Potrebbe sembrare modesto e improprio pubblicare il racconto di una dottoressa di base, in mezzo all’imperversare di luminari che dicono tutto e il contrario di tutto come banderuole al vento del mercato pandemico e vaccinale. Invece è la scelta migliore perché sono questi i medici più a contatto con i pazienti, più vicini all’esperienza concreta nonché gli ultimi nella catena degli “investimenti” umani di Big Pharma e in generale di una medicina orientata al profitto . Dunque non hanno conflitti di interesse o comunque non così grossi da chiudere la bocca. Perciò mi piace riportare l’esperienza di una dottoressa bolognese, Grazia Dondini, raccontata qualche tempo fa in un intervista e sulle pagine di Auret, Associazione autismo e terapie:_
“Noi medici di medicina generale, tutti gli anni, generalmente da ottobre a marzo, vediamo polmoniti interstiziali, polmoniti atipiche. E tutti gli anni le trattiamo con antibiotico. Si tratta di sintomi simil-influenzali – tosse, febbre, poi compare “senso di affanno” – che non si esauriscono nell’arco di qualche giorno.
La valutazione del paziente e l’evoluzione clinica depongono per forme batteriche; si dà loro un antibiotico macrolide (e nei casi più complicati del cortisone) e, nell’arco di qualche giorno, si riprendono egregiamente con completa risoluzione dei sintomi.
Quest’anno non è andata così.
Il 22 febbraio di quest’anno è stata comunicata la circolazione di un nuovo coronavirus.
Il Ministero della Salute ha mandato un’ordinanza a tutti noi medici del territorio, dicendoci sostanzialmente che eravamo di fronte a un nuovo virus, sconosciuto, per il quale non esisteva alcuna terapia.
La cosa paradossale è che fino a quel giorno avevamo gestito i medesimi pazienti con successo, senza affollare ospedali e terapie intensive; ma da quel momento si è deciso che tutto quello che avevamo fatto fino ad allora non poteva più funzionare. Non era più possibile un approccio clinico/terapeutico.
Noi, medici di Medicina generale, dovevamo da allora delegare al dipartimento di Sanità Pubblica, che non fa clinica, ma una sorveglianza di tipo epidemiologico; potevamo vedere i pazienti solamente se in possesso di mascherina FFP2, che io ho potuto ritirare all’ASL solo il 30 di marzo. Ma c’è una cosa più grave.
Nella circolare ministeriale, il Ministro della Sanità ci dava le seguenti indicazioni su come approcciarci ai malati: isolamento e riduzione dei contatti, uso dei vari DPI, disincentivazione delle iniziative di ricorso autonomo ai servizi sanitari, al pronto soccorso, al medico di medicina generale. Dunque, le persone che stavano male erano isolate; e, cosa ancora più grave, il numero di pubblica utilità previsto non rispondeva.
Tutti i pazienti lamentavano che non rispondeva nessuno; io stessa ho provato a chiamare il 1500 senza successo. Un ministro della salute che si accinge ad affrontare una emergenza sanitaria prevede che i numeri di pubblica utilità non rispondano?
Un disastro.In sintesi: le polmoniti atipiche non sono state più trattate con antibiotico, i pazienti lasciati soli, abbandonati a se stessi a domicilio. Ovviamente dopo 7-10 giorni, con la cascata di citochine e l’amplificazione del processo infiammatorio, arrivavano in ospedale in fin di vita. Poi, la ventilazione meccanica ha fatto il resto. Io ho continuato a fare quello che ho sempre fatto, rischiando anche denunce per epidemia colposa e non ho avuto né un decesso, né un ricovero in terapia intensiva. Ho parlato con una collega di Bergamo e un altro collega di Bologna che hanno continuatoi a lavorare nel medesimo modo e nessuno di noi ha avuto decessi e ricoveri in terapia intensiva.
