta a dare il loro inutile tributo di sangue e, mal che vada, a costruirci sopra un nuovo luminoso mito. E il vero mandante ringrazia.