
Anna Lombroso per il Simplicissimus
Beati i tedeschi con le loro parole composte che rendono concetti complessi. Si potrebbe lanciare un gruppo su Facebook che in Germania sarebbe Fremdschämen, e da noi qualcosa che voglia dire provare vergogna e disonore per conto terzi.
Invece sul social in versione nostrana ce n’è uno che si chiama Lavoro & Progresso, proprio con la & commerciale, sul quale raccoglie un gran numero di like uno di quegli “stati” arancioni come l’auspicio delle regioni, che recita: Amazon, il 71% dei lavoratori dice no ai sindacati, evidentemente agli autisti piace fare la pipì in bottiglia.
Il ghigno si riferisce al caso dell’Alabama dove, si legge sulla stampa, “è svanito per ora il sogno del sindacato di avere una presenza organizzata all’interno di un sito Amazon. Sarebbe stata una prima volta negli Usa e avrebbe rappresentato un precedente denso di significato per un gruppo che ha sedi e depositi in tutto il mondo. Nell’azienda dell’uomo più ricco del mondo, invece, il no ha vinto in modo schiacciante, con più del doppio dei voti ottenuti dal sì al sindacato”.
Ve la ricordate la frase conclusiva del Manifesto, proletari di tutto il mondo unitevi? No, non ve la ricordate, se il vero trionfo conquistato dal capitalismo consiste nell’aver diviso con successo gli sfruttati mettendoli gli uni contro gli altri grazie al configurarsi di una lotta di classe che si muove al contrario, ricchi contro poveri, e anche orizzontalmente, lavoro intellettuale contro lavoro manuale, occupati contro precari, disoccupati contro garantiti, secondo categorie più formali e virtuali che reali che permangono come bandiere di eserciti di disperati.
Aggiornata in proletari di tutto il mondo datevi addosso, riscuoterebbe consenso quasi unanime grazie alla manutenzione che viene fatta dalle vittime degli stereotipi del progressismo divulgato dai kapò delle multinazionali, delle grandi imprese, quelle pubbliche comprese, delle associazioni confindustriali e della politica allo loro servizio, che si sta prestando alla valorizzazione dello Stato come investitore e elemosiniere di grandi concentrazioni al fine di operare una selezione con conseguente “soluzione finale”, per cancellare il tessuto di piccole e medie imprese giudicate parassitarie e arcaiche, e per omologare i lavoratori in massa i cui diritti e le cui remunerazioni possano essere appiattite verso il basso in attesa della sospirata sostituzione con automi più o meno intelligenti e obbedienti.
Qualcuno a leggere la notizia, ha giustificato la decisione dei dipendenti di Amazon con l’evidente pressione esercitata dall’azienda, con le minacce di licenziamento e i ricatti espliciti. E d’altra parte siamo un paese civile che ha manifestato la sua solidarietà per i lavoratori di Amazon e della logistica non comprando per un giorno il cacciavite e l’inchiostro per stampante online, rinviando provocatoriamente l’acquisto al giorno dopo lo sciopero indetto il 22 marzo, quando gli italiani avevano mandato i loro auguri ai colleghi americani che stavano votando per darsi una rappresentanza sindacale (ne ho scritto qui: https://ilsimplicissimus2.com/2021/03/21/i-dannati-del-clic-in-sciopero-domani/).
In effetti in alcuni dei centri strategici dell’impero di Amazon in Italia, i sindacati si sono recentemente affacciati, in controtendenza solo apparente con l’indifferenza colpevole esercitata nei confronti di precari, part time, contratti anomali, abbandonati a loro stessi in un isolamento accorato, sena tutele e senza via d’uscita, che verrà incrementato dal ricorso al lavoro agile. E’ che il bacino degli “occupati” nella logistica si allarga sempre di più nelle sue varie declinazioni, facendo aumentare la concorrenza delle organizzazioni di base in aperta competizione con i sindacati della triplice, che si sono accreditati come autorevole parte negoziale al tavolo delle trattative con l’azienda.
