Fin dall’inizio della vicenda ucraina, poco meno di un anno fa, avevo messo l’accento su due evidenze che sembravano del tutto estranee sia alla pubblicistica nazionale in atteggiamento di devozione verso Bruxelles, sia persino alla sinistra che nel nome di Tsipras cercava un’improbabile convergenza di fortuna: il fatto che la partecipazione europea al golpe semi nazista di Kiev denunciasse il divorzio per incompatibilità di carattere tra democrazia sostanziale e Ue, vale a dire tra il progetto iniziale e gli esiti oligarchici. E la palmare sovrapposizione della Nato sull’unione continentale, tanto da non capire bene dove finisca l’una o inizi l’altra.
In condizioni normali un evento destinato a rimettere in moto uno scontro geopolitico con la Russia, ma attraverso di esso con tutto l’universo dei cosiddetti Paesi in via di sviluppo, per sostenere un colpo di stato fomentato e sostenuto dagli Usa con l’ausilio di truppaglia neonazi avrebbe cambiato tutto il quadro di schieramenti e temi delle elezioni europee. Invece tutto è stato confuso e nascosto attraverso una gigantesca opera di disinformazione condotta dai media e dalle segreterie di stato occidentali. E quando la razionalità e la sinistra chiarezza degli eventi foravano la pesante cortina di dissimulazione, interveniva la svalutazione di ogni analisi attraverso l’accusa di complottismo, di anti americanismo o antieuropeismo. Ne abbiamo viste di tutte, da solerti blogger al soldo dell’ Mi 6 che andavano alla ricerca su You tube del missile separatista che aveva abbattuto l’areo malese, fino alla foto di un carro armato russo, priva di qualsiasi coordinata, come “prova” di una supposta invasione di Mosca.
Diciamo che chi non vedeva non voleva vedere e chi vedeva ha evitato di trarne conseguenze sulla natura mutante dell’idea europea. Ma per fortuna passate le elezioni e ristabilito l’ordine continentale attraverso una commissione ancor più austeritaria e nord atlantica della precedente, la verità può essere detta. E a farlo è stato lo stesso vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden: “Abbiamo dato a Putin una scelta semplice: rispetta la sovranità ucraina o avrai di fronte gravi conseguenze. E questo ci ha indotto a mobilitare i Paesi più sviluppati al mondo affinché imponessero un costo reale alla Russia. E’ vero che non volevano farlo. E’ stata la leadership americana e il presidente americano ad insistere, tante di quelle volte da dover mettere in imbarazzo l’Europa per reagire e decidere per le sanzioni economiche, nonostante i costi”.
Purtroppo le intercettazioni telefoniche dei plenipotenziari americani a Kiev, dalla Nuland a Mc Cain, oltre che le parole di Soros sul ruolo delle sue Ong ucraine, mostrano chiaramente che la sovranità del Paese è stata manipolata proprio dagli Usa, servendosi del cavallo di troia europeo e delle sue demenziali espansioni. Ma questo ormai non stupisce, è un modus operandi largamente scontato dal Sudamerica al Medioriente, da Hong Kong al Centroasia, dall’Africa dell’ebola, alla miserabile italietta renziana dove l’ex partito di centro sinistra è stato trasformato in una sorta di movimento arancione che si materializza nei twitter e nelle nelle piazze televisive. L’argomento sarebbe interessante come genesi del premier, ma quello che qui importa è che Biden ci mostra un Europa costretta ad andare contro i propri interessi e che appare come una specie di succedaneo della Nato. Figuriamoci cosa sarà dopo il trattato transatlantico. D’altronde è chiaro che con l’affermazione dell’Asia come fabbrica del mondo, il pericolo che l’Europa possa giocare su più sponde, con maggiore autonomia, in un mondo multipolare, è un pericolo troppo grande per la centralità che gli Usa attribuiscono a se stessi.
Ma Biden non si ferma qui, decostruisce anche la leggenda del terrorismo e di conseguenza delle guerre che vengono portate ad esso dopo averlo foraggiato, come è accaduto per l’Isis: “Lasciatemi dire ancora una volta: non affrontiamo alcuna minaccia esistenziale al nostro modo di vita o alla nostra sicurezza.Ci sono due volte più probabilità di essere colpiti da un fulmine in strada che di essere colpiti da un evento terroristico negli Stati Uniti.”
Verrebbe da chiedersi perché un vicepresidente dica queste cose al forum J.F Kennedy e poi le scriva sul sito della Casa Bianca (vedi qui). Si possono formulare varie ipotesi: che Biden sia un cretino il quale pensa di fare un favore ad Obama e ai democratici rivendicando la macchina antirussa messa in piedi dal premio nobel per la pace in nome dell’eccezionalità americana, che si tratti di una semplice gaffe (il che non esclude anzi rafforza la prima supposizione), che queste rivelazioni siano invece state fatte ad arte per saggiare le reazioni di amici e nemici e che tuttavia, a tre giorni di distanza, non si vedono, anche perché non sono state rivelate alle opinioni pubbliche. Oppure che il senso di impunità, la sicurezza di avere ormai saldamente in pugno le elite europee, la volontà di rendere chiaro l’imperialismo globale al di là e al di sotto delle giustificazioni di facciata, sia tale da rendere superflue le cautele. Anzi che l’auto referenzialità del disegno di comando, funzioni meglio in assenza di fumosi pretesti, di ambigui appelli alla democrazia di cui -si fa intendere- gli Usa, nella loro lotta contro il declino, non hanno nemmeno più bisogno. Così come non hanno nemmeno più necessità di tutelare gli interessi di un Europa trasformata in appendice.