Anche l’OMS ha dato indicazioni problematiche: nelle prime fasi della malattia ha previsto solo l’isolamento domiciliare, nella seconda e terza fase, quindi condizioni di gravità moderata e severa, l’unico approccio terapeutico previsto doveva essere l’ossigenoterapia e la ventilazione meccanica. A mio modo di vedere c’è una responsabilità anche dell’OMS, perché non ha dato facoltà al medico di valutare clinicamente il paziente.Poi c’è un altro problema. Si arrivava in ospedale, si faceva il tampone: tampone positivo, quindi veniva formulata la diagnosi di COVID-19. E si veniva trattati come tali. Punto. Qui a Bologna c’è stato anche altro: a pazienti con tampone negativo, venivano fatte una o più TAC toraciche e sulla base delle immagini di “ground glass” veniva formulata la diagnosi di COVID-19. Mi sono confrontata con una radiologa e mi ha confermato come queste immagini radiologiche non siano patognomoniche per COVID-19, poiché si evidenziano in molteplici altre patologie. E quindi si è finito per mascherare altri quadri clinici anche più gravi. Pertanto ritengo che innumerevoli condizioni cliniche non siano state trattate come avrebbero dovuto.
Il primo studio cinese del 24 gennaio afferma che, riguardo all’isolamento del SARS-COV-2, non sono stati rispettati i postulati di Henle-Koch, indispensabili per isolare effettivamente un virus o un batterio. A riguardo, sono andata in un laboratorio di ricerca, per chiedere informazioni, anche perché girava un documento da cui sembrava che si utilizzasse un primer per avviare questa amplificazione genica che avrebbe una sequenza complementare al cromosoma 8 umano (il che significherebbe 100% di falsi positivi). Mi è stato risposto che i postulati di Koch sono vecchi di oltre un secolo. Allora ho chiesto: scusate, voi lavorate con una sequenza genica; ma per allestire un vaccino avrete bisogno del virus intero. Mi è stato ribattuto che in questo caso, i postulati di Koch sarebbero necessari, perché per un vaccino avremmo bisogno dell’involucro virale. Mi sembra piuttosto contraddittorio. Bisognerebbe indagare bene su come vengano allestiti questi tamponi e ricordiamoci che lo stesso ideatore del test di amplificazione genica, il Dott. Mullis, ha sempre sostenuto che non dovesse essere utilizzato a fini diagnostici!
Noi riceviamo annualmente il report dell’influenza dell’autunno-inverno precedente. Ce lo consegnano nell’autunno successivo, in occasione dell’apertura della campagna vaccinale antinfluenzale. Quest’anno, stranamente, questo report è arrivato verso la fine di febbraio: questo significa che si era già deciso che tutte le forme influenzali/simil-influenzali dovevano essere battezzate come COVID-19. L’influenza è sparita, insieme a tanto altro. Io sono convinta che ci troviamo di fronte a numerose sovradiagnosi di COVID-19. Sui dati dei ricoveri e delle terapie intensive: non ci può essere chiarezza fino a quando non si specificherà chi sono queste persone e di cosa effettivamente soffrono. Dai dati comunicati non si capisce: non si fa questa necessaria operazione di definizione dei ricoveri. Si danno semplicemente dei numeri, come i numeri dei tamponi positivi in pazienti per la maggior parte asintomatici. E questo allontana dalla reale misura del problema, sempre che di COVID-19 si debba parlare. E’ evidente che si voglia ricercare solo quello.”
Mi verrebbe da dire che i coviddari non meritano medici così, ancora fedeli al giuramento di Ippocrate si dovrebbero curare solo presso i luminari della paura. Almeno diminuirebbero di numero
A ulteriore conferma di quanto detto.
Il “medico competente” si dichiara incompetente (ma obbediente)
Antonella (nome di fantasia) lavora come fisioterapista in una RSA del Nord Italia. Nei giorni scorsi si è presentato alla sua RSA il cosiddetto “medico competente”, incaricato – in base all’ultimo decreto legge – di far vaccinare tutti gli operatori della RSA che stanno in contatto con i pazienti.
