Qualche mese fa, quando divenne chiaro che Syriza era ormai il primo partito di Atene ho scritto che nel caso di futura vittoria, la sinistra europea avrebbe dovuto rinascere e ricomporre il proprio senso unendosi in una battaglia continentale in appoggio di Tsipras contro la troika, ma anche contro se stesso e l’idea serpeggiante di poter trovare un qualunque accordo con l’Europa guidata dai poteri finanziari per interposta Germania. Era chiaro fin da allora che un compromesso al ribasso non sarebbe servito alla Grecia e sarebbe stata l’ultima sconfitta epocale per la sinistra. Adesso ci siamo: tutto dipende da cosa uscirà fuori dall’eurogruppo e la nascita in Grecia di un movimento di piazza per sostenere il proprio governo contro i diktat europei, dimostra che in effetti la questione è ormai una: o la Grecia cede all’Europa o la l’Europa cede alla Grecia e la libera dalle tenaglie dell’euro.
Finora Tsipras ha ha scommesso sull’ipotesi che Bruxelles e la troika non siano disposte a veder uscire la Grecia dalla zona euro e dunque, sia pur obtorto collo, siano disposte ad una cancellazione parziale del debito, operazione puramente contabile e in ogni caso necessaria per quanti massacri sociali si vogliano imporre). Ma le cose non sembrano andare affatto così e probabilmente il leader greco, così come molta parte della sinistra europea, si è illuso sulla capacità di ravvedimento della governance continentale. Così non è, tanto più che un cedimento alla richieste del piccolo Paese mediterraneo, metterebbe ancora più in crisi le elite governative di Francia e Germania che si troverebbero a imporre a casa propria austerità e tagli sociali che altrove vengono invece cancellati. Già la settimana scorsa la Merkel ha preso una batosta storica nel Land di Amburgo dove la Cdu ha perso il 6% abbondante dei voti, tutti ceduti al partito anti euro con un contemporaneo arretramento dei socialdemocratici che hanno ceduto suffragi ai verdi e alla Linke. In questa situazione e con il clima creato ad arte in Germania, un cedimento alle richieste greche diventa ancora più arduo.
Come suppone Krugman a questo punto o Tsipras si arrende totalmente accontentandosi di qualche concessione marginalissima e di facciata che ne determinerebbero la caduta, oppure l’eurogruppo è deciso a mandare il Paese in default conclamato e a spingerlo fuori dalla moneta unica dopo averlo rovinato con assurde imposizioni per otto anni. Del resto questa sarebbe la soluzione migliore agli occhi di Bruxelles perché mente la “grexit” potrebbe in qualche modo essere riassorbita e gestita, una cancellazione parziale del debito e l’abbandono dei ricatti sui massacri sociali aprirebbe un enorme falla nel sistema di governi più o meno fantoccio messo a punto negli anni della crisi. Si tratta di uno scenario prevedibile e previsto tanto che alcuni economisti già mesi fa si chiedevano se Tsipras e i suoi avessero messo a punto un piano B o confidassero seriamente in un’idea di Europa ormai inesistente e il cui capo in testa Juncker arriva a dichiarare che “non può esserci alcuna opzione democratica che possa andare contro i trattati europei”. Più chiaro di così.
Ora al leader greco non rimane che giocare un’ultima carta geopolitica: il timore di un riavvicinamento inevitabile a Russia e Cina potrebbe indurre gli Usa a spezzare una lancia in favore di Atene oltre ad essere disposta a prestiti, ma senza troppa convinzione perché le potenziali conseguenze politiche continentali di un beau geste finanziario nei confronti di Atene, sarebbero alla lunga molto più pesanti soprattutto sul piano dell’identificazione quasi totale di Ue, Nato e liberismo. Senza dire che all’occorrenza si può sempre agire trasversalmente secondo il metodo ucraino: in fondo la Open Society di Soros opera anche in Grecia. In questo quadro la cosa migliore che potrebbe fare Tsipras per il futuro del proprio Paese e del continente stesso, non è quella di farsi passivamente cacciare, anche se questo sarebbe un danno di immagine per l’Europa corporate, anche se questo presenta rischi anche sul piano del consenso interno, ma prevenire il licenziamento e presentare per primo le dimissioni da suddito dell’euro. Sarebbero anni duri, ma da ricordare e tutto questo ritroverebbe un senso per il futuro.
..”vista” prima.
