Chiude la televisione pubblica greca. Per risparmiare dice il governo e lasciare senza lavoro 2800 persone, per ubbidire alla troika e mettere in piedi un marchingegno legislativo che servirà a privatizzare ciò che resta del Paese a favore degli squali che già da due anni nuotano famelici nell’egeo. Si possono avere occhi e orecchie foderati di prosciutto, ma quest’ultimo stazione nella via crucis della Grecia è l’incontrovertibile dimostrazione che i diktat che hanno travolto il Paese avevano sì lo scopo di togliere le castagne dal fuoco delle banche tedesche e francesi, avevano certo l’intento di non far spendere un quattrino alla Germania, erano senza dubbio costruiti per favorire la speculazione sui titoli, ma avevano al cuore uno scopo politico: distruggere lo stato, il welfare e i diritti, preparare il terreno per una privatizzazione integrale.
Un esperimento di cui i greci si sono trovati a fare da cavia e la cui natura appare del tutto evidente nel comportamento della troika e soprattutto del Fondo monetario internazionale che da una parte ha completamente rinnegato le politiche di austerity dichiarandole sbagliate e controproducenti, salvo però continuare ad imporle ad Atene come del resto negli altri Paesi in crisi. Delle due l’una: o ci troviamo di fronte a gruppi dirigenti completamente impazziti oppure le ricette proposte con ottusa pervicacia hanno scopi diversi da quelli puramente economici e contabili che vengono dati in pasto alle opinioni pubbliche. E del resto un riflesso di tutto questo balugina anche da noi, dove ormai si lega la politica dell’asuterità a una riforma costituzionale in senso più autoritario.
Il disegno è reso ancor più evidente dalla scelta del governo filotroika di Atene e suggerita a Bruxelles di cancellare la radio televisione pubblica dove tutti avevano comunque un diritto di tribuna: l’informazione è il terreno vincente dell’operazione. Si elimina un concorrente, si lascia la televisione e la radio totalmente in balia di privati che come è noto non soltanto sono facilmente condizionabili dal potere finanziario, ma mostrano intrecci a doppio filo tra appaltatori e fornitori pubblici, secondo un modello “mediterraneo” di conflitto di interessi. E infine si favorisce la creazione di qualche network multinazionale orientato a sedare la protesta e a magnificare le sorti progressive della Grecia in mano ai suoi strozzini e ai loro bravi governativi. Tanto “bravi” in senso manzoniano che lo stesso amministratore della tv pubblica, ha denunciato la propria cattiva amministrazione pur di favorire lo smantellamento.
Così la Grecia rischia di diventare l’unico Paese non solo nel continente, ma probabilmente nel mondo intero, senza alcuna rete informativa pubblica. E’ questo che intendono Letta, Napolitano e vegliardi vari della pampers society italiana quando dicono che ci vuole più Europa? Proprio questa Europa che sta diventando arsenico per la democrazia a causa del tralignamento verso il pensiero unico e gli egoismi nazionali? Se rispondete in cattiva fede sarete sorteggiati per partecipare ad “Amici” , altrimenti arrangiatevi.
“E’ questo che intendono Letta, Napolitano e vegliardi vari della pampers society italiana quando dicono che ci vuole più Europa?”
Temo di sì.
ribloggo
Sono curiose le assonanze stilistiche tra la dichiarazione del portavoce del governo greco e quanto detto da Napolitano nel suo discorso da teatro dell’assurdo quando se la prese con i parlamentari italiani coprendoli di accuse ricevendone per tutta risposta un’ovazione di consensi. Ossia, il governo greco che fino a prova contraria è responsabile in toto di quello che è, nel bene e nel male, la rete di stato greca ERT la copre di insulti dichiarandola una fonte di assurdi sperperi di denaro pubblico (“costa da 3 a 7 volte più delle stazioni televisive private”) e ironizzando sui molti centri contabili che non si parlano fra di loro e altre amenità del genere (la dichiarazione si trova qui: http://www.ethnos.gr/article.asp?catid=22767&subid=2&pubid=63842558).
Come spesso accade, quando si fa il male assoluto, si accusano le vittime di essere colpevoli secondo lo schema “tu mi uccidi ed è colpa mia”.
Dal punto di vista tecnico-legislativo questo colpo di mano (o di stato, come ha detto Alexis Tsipras) è stato reso possibile da una nuova legge, approvata senza molti sospetti dal parlamento greco, che consente allo stato di subentrare immediatamente nell’esercizio dei poteri all’ente da liquidare e di procedere al licenziamento definitivo del personale con decorso immediato.
In virtù di questa legge ci sono altri 20 enti statali che saranno soppressi con effetto immediato nel corso di questa settimana (notizia di stamane). Lo stato greco ha quindi già in mano l’arma totale con cui potrà decidere la distruzione immediata di qualsiasi cosa che rechi l’etichetta “proprietà dello stato”. Mi chiedo piuttosto se una legge del genere non sia già presente anche nell’ordinamento italiano. Di solito le leggi autoritarie e liberticide vengono facilmente occultate nelle pieghe di decreti composti da centinaia di pagine e in cui non si notano i due o tre paragrafi che stabiliscono la fine di libertà individuali o di principi democratici consolidati nel tempo. Poi si fa passare il tutto con la fiducia, per cui si è sicuri che i parlamentari neppure leggeranno i testi da approvare sapendo già di non avere voce in capitolo. Dopo di ciò, si lascia la nuova legge dormire sottotraccia magari per mesi o anni e poi, venuto il momento buono, la si risfodera pronta a colpire in modo letale.