Quando Antonella si è presentata all’appuntamento con lui, gli ha esposto le sue esitazioni sulla vaccinazione, e gli ha presentato una serie di domande scritte, alle quali chiedeva, da parte del medico, una risposta scritta.
Quella che segue è la lettera che Antonella ha presentato al medico:
Gentile Dottor …
rispetto alla scelta a cui l’azienda mi sottopone e dovendo rispondere correttamente al modulo di consenso nel punto in cui riporta:
“Sono stato correttamente informato con parole a me chiare, ho compreso i benefici ed i rischi della vaccinazione, le modalità e le alternative terapeutiche, nonché le conseguenze di un eventuale rifiuto o di una rinuncia al completamento della vaccinazione con la seconda dose. Sono consapevole che qualora si verificasse qualsiasi effetto collaterale sarà mia responsabilità informare immediatamente il mio Medico curante e seguirne le indicazioni. Credo di non aver compreso o ricevuto sufficienti informazioni.”
Al fine di valutare al meglio la mia scelta, ho esigenza di sciogliere dubbi e avere maggiori rassicurazioni. Ho pertanto preparato una serie di domande per me molto importanti, alle quali le chiederei la gentilezza di rispondere per iscritto. Questo al fine di condividerne una attenta lettura con i miei famigliari.
1) Accettando la vaccinazione “Pfizer-BioNTech COVID -19”, quali certezze ho di essere immune per la mia persona e per gli altri?
2) Essendo notorio che gli attuali vaccini commercializzati per sars-cov19 sono ancora in fase di sperimentazione, così come per la prima volta nella storia dell’umanità viene sperimentata la nuova tecnica mRNA ( cit. F. Locatelli Presidente Consiglio Superiore della Sanità) esiste una previsione sulla durata, in termini temporali, dell’immunizzazione?
3) Credo Le sia stato reso noto che attualmente nella nostra struttura, una nostra collega vaccinata nel mese di febbraio (con una reazione avversa di persistente orticaria), a cui è morto il padre di Covid la scorsa settimana, risulta positiva al tampone. Non le nego che la notizia mi ha mandato in confusione rispetto alla decisione di vaccinarmi, per paura di contagiare i miei famgliari non ancora vaccinati. Come è spiegabile questo fatto? Sembra che vengano meno i punti 9 e 10 del modulo di consenso che informa: “9. Non si può contrarre la malattia COVID-19 in seguito alla somministrazione del vaccino perché l’mRNA inoculato non può indurre la replicazione del virus.10. Non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza.”
Riferimento e proseguimento:
https://www.nogeoingegneria.com/news/la-banalita-del-male-mai-piu/
Degno di particolare nota il passaggio finale dell’articolo:
“Dopo due giorni è arrivata la risposta scritta del medico:
Buongiorno, le domande poste sono molte e non di semplice risposta. Non essendo un immunologo né uno specialista in igiene e salute pubblica posso darle la risposta all’unica domanda che è di mia competenza, ovvero la numero 9. Nel caso lei decidesse di non sottoporsi al vaccino, al fine di tutelare la sua salute e non di punire la sua scelta, mi vedo obbligato a limitare la sua idoneità lavorativa al contatto con i pazienti.
Cordiali saluti.
Segue firma
Quindi il “medico competente “ (questa la sua definizione ufficiale) si è dichiarato, per sua stessa ammissione, totalmente incompetente nella materia che ha il compito di gestire.”
Cordiali saluti e buona giornata.
Fabrice
Commento Finale
Che ci siano medici che sappiano ancora curare non ci sono dubbi, vedasi le due testimonianze emblematiche di cui sopra ( Dottoressa Grazia Dondini e Dott. Riccardo Munda ) e i medici di Ippocrate Org e del comitato Terapie Domiciliari, il problema invece è che la stragrande maggioranza dei medici di base ha scelto in fondo di non volere curare, e come mai, qual’è la vera ragione?