Interessante notare la piega che sta prendendo l’itinerario politico di Alexis Tsipras. Ieri ha finalmente proposto il “suo” candidato presidenziale, Prokopis Pavlopoulos, che è uno dei membri più influenti di… Nea Dimokratia di Samaras (il partito di maggioranza del governo uscente) oltre che titolare del dicastero degli Interni in diversi governi precedenti alla crisi. Ossia, anziché rappresentare il nuovo corso, il nuovo presidente greco sarà un esponente di spicco dell’opposizione pro-austerità! La sua elezione verrà ratificata in serata con un voto che si prevede plebiscitario.
Il tutto evidenzia ancora di più quale pagliacciata rischi di rivelarsi l’avvento di Syriza al potere, causato, come si ricorderà, da elezioni anticipate posticce dovute al fatto che, implausibilmente, non si riusciva a trovare il consenso sul nome del futuro capo dello stato. Arrivato al potere, Tsipras ne ha dato ora una prima perentoria dimostrazione usandolo per proporre a capo dello stato greco un pezzo da novanta dell’establishment pro-Troika! A quanto pare le differenze tra i partiti, anche in Grecia, sono molto più sottili di quello che ci avevano fatto intravedere.
Intanto si prepara un nuovo colpo di sceneggiata. Se fino a ieri sembrava che il governo Tsipras non avrebbe mai e poi mai chiesto la proroga degli aiuti troiko-comunitari (vade retro Schaeuble!) oggi si vocifera che sia imminente la richiesta ufficiale di proroga per sei mesi.
“Intanto si prepara un nuovo colpo di sceneggiata. Se fino a ieri sembrava che il governo Tsipras non avrebbe mai e poi mai chiesto la proroga degli aiuti troiko-comunitari (vade retro Schaeuble!) oggi si vocifera che sia imminente la richiesta ufficiale di proroga per sei mesi.”
Notizia che non c’è, o meglio… che già era risaputa, e buona solo a calmierare l’apertura dei mercati di questa mattina, cosa peraltro avvenuta con successo.. tanto da relegare un fattore positivo addirittura alla borsa greca: cosa mai vita prima. Ahahahahhaah 😉
Se c’è un prezzo che il mercato finanziario non potrà mai fissare e specularci sopra, sarà proprio quello della “pratica” dignità.. data da una volontà di un popolo (..ove riscoprisse di sentirsi ancora tale).
Non mi piace l’art. di oggi come è stato sviluppato; me ne dispiaccio ma non posso essere d’accordo con un testo che sembra esser buttato giù più per una sorta di aspettative di campo (legittime per carità) del tutto suggestive… perchè mancanti di un fronte che, al netto di una politica nazionale, segna “il passo”: quello di un’impotenza strutturata.
La situazione è confusa e mantenuta tale. Se nessuno ci dice chi tira le fila e verso dove le tira è solo naturale che a noi rimangano solo ipotesi di lavoro che giorno dopo giorno rischiano di essere smentite dai fatti. Devo però dire che alcuni punti fermi esistono. I greci non vogliono uscire dall’euro perché lo considerano un ombrello protettivo, al pari della Nato, rispetto al pericolo sempre incombente di attacchi da parte del nemico di sempre, la Turchia. Poco importa che la Turchia sia a sua volta un paese privo di reale autonomia, sballottato anch’esso di qua e di là a seconda dei disegni a geometria variabile dell’impero americano, russo o cinese. Il fatto è che i greci si ricordano molto bene dell’aggressione turca a Cipro e del fatto che in decenni nulla è stato fatto dall’Europa e dalle grandi potenze mondiali per sanare una situazione che sarebbe stato semplicissimo risolvere visto che, tra l’altro, previamente all’aggressione turca, le due comunità cipriote convivevano pacificamente. Non si vede quindi come Tsipras possa diventare improvvisamente anti-euro quando il suo popolo è radicalmente pro-euro e per motivi che non si possono minimamente contestare. Per i greci non si tratta di un’ossessione antiturca ma del fatto che la Turchia, mantenuta artatamente fuori dall’UE proprio per mantenere viva la pressione sulla Grecia e su Cipro (al largo della quale esistono tra l’altro cospicui giacimenti sottomarini di gas naturale), potrebbe davvero approfittare di un grexit e della tensione ad esso connessa per “mangiarsi” qualche altra fettina di Grecia o di Cipro. Ovviamente Tsipras potrebbe anche decidere di “licenziarsi” dal suo popolo e fare di testa sua, a suo rischio e pericolo. In termini di barometro politico, comunque, oggi valuto la situazione così:
– soluzione di compromesso con l’Eurogruppo 35% di probabilità
– grexit 5%
– passaggio della Grecia all’orbita russa 5%
– discesa nel caos per un lungo periodo con rischio di guerra civile 35%
– attacco turco dopo un lungo periodo di caos 10%
– colpo di stato dei militari greci dopo un lungo periodo di caos 10%
Vedremo come evolverà la situazione.