Anna Lombroso per il Simplicissimus

In occasione dello sciopero indetto per domani dagli oltre 9000 addetti di Amazon, si leggono sui social  raccomandazioni e esortazioni  a scioperare anche noi, astenendoci dagli acquisti online.

Facile immaginare chi siano le anime belle che dopo un anno si sono accorte che quasi la metà del paese non è stata resiliente a casa – o dissennata ad agosto in amene località-  ma è costituita da “essenziali” che hanno prodotto, perfino armamenti, raccolto frutta e verdura, macellato vacche, raccolto immondizia, pulito uffici e strade, altri che sono stati alla cassa dei supermercato, hanno collocato le merci sugli scaffali, ed anche immagazzinato prodotti, guidato furgoni, cavalcato biciclette, distribuito pacchi per garantire le prime necessità e non solo ai cittadini/consumatori.

Io ero stata costretta ad accorgermene come tanti, da quando avevo  fatto ricorso sia pur riluttante al commercio online. Ricordo bene la prima volta, quando scoprii che in tutto il centro della Capitale non c’era più un emporio di elettrodomestici e che per rifornirmi avrei dovuto recarmi in pellegrinaggio in uno dei santuari penitenziali della periferia, in un centro commerciale dove perdermi per ore tra altri forzati della spesa del sabato.

Era la conseguenza naturale di quello che si configura come un “complotto” ordito da lungo tempo per soffocare il commercio al dettaglio, strangolarlo con fitti esosi, ma pure blandirlo con qualche concessione e liberalizzazione, gravarlo con prezzi alti all’origine, strangolarlo con racket legali o criminali,  costringerlo a lasciare botteghe e magazzini cittadini in favore delle grandi firme, degli empori monomarca o dei grandi gruppi multinazionali che hanno scalzato anche i piccoli sultani, come Farinetti senior.

La rivelazione che, ricorrendo a Amazon, spendevi meno, avevi un più ampio ventaglio di scelte, non ti dovevi caricare di pesi o pagare un supplemento per la consegna, non eri costretto alla fila alla Coop narcotizzato da musichette ambient e annunci, ha anticipato l’altra scoperta, quella che ha dimostrato il successo delle forze che hanno agito per condurci verso un’esistenza senza contatti, senza relazioni, forgiata per il telelavoro, le teleconferenze, i teleconsulti, click and collect, piattaforme Vod, Dad, in modo che finita l’economia produttiva,  il mondo diventasse la fabbrica e la società una macchina dove si produce davanti a uno schermo, isolati e soli, senza il rischio di disordini, ribellioni, proteste, riconoscimenti gli uni negli altri dello stesso destino di “servizio”.

Così i giganti delle piattaforme godono del potere di selezionare, premiare o penalizzare i vincenti o i perdenti, cancellare il “piccolo” per arricchirsi e arricchire il grande e anche del consenso del pubblico e dell’appoggio di decisori che non li perseguono per gli indiretti effetti sulla concorrenza proprio perché come nel caso del mio frullatore, i suoi prezzi sono convenienti e al sicuro dalle normative antitrust.

Il Covid ha accelerato tutti questi processi, favorendo l’accreditamento anche psicologico di Amazon, grazie al senso dell’assedio combinato con quello della minaccia, del rischio che si corre a baciare un bambino o una anziano, a darsi la mano, e della “responsabilità” che si dimostra non visitando  i nonni a Natale. Sono le nuove forme dell’alienazione sul lavoro che si è aggiornata in alienazione senza lavoro, senza socialità e senza dignità e riscatto, se tanti considerano le occupazioni del digitale, quelle “alla spina”, i “lavoretti” che si immaginano a tempo, la cui precarietà quindi diventa un merito,  delle formule che garantiscono una certa indipendenza.

Il cottimo così è più intangibile e sofisticato, non parli e non vedi il padrone ma ti interfacci con uno schermo e dipendi dall’algoritmo e dalla app, “decidendo” solo apparentemente il tuo impegno, la tua fatica, i tuoi percorsi.