Se la stragrande maggioranza dei medici di base si sono ridotti a consigliare fortemente gli inutili e dannosi vaccini anti influenzali alle persone anziane e non solo ( le ho già inviato email bomba su questo particolare punto), se la stragrande maggioranza dei medici di base non ha battuto ciglio al vergognoso decreto Lorenzin sull’obbligo vaccinale per i bambini ( sono arrivati a ben 10 vaccini obbligatori, prima erano solo 4!! ) e allora che in questa fake pandemia si sono comportati come tanti pecoroni è una conseguenza, nel senso che non volevano e non vogliono rischiare alcuna sospensione o eventuale radiazione nonostante sappiano che quello che hanno fatto e stanno facendo è contro la salute dei loro pazienti, contro il giuramento di Ippocrate e contro anche questa legge:
“Covid: linee guida del Ministero e violazione della legge Gelli Bianco art.5”, Lectio Magistralis a cura del Prof. Pierfrancesco Belli, Presidente della Commissione Rischi ed Etica Sanitaria di Incer Institute, pubblicato da ImolaOggi, 3 marzo 2021
https://www.imolaoggi.it/2021/03/03/covid-violazione-legge-gelli-bianco/
E all’atto pratico poi cosa vuol dire?
Vuol dire che la stragrande maggioranza dei medici di base sta consigliando fortemente ai propri pazienti di farsi fare questi vaccini sperimentali e diversi medici di base ne fanno pure la reclame dicendo che loro già si sono fatti fare questo vaccino sperimentale e che faranno subito anche i richiami, e cosa fa la stragrande maggioranza dei pazienti?
Fanno come i topi col pifferaio magico!!
Insomma, stringendo il succo, la gente sragiona così: l’han detto alla TV e anche il mio medico lo dice e/o lo fa, that’s it!!
Cordiali saluti e buona domenica sera.
Fabrice
A ulteriore conferma di quanto detto.
Ordine dei medici: “Accettare qualunque vaccino venga proposto”
11 Aprile 2021
Ordine dei Medici – “Sollecito tutti ad avere fiducia nella scienza e ad affidarsi ai medici per la scelta del vaccino. Nel caso di AstraZeneca la raccomandazione di utilizzo per gli over 60 è legata ad una orientamento di grande prudenza, come dimostra il fatto che tra le migliaia di insegnanti pugliesi cui è stato somministrato il vaccino anglo-svedese non si siano registrati casi di effetti collaterali gravi. In un contesto in cui la mortalità per Covid è altissima, il primo vaccino che vi propongono, qualsiasi esso sia, è la via migliore per tutelare la vostra salute”.
Così Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri. “I dati sulla sorveglianza sanitaria hanno addirittura dimostrato che il vaccino AstraZeneca ha una funzione protettiva maggiore di altri per gli ultra sessantenni”, spiega Anelli.
Riferimento e proseguimento:
https://www.imolaoggi.it/2021/04/11/ordine-dei-medici-accettare-vaccino-proposto/
Cordiali saluti e buona giornata.
Fabrice
3. Integrazione. Seconda Parte.
Dott. Riccardo Munda: “Covid: sarebbe bastato lasciar lavorare i medici di base”, di F. Santoianni per l’Antidiplomatico.
17 settembre 2020
Covid. In teoria, l’estromissione dei medici di base avrebbe dovuto essere finita a maggio con l’inizio della Fase Due: in pratica, ancora oggi, molti gli ambulatori medici deserti, visite a domicilio sostituite da telefonata e ricetta inviata via mail. Le conseguenze sono devastanti: mortalità schizzata al 32% dopo sintomi cardiaci che avrebbero potuto, invece, essere diagnosticati e affrontati; accessi tardivi al pronto soccorso (per paura della quarantena obbligatoria dopo un pur fallace tampone); sospensione delle diagnosi di tumori che rischia di determinare una ecatombe nei prossimi mesi…
Una situazione aggravata anche della crisi della medicina territoriale che ha avuto esiti devastanti a marzo quando una circolare del ministero della Salute dispensava i medici di base (tutti lasciati privi di validi dispositivi di bio-protezione e terrorizzati da un fraudolento tasso di letalità del virus comunicato dal governo) dalle visite a domicilio che venivano surrogate con una telefonata supportata da un surreale questionario. Il risultato è stato l’aggravamento di tanti pazienti anziani, (che l’anno prima con una bombola di ossigeno, antibiotici e la rassicurante presenza del medico riuscivano a superare la malattia) spediti infine nei “reparti Covid” a morire, in solitudine, per infezioni infezioni ospedaliere.
Un motivo in più per intervistare uno dei pochissimi medici italiani che, invece di starsene a casa, effettuava, in Val Seriana già dall’inizio dell’epidemia, innumerevoli visite a domicilio: Riccardo Munda; medico di base che (risultando “scomodo per il governo” il suo impegno) non solo non è stato premiato con qualcuna delle innumerevoli onorificenze assegnate agli “eroi del Covid” ma è stato pressoché ignorato dai media (qui l’unica intervista RAI, di qualche decina di secondi).
Quindi, a febbraio, quando il governo raccomandava ai medici di base di starsene a casa, lei…
“Io, comprato i dispositivi di bio-protezione di tasca mia, ho continuato a visitare, nelle loro abitazioni, i miei pazienti e anche quelli di altri colleghi. Il risultato è stato: zero ricoveri ospedalieri e zero morti fra tutti i miei mutuati di Selvino (700 persone in un paese di meno di 3.000 abitanti)”
Riferimento e proseguimento:
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-covid_sarebbe_bastato_lasciar_lavorare_i_medici_di_base/5496_37321/
1. A titolo di cronaca e di precisazione, l’intervista alla dottoressa bolognese, Grazia Dondini, è stata pubblicata originariamente da “La Nuova Bussola Quotidiana” il 5 novembre 2020, per trovare questo articolo originale, scrivere le seguenti parole chiave:
Medici di base impotenti Ma ho continuato a curare La Nuova Bussola Quotidiana
2. Integrazione. Prima Parte.
Covid, medico siciliano a casa dei pazienti al Nord: “L’unica soluzione le visite a domicilio”
di V. Cataldi per Il Giornale di Sicilia
11 Novembre 2020
Si chiama Riccardo Munda ed è un medico di base siciliano che in provincia di Bergamo, in piena pandemia, ha salvato migliaia di vite con la sola vecchia e buona pratica dell’assistenza a domicilio. Sul suo conto si è sparsa la voce e ogni giorno fino a tarda notte il dottor Munda risponde a decine di telefonate, prende appuntamenti anche con persone che non rientrano nell’elenco dei suoi assistiti, e raggiunge città ben lontane dalla provincia di Bergamo: tutto perché, come dice lui, “non so dire di no a una persona in difficoltà”.
Dottor Munda, lei è nato a Mazzarino, in provincia di Caltanissetta, perchè ha deciso di lavorare in provincia di Bergamo?
Finiti gli studi ho fatto delle domande per fare guardia medica in alcune province della Lombardia. Mi hanno subito chiamato dall’Asl di Bergamo est e ormai lavoro qui da quasi 7 anni. Mi sono sempre trovato benissimo, questa è casa mia”.