Sconcerta che dopo anni di film e serie tv che hanno svelato il lato buio delle rappresentanze sindacali americane, i viluppi opachi con i decisori, le alleanze malavitose con la mafia e le rese dei conti cruente tra corporazioni, le modalità intimidatorie del racket delle tessere, il ceto progressista e riformista nostrano che conosce gli Usa da Netflix e dalla terza fila della sala Gaumont, condanni i lavoratori sottoproletarizzati d’oltreoceano che si sottraggono alla protezione degli eredi di Hoffa, riservando una sobria indulgenza per via di no ipotetici ricatti e intimidazioni ma una netta deplorazione per il loro status di schiavi che si assoggettano perfino alla pipì in bottiglia per conservarsi il posto.
Si vede proprio che pensiamo di avere i numeri necessari per esibire il minimo di compassione e il massimo di biasimo per chi rinuncia alla dignità, non reagisce al sopruso, accondiscende a pratiche lesive della civiltà e dell’umanità, per chi abiura dalla resistenza a indebite pressioni.
O forse eravamo in letargo quando abbiamo acconsentito alla cancellazione dell’articolo 18, una delle tante misure di abdicazione doverose a garantire sviluppo e nuova occupazione come le più di 40 leggi e leggine promosse dal 2000 in poi per promuovere la benefica mobilità. Si vede che fortunati noi eravamo “occupati” altrove quando è passata tra le lacrime dei boia la legge Fornero che nel susseguirsi di governi è rimasta nei “codici” e in tv dove la sua patronessa ne perora tuttora la validità.
Si vede che l’etichetta abusata di “riforma” appiccicata al Jobs Act ne garantiva le virtù a cominciare dalle procedure di controllo e ai dispositivi di sorveglianza da adottare anche nella pausa “bisogno corporali”, non molto più equa della bottiglia appresso.
E si vede che si era impegnati a prendersela sui social con i tumulti irrazionali di categorie sofferenti, di corporazioni e sette dedite all’evasione da tasse e alla renitenza agli scontrini, perciò fisiologicamente esposte a contagi fascistoidi, da non aver letto le confortanti esternazioni di Landini, investito dal cono di luce dell’audace panoplia di valori del Presidente, che si fa interprete della svolta ecologico-digitale di Confindustria, dando una pennellata green alla gamma minimalista di rivendicazioni, retrocesse a caute e educate raccomandazioni, che guarda di buon occhio all’intesa per la Pubblica Amministrazione incentrata sul potenziamento della performance contrapponendo vecchi e nuovi assunti, nello spirito della “meritocrazia”, il nome che si dà a arbitrarietà e clientelismo.
O che guarda con entusiasmo a un “rilancio” costruito sul cemento di opere e interventi resi necessari dall’opportunità di rimettere in pista con le cordate dell’edilizia e della rendita, anche la macchina del profitto speculativo all’ombra del sole che dovrebbe sorgere orgoglioso coi soldi improbabili del Recovery.
Così non ci si accorge che la pipì in bottiglia non è che una delle umiliazioni che ci siamo piegati a sopportare grazie agli uffici di chi si era assunto il dovere e la responsabilità di tutelarci.
L’ha ripubblicato su Redvince's Webloge ha commentato:
“Aggiornamento: proletari di tutto il mondo datevi addosso”
A seguire altre ragioni per cui boicottare Amazon è una scelta più che giusta:
“AMAZON E IL PIANO PER AMMAZZARCI”, a cura del Dott. Carlo Botta, consulente marketing PMI italiane.
marzo 25, 2017
Dopo vari appelli caduti clamorosamente nel vuoto a diverse testate televisive e stampate e, tenendo ben presente i timori di alcune PMI circa le ritorsioni da parte dei “forti” (multinazionali e loro amici) verso i deboli (le nostre PMI), ho deciso di anticipare questo post per iniziare una “campagna denuncia” verso quanto sta commettendo indisturbatamente e con estrema ferocia Amazon nei confronti dei nostri imprenditori.
