
Anna Lombroso per il Simplicissimus
Faccio autocritica, non sono una rigorosa e scrupolosa complottista, vado a braccio e mi faccio possedere dal pregiudizio, favorevole o sfavorevole che sia.
Così c’ho messo un po’ a rendermi conto che questo governo non è un’accolita di improvvisati improvvisatori che sa tenere la barra dritta solo quando scrive sotto dettatura le regole caldamente raccomandata da Confindustria, che si muove come una banda di ubriachi che va dietro al ribollir dei tini, sia che consista nel business della mascherine, in quello dei banchi a rotelle, o dei padiglioni rosa per invogliare al vaccino in bimbi riottosi, che dopo mesi di si può fare, poi no non si può fare, di è permesso, e no è proibito adotta la linea dura copiando il compito della secchiona tedesca prima della classe, che – lo so l’elenco è lungo – continua a mettere in scena il copione della baruffe con le regioni ad uso di ambo i contendenti per far dimenticare colpe passate, presenti future disperdendole nelle nebbie di competenze e poteri, che alterna bastone e carota con una predilezione per la seconda, minacciando e comminando sanzioni per attuare il suo sistema vincente che consiste nel rivendicare i meriti del pochissimo che sembra andar bene e addossare le colpe del tutto che va male alla massa incivile, riottosa, inurbana e irresponsabile.
Invece dietro a quell’accozzaglia di tracotanti incompetenti, di titubanti decisionisti a intermittenza, con i loro commissari straordinari in perenne conflitto di interessi e neuroni – certamente pochi rispetto alla molteplicità di incarichi, con i loro pallottolieri al lavoro per fare le nozze e i vaccini coi fichi secchi, con i loro sacerdoti della scienza che si contraddicono perfino con loro stessi, tra apocalisse e fiduciosa consegna alla legge del lasciar fare alla natura, tra viks vaporub e polivalenti, ecco là dietro ci devono essere dei geni della strategia politica e di scienza della comunicazione, che, non è la prima volta, funziona meglio quando non c’è, o è confusa e produttrice di confusione.
Vi ricordate quando si diceva che il successo della Lega dipendeva in larga parte dalla supericiliosa indifferenza del sistema dell’informazione e della tv pubblica che trattava l’esercito padano con tanto di elmi cornuti come fenomeni da baraccone?
Vi ricordate quando il trionfo die 5stelle veniva attribuito allo stesso trattamento schizzinoso riservato da giornali, televisioni, mass media e vari persuasori e pensatori?
Qualche tecnico della percezione ha approfittato delle sia pur caute riserve avanzate all’operato del Conte 2 per promuovere l’esecutivo vigente a incarnazione dello spirito di abnegazione, con il sostegno a corrente alternata dei pensatori e intellettuali sotto l’ombrello del Manifesto, in combinazione con il dilettantismo degli addetti ai lavori dall’incerto curriculum.
E il successo è stato assicurato: il vuoto di una informazione di servizio, il marasma nel quale versa quella scientifica, le vergognose prestazioni dei media nei quali si succedono le cronache del dolore a cura di improbabili insider che amplificano le urla dei degenti, con le veline delle lobby proprietarie che reclamano aiuto alle imprese e alle lobby, hanno prodotto un gran pieno pop e rock (ci manca solo Celentano), un berciare di popolo e di Pasquini e Masanielli del web che implorano pena di morte per gli sciatori, il gulag isolazionista per i compulsivi dello shopping in centro, il tribunale e poi la gogna minorile per i bulletti che si dedicano a risse stradali come facevano prima del Covid.
Sono dei geni, hanno montato un po’ di ghigliottine virtuali, messo in fila le sedie per gli spettatori che sferruzzano e applaudono a ogni cader di teste in Place de la Concorde dei social, così, distratti dalla spettacolo da vivo, sbagliamo colli, facciamo salire sulla carretta i nostri e quelli che stanno peggio di noi, mentre loro se ne stanno al riparo fisicamente e moralmente.
E i più tra una maglia rasata un punto riso si sprecano per difendere l’operato di ministri e “governatori” coinvolti in miserabili vicende opache ancora assisi serenamente sulle loro poltrone, di personaggi discutibili che circolano di incarico in incarico al servizio di multinazionali criminali, di partiti e movimenti disonorevoli che sbrodolano le loro schifezze solo apparentemente conflittuali, per poi ritrovarsi mirabilmente uniti nel difendere i loro interessi non solo elettorali, il tutto nel timore che ci possa essere di peggio, come se l’avvicendamento di chi dà gli ordini al boia potesse ancora comportare qualcosa di più insano e velenoso di quello che ci sta capitando, salvo per il cappuccio nero o l’affilatura della lama.
Che poi quel peggio che temono, quel Male maggiore, pur deplorato per la sua ferina violenza, rappresentata dal solito energumeno, è materializzato già da una po’ nel pensare comune suscitato dal fondo e autorizzato contro gli “altri”, stranieri, minoranze, comprese quelle di chi non si adatta alla narrazione dell’ideologia imperante, se (ne ho scritto qui https://ilsimplicissimus2.com/2020/12/12/censis-il-novelliere-dei-regimi/ ) il Censis denuncia che una percentuale altissima di cittadini pretende le maniere forti e la repressione cruenta per chi non si associa alle misure di emergenza, se una