Ad ogni mossa del regime, ad ogni menzogna, ad ogni narrativa ideologica dovrebbe corrispondere una contromossa adeguata all’interno di una strategia robusta. Questo manca completamente, non solo ci è sprofondato il terreno da sotto i piedi ma anche la testa sembra non sapersi più ritrovare, sbalestrata com’è tra nostalgia del recente passato e ricerca di improbabili alleati all’interno della palude dove tutto, ormai, è contaminato.
Abbiamo scoperto che il nostro paese è un paese subalterno, che l’Unione Europea è un gruppo di nazioni inginocchiate, che i politici di tutt’Europa sono dei fedeli servitori di una potenza estera e che i partiti all’opposizione sono solo dei fedeli servitori in pectore, messi lì per garantire alla potenza straniera egemone che chiunque sarà al comando in una nazione europea sarà sempre e comunque un suo fedele servitore. Abbiamo ulteriormente scoperto che tutta l’intellighentsia di questi paesi è parte di questa subalternità: intellettuali, accademici, giornalisti, sindacalisti, artisti, ong, onlus, uomini di fede. Tutti, tutti, assolutamente tutti coloro che hanno anche un solo briciolo di potere hanno accettato la subalternità e la promuovono.
La strategia del “torniamo indietro” quindi non può funzionare. Primo perché non c’è nessuno tra coloro che detengono quel briciolo di potere che sia disposto a tornare indietro, perderebbe tutti i vantaggi che ha. E, secondariamente, perché quell'”indietro” che noi rievochiamo con nostalgia quasi fosse il meglio che ci sia stato dato di sperimentare nella nostra vita era già una mela bacata, un fondale di scena, un’illusione ottica.
Non è che gli Stati Uniti dominino il mondo dall’Ucraina in poi. Lo hanno sempre fatto da cent’anni a questa parte. Chi ha letto qualche libro americano di geopolitica sa già che l’Europa post-hitleriana è sempre stata ufficialmente considerata un vassallo degli Stati Uniti. Una recente intervista sulla massoneria riprodotta sul sito megachip.globalist.it (lettura consigliatissima, a prescindere da eventuali boutades su nomi e fatti specifici) sposta ancora più indietro nel tempo la nascita di un dominio globale nascosto del mondo, dominio che, ci fa intendere l’intervistato, non è affatto nascosto, siamo noi che ci affanniamo a non volerlo vedere!
Abbiamo anche scoperto che il mondo viene inscenato per noi su base quotidiana, che qualcuno lassù decide il menù da offrire ad una platea multinazionale ghiotta di emozioni e ora ci imbandisce il kolossal con Boko Haram e le centinaia di ragazze inspiegabilmente sequestrate, ora l’aereo malese misteriosamente scomparso nei cieli spiati da implacabili radar e satelliti cui non sfugge neppure un micron, ora tira fuori la Crimea, l’Ucraina e le sanzioni che fanno male a chi sanziona, poi tocca all’ISIS e allo Stato Islamico, e un attimo dopo ad Ebola e, finalmente, anche Hong Kong che ci prova a fare la “primavera araba” un po’ fuori stagione. Elementi comuni a queste vicende? Tantissimi: nascono da un momento all’altro, spariscono da un momento all’altro. Le notizie vengono diramate in un modo orchestrato come quando si fa una campagna pubblicitaria a tappeto. I protagonisti delle vicende mettono in atto dei comportamenti assurdi, paradossali, controproducenti, irrazionali. La gente muore per davvero, pur essendo palese l’artificiosità di quanto sta accadendo (viene in mente un precedente storico, i combattimenti dei gladiatori contro le fiere, pura politica mescolata a grandissimo spettacolo). Tutto è finalizzato a produrre insicurezza, paura o terrore su scala mondiale e a far scattare nuovi giganteschi finanziamenti per far armare le nazioni sempre di più.
Forse sarebbe il caso di capire una buona volta che è stato sempre così e che molti eventi che costituiscono la storia del mondo sono dei falsi d’autore, non costituiscono la storia del mondo ma la storia dei fondali e doppifondi che sono stati realizzati per mandare avanti nel senso voluto la storia vera (e nascosta) del mondo, che, a quanto pare, rimane nascosta più che altro per mancanza di interessati che la vogliano riesumare e, finalmente, darci quelle spiegazioni che ci riconcilierebbero con il buon senso e la razionalità che dalla storia-spettacolo che si racconta attualmente mancano del tutto.
“Verrebbe da chiedersi perché un vicepresidente dica queste cose al forum J.F Kennedy e poi le scriva sul sito della Casa Bianca”
..la prima che hai detto subito dopo, con l’accortezza che… onestà intellettuale vuole che non sia reputabile come un inconsapevole “cretino” e per di più occasionale: Quello che non può dire il comandante in capo.. lo dice il vice, lasciando aperte più dinamiche di strategie e relative via di fuga possibili e immaginabili, in ultimo inviare un messaggio trasversale a chissà chi all’interno di un certo sistema di potere.