Guardando l’attività del colosso americano dal lato del consumatore sembra tutto meraviglioso, con pochi clic si fanno acquisti e si ha una tutela della transazione ed acquisto a dir poco generosa. E’ vero. Ma tutto questo nasconde un qualcosa di veramente orribile, e a tratti, probabilmente illegale.
Leggendo di seguito si potrà avere un’idea di cosa voglia dire il turboliberismo, un mercato senza la regolamentazione del “moderatore Stato”, senza alcuna tutela per operatori, lavoratori e consumatori, e soprattutto si potrà avere una visione più realistica della filosofia devastante nascosta in quei nefasti trattati di libero scambio come ad esempio il CETA o il TTIP, omissioni che invece nella realtà già con esempi come Amazon possono rivelarne alcuni aspetti inaccettabili ed in contrasto con i nostri princìpi legislativi e costituzionali. I trattati citati hanno come fine-target quello in cui i forti hanno mano libera per “uccidere” i deboli, dove per perseguire il “Dio profitto” si rende legale sia la schiavitù che la scorrettezza (a volte frode) commerciale.
A questi LINK1 VIDEO-RAI è possibile farsi un’idea della schiavitù applicata laddove vengono meno le tutele e diritti nel lavoro dipendente in casa Amazon.
In Italia era previsto (dai “piano-regolatore-commercio”) un equilibrio tra negozi tradizionali ed autoctoni rispetto alla grande distribuzione (GDO), queste regole hanno preservato per decenni ‘le economie territoriali e la salvaguardia delle retribuzioni. Infatti nessun negozio territoriale potrebbe competere con i poteri di approvvigionamento e di marketing rispetto alle grandi catene organizzate, ecco che il “moderatore”(lo Stato/Comuni) aveva stabilito per anni leggi che limitassero i metri quadri della GDO rispetto ai negozi classici in base ai dati demografici ed economici delle aree urbane. Questo ha consentito, laddove rispettate le regole, un equilibrio accettabile per consentire a coloro del posto di poter sopravvivere e contribuire sulla “ricaduta” di ricchezza ridistribuita a livello locale attraverso la spesa stipendiale, gli scambi tra PMI dell’area e soprattutto alle contribuzioni erariali che in parte restavano sul territorio, evitando che si evaporassero in chissà quale paradiso fiscale (vedasi il modus operandi delle multinazionali). Vedremo che tale equilibrio, non solo è stato compromesso, ma è addirittura totalmente alla mercé dei più forti a scapito dei più piccoli.
Andiamo per ordine. Chi è Amazon? E’ un colosso dell’e-commerce statunitense con sede a Seattle nello stato di Washington. Mentre in Europa ha il suo quartier generale, guarda caso, in Lussemburgo. Nel 2014 Amazon già superò i 60 miliardi $USA di fatturato (mi limito quello ufficialmente dichiarato). Il patron di Amazon è Jeff Bezos, considerato da molti uno schiavista (aggettivo preso dai titoli di molti giornali esteri), ma soprattutto una figura ossessionata da idee napoleoniche mondialiste. Bezos si vede imputato in più paesi (tra cui Germania, Francia e Giappone) per violazioni dei diritti dei lavoratori (laddove ancora esiste qualche briciola di tutela sindacale). Amazon è inoltre al centro di innumerevoli querele ed esposti per scorrettezze commerciali e, ultimamente, anche per reati di appropriazione indebita.
Proseguimento:
http://carlomaxbotta.blogspot.com/2017/03/amazon-e-il-piano-per-ammazzarci.html
Breve commento finale.