Intanto però ci sono ancora campi, fabbriche, foreste e miniere dove prosegue instancabile il tradizionale sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ma è lontano dal desk, così come è remoto lo “stabilimento” di Amazon, dove queste mercanzie convergono, acquisite per essere “promosse” riconoscendo un 15% al produttore,  imballate e spedite. Proprio come  sono distanti dalla nostra mentalità e conoscenza i modi del profitto  dello smisurato comparto della “logistica”, che fa soldi non solo con la raccolta e distribuzione, ma soprattutto in virtù della raccolta, vendita e circolazione dei dati che le mettiamo a disposizione, comprando e pagando, mostrando le nostre preferenze e esibendo i nostri desideri e perfino le nostre frustrazioni, soprattutto nelle occasioni speciali, quei Black Friday, con le quali gli Usa colonizzano  in nostro immaginario consumeristico.

E grazie a questa condizione di isolamento, distanza e marginalità  e all’inviolabilità del sistema Amazon che finchè trasmette la percezione della “convenienza” gode di un lasciapassare per lo sfruttamento,  le autorità di controllo e i sindacati non sono intervenuti, rinunciando alla funzione di vigilanza sulla legittimità delle relazioni con i lavoratori e di rappresentanza dei loro interessi preferendo in ambedue i casi quella di soggetto “regolatore” all’interno di una “economia collaborativa”,  come l’ha definita la Commissione Europa,  nella quale spetta unicamente al datore “determinare la scelta dell’attività, la retribuzione e le condizioni di lavoro”, dando invece alla forza lavoro, l’obbligo di  “far fronte al ritmo accelerato dei cambiamenti, tanto per acquisire nuove competenze, quanto per adattarsi a nuovi modelli commerciali o a nuove preferenze dei consumatori”.

Succede così che diventi una “curiosità” del giornalismo pandemico la notizia che dipendenti di Amazon dormano in camper accampati fuori dal cortile dell’azienda perché non possono sostenere il costo di un affitto e perché così sono più vicini al posto di lavoro, conquistandosi più consegne e un maggior reddito, sicchè le loro vite si trasformano in logistica: vivere per lavorare più che lavorare per vivere alle dipendenze di un modello tentacolare che gestisce più del 55% delle vendite online di tutto il mondo arrivando a triplicare nel 2020 l’utile netto e raggiungendo i più alti profitti della sua storia e  che qui in Italia ha aggiunto 1600 nuove posizioni lavorative e  annunciato la costruzione di due nuovi centri di smistamento.

Mentre non trova spazio sulla stampa quella che riguarda il trattamento speciale riservato a Amazon dalle amministrazioni locali: la costruzione del nuovo centro di smistamento in provincia di Modena, è stata approvata in regime di deroga alla legge urbanistica della regione Emilia-Romagna che si ispira al consumo di suolo zero, mentre quella dello stabilimento di Novara è stata collocata in un fantomatico “piano di riqualificazione” di un’area rurale e boschiva.

E non è un caso che adesso la Cgil pur folgorata dal draghipensiero cerchi di mettere un’opzione sullo sciopero indetto per domani: le sue posizioni adottate  al tavolo della trattativa per il nuovo contratto di lavoro hanno comportato la fuga di 400 lavoratori che si sono indirizzati verso le Usb dopo che il sindacato non si è opposto alle pretese dell’azienda   di prevedere la nullità della facoltatività di lavoro nei giorni di festa e l’aumento delle ore lavorative e del lavoro interinale dal 30% al 50%.

Non c’è da stupirsi, l’indole alla “concertazione costruttiva”  è coerente dall’obbligatorietà in alcune aree strategiche di sostenere il sistema di subappalto che Amazon condivide con le cooperative, alle quali si appoggia per smarcarsi da obblighi sindacali diretti e dalle responsabilità legali, e che assumono con contratti anomalie precari a tempo determinato a volte della durata di soli due mesi e per “chiamata”.

Tutto questo seconde le  nuove regole del caporalato in vista della rivoluzione digitale, che grazie al modello Amazon si potrà estendere a tutto il mercato del lavoro, grazie, tanto per fare un esempio, alla diffusione di un suo brevetto replicabile, il braccialetto elettronico che l’azienda sta adottando per monitorare e cronometrare i movimenti dei lavoratori, per velocizzare la ricerca dei prodotti e misurare i tempi di consegna, sostituto moderno e progressivo della catene degli schiavi di ieri, oggi dannati del clic.