I suoi pazienti si dividono tra vari comuni lombardi, ma lei non visita solo loro…
“Ho 1400 assistiti tra i comuni di Selvino, Aviatico, Nembro, Bolzano, poi è vero che vado a vedere pazienti anche a Milano, Lodi, Brescia, sono perfino arrivato a Torino. Adesso mi hanno scritto parecchie persone dal Piemonte, perché credono che io vada spesso da quelle parti, ma non è così, ci sono andato solo per la zia di un amico che stava molto male. La signora, che aveva due volte sconfitto il cancro, era tampone positivo, sintomatica da quasi 10 giorni e con la terapia che le avevano dato per telefono peggiorava ogni giorno di più; la stavano lasciando morire a casa con una polmonite, praticamente. Io sono andato a trovarla, ho iniziato la mia terapia e la signora è guarita. Ora si aspetta il risultato del tampone, vediamo se si è negativizzato”.
Lei infatti non ha perso nessuno dei suoi pazienti per il Covid.
“È così, fortunatamente”.
E come è possibile?
“Grazie alla cura e alla visita, prerogativa indispensabile per la guarigione. Da che mondo è mondo la diagnosi si fa per telefono e la terapia la si dà seduti sulla sedia? Io non penso che si possano avere dei risultati positivi senza dei sacrifici, come quelli di andare a visitare il paziente, ora più che mai. Secondo me è questa l’unica strada percorribile, poi si può continuare a fare lockdown ogni due mesi per il resto della nostra esistenza, è una questione di scelte. Per me va bene, tanto non penso che per il prossimo lockdown farò ancora il medico di base”.
Perché?
“Perché mi sto esaurendo. Passo ogni giorno a rompermi la testa sui programmi per fare le segnalazioni, per fare i certificati, arrivo a fine giornata molto più stanco di quando c’era il covid, perché qua covid, a parte lo scherzo, non ce n’è più. Da 7 mesi non ho pazienti che stanno male, ho pazienti che hanno 2-3 giorni di febbricola, qualche colpo di tosse. Eppure, anche se qualche mese fa visitavo 25-30 pazienti al giorno, e avevo contemporaneamente 4 pazienti con polmonite da gestire a casa, adesso sono più stanco di allora. Perché? Perché dobbiamo fare i certificati con dei programmi che non funzionano, ci sono anomalie improvvise del sistema che mandano in fumo ore passate ad inserire i dati degli assistiti. Dico la verità: a breve lascerò uno dei due incarichi, o Nembro o Selvino, ho già parlato con l’Asl, non ce la faccio più”.
Riferimento e proseguimento:
https://gds.it/articoli/cronaca/2020/11/11/covid-medico-siciliano-a-casa-dei-pazienti-al-nord-lunica-soluzione-sono-le-visite-a-domicilio-191376f6-ee8a-452d-8dd8-d7a255bc3106/
Speranza, un ministro sinistrato “”””””di notevoli capacità”””””” (????)… di sicuro, sarà pure femminista 2.0 da sinistrato qual’è… la dott.ssa di cui sopra invece sarà abbastanza occupata con il suo lavoro per perdersi appresso a sinistrismi, fascismi o femminismi, presumo…
Il primo studio cinese del 24 gennaio afferma che, riguardo all’isolamento del SARS-COV-2, non sono stati rispettati i postulati di Henle-Koch, indispensabili per isolare effettivamente un virus o un batterio. A riguardo, sono andata in un laboratorio di ricerca, per chiedere informazioni, anche perché girava un documento da cui sembrava che si utilizzasse un primer per avviare questa amplificazione genica che avrebbe una sequenza complementare al cromosoma 8 umano (il che significherebbe 100% di falsi positivi). Mi è stato risposto che i postulati di Koch sono vecchi di oltre un secolo. Allora ho chiesto: scusate, voi lavorate con una sequenza genica; ma per allestire un vaccino avrete bisogno del virus intero. Mi è stato ribattuto che in questo caso, i postulati di Koch sarebbero necessari, perché per un vaccino avremmo bisogno dell’involucro virale. Mi sembra piuttosto contraddittorio. Bisognerebbe indagare bene su come vengano allestiti questi tamponi e ricordiamoci che lo stesso ideatore del test di amplificazione genica, il Dott. Mullis, ha sempre sostenuto che non dovesse essere utilizzato a fini diagnostici!