Che un gigante dell’ e-commerce americano come Amazon possa trattare anche solo equamente i propri dipendenti è pura utopia, ergo, boicottare tutte le sue attività è la migliore soluzione pratica possibile, stessa cosa fare con qualsiasi altro prodotto o servizio così sfacciatemente negativo per i piccoli concorrenti , per i lavoratori che ci lavorano e per le casse statali dello stato che sadomasochisticamente gli ha dato le concessioni, non farlo vuol dire illudersi che l’utopia possa diventare realtà, personalmente non sono mai stato un’utopista e quindi non spendo più un cent da Amazon da diversi anni e contnuerò a farlo, that’s it!!
Cordiali saluti e buona domenica.
Fabrice
è vero quello che scrivi, ma come tante volte ho avuto modo di dire, contrasta con il fatto che non solo la gestione del Covid ha legittimato il ricorso a questi operatori, ma da anni la tendenza è stata quella di penalizzare il dettaglio, il commercio locale, gli approvvigionamenti per favorire al gentrificazione delle città, la concentrazione delle piccole e medie imprese costrette a essere assimilate dai colossi. Nelle grandi città anche prima del Covid e della sua scellerata gestione, non c’erano più mercati rionali, negozi di strada e se c’erano i prezzi erano elevati, l’offerta mediocre. Non basta solidarizzare coi dipendenti e non acquistare, se non costringiamo gli organi di vigilanza a punire i conflitti e i reati fiscali delle grandi imprese. E se non spieghiamo che i maggiori profitti non derivano dal commercio dei prodotti ma dal commercio die nostri dati
@Anne La Rouge Lombroso
1. Personalmente compro sempre offline quanto segue: spesa alimentare, spesa igiene casa e personale, acqua, vestiario di qualunque tipo, e articoli vari tipo cravatte, occhiali da sole,orologi.
Online: solo libri, rigorosamente solo su IBS ( italianissimo ) e scarpe da jogging solo su Maxisport ( italianissimo ).
2. . “Non basta solidarizzare coi dipendenti e non acquistare, se non costringiamo gli organi di vigilanza a punire i conflitti e i reati fiscali delle grandi imprese.”, Anne La Rouge Lombroso
Le consiglio la lettura del seguente libro:
“Le Isole del Tesoro che finanziano l’egemonia mondiale”
Più della metà del commercio mondiale passa attraverso i paradisi fiscali. Oltre la metà di tutti gli attivi bancari e un terzo dell’investimento diretto estero effettuato dalle imprese multinazionali vengono dirottati offshore. L’85% delle emissioni bancarie ed obbligazionarie internazionali si svolgono in una zona protetta, fuori controllo. Finanza-fantasma, un volume economico mostruoso: pari a un terzo del Pil mondiale. Secondo l’Fmi, è il fatturato-ombra dei soli piccoli centri insulari. Sono le “Isole del tesoro” svelate dall’inglese Nicholas Shaxson, autore di un singolare libro-denuncia. Cifre impietose: a possedere società off shore è l’83% delle maggiori impresi statunitensi e, secondo “Tax Justice Network”, il 99% di quelle europee. Isole protette da legislazioni opache: non solo isolette caraibiche, ma grandi isole famosissime: come Manhattan o la stessa Gran Bretagna, dove nel 2007 sempre il Fondo Monetario Internazionale ha individuato una giurisdizione segreta.
«La giurisdizione segreta – scrive “Megachip” nel presentare il libro di Shaxson – serve a diverse cose: evasione, elusione, irrintracciabilità dei soci di una impresa, irrintracciabilità dell’origine dei flussi finanziari, riciclaggio, false fatturazioni ed altre pratiche spinte». Tra queste, scambi di favori con i narcotrafficanti, piazzisti d’armi, corruttori e tangentari di varia taglia che si comprano i loro rappresentanti all’interno del sistema politico, inclusi «monarchi, generali, dittatori sanguinari e conduttori di “Stati canaglia”». L’off shore, continua “Megachip”, è la concreta condizione di possibilità perché esista sia la globalizzazione del traffico delle merci, sia la costituzioni di multinazionali, sia più di ogni altra cosa, la globalizzazione finanziaria, nonché il riciclaggio dell’economia del debito. Queste “giurisdizioni segrete” sono circa 60. I due gruppi principali, secondo Shaxson, sono quello britannico e quello americano.
Proseguimento:
https://www.libreidee.org/2012/08/le-isole-del-tesoro-che-finanziano-legemonia-mondiale/
3. Commento conclusivo.
Dopo averlo letto, si renderà facilmente conto che quello che lei sostiene è Mission Impossible in quanto i paradisi fiscali nella UE, in UK e in USA sono uno dei pilastri assolutamente fondamentali su cui si regge la globalizzazione ed è molto ma molto caro per le elites eurocratiche, britanniche e americane, chissà come mai…., ergo, per noi italiani l’unica soluzione vincente è uscire da un sistema pessimo del genere, e come ? In primis, Italexit e poi subito dopo NATO Exit , gli unici movimenti politici che attualmente vanno in questa direzione con programmi concreti e fattibili sono:
Fronte Sovranista Italiano, LIberiamo L’Italia e SovranitàPopolare.
Cordiali saluti e buona domenica sera.
Fabrice
Visto che lo stato italiano è assente, non può essere altrimenti, a meno che si consideri la totale mancanza di sovranità militare e monetaria delle robucce da pignoli, e allora l’unica soluzione è la seguente:
Boicottare Amazon!!
Prima Parte.
A seguire le svariate ragioni per le quali boicottare Amazon è una scelta più che giusta:
https://socialjusticebooks.org/about/why-boycott-amazon/
Si vede proprio che pensiamo di avere i numeri necessari per esibire il minimo di compassione e il massimo di biasimo per chi rinuncia alla dignità, non reagisce al sopruso, accondiscende a pratiche lesive della civiltà e dell’umanità, per chi abiura dalla resistenza a indebite pressioni.
O forse eravamo in letargo quando abbiamo acconsentito alla cancellazione dell’articolo 18, una delle tante misure di abdicazione doverose a garantire sviluppo e nuova occupazione come le più di 40 leggi e leggine promosse dal 2000 in poi per promuovere la benefica mobilità. Si vede che fortunati noi eravamo “occupati” altrove quando è passata tra le lacrime dei boia la legge Fornero che nel susseguirsi di governi è rimasta nei “codici” e in tv dove la sua patronessa ne perora tuttora la validità.
Dico… qualcuno ha visto, in itaGGlia, scioperi generali contro la sostanziale abrogazione del licenziamenti illegittimo approvata tramite Job’s Act di renzie fonzie & Co. ?
“…nello spirito della “meritocrazia”, il nome che si dà a arbitrarietà e clientelismo.”
NOOOOO…una cosa del genere in itaGlia Non si può proprio pensare (???) , su !
“facendo aumentare la concorrenza delle organizzazioni di base in aperta competizione con i sindacati della triplice, che si sono accreditati come autorevole parte negoziale al tavolo delle trattative con l’azienda.”
Proprio questo ci vuole !!
Concorrenza ( quella sempre pontificata a spese dei lavoratori più deboli…) tra i beati e poltronari burocrati sindacali ( magari gialli e collusi…), specie del oligopolio della triplice ( con tanto di rendite oligopolistiche, che si traducono in servizio di tutela dei diritti scadenti e farraginosi se non proprio recalcitranti…).
Tempo fa fa dicevo che bisognerebbe introdurre in itaGlia la concorrenza di un sindacato cinese di quelli abituati a lavorare 12 ore al giorno in modo iper produttivo per la tutela dei diritti del lavoratore , così almeno i pigri buricrati della triplice si sentirebbero il fiato sul collo della concorrenza sindacale iper produttiva ( di tutela dei diritti dei lavoratori…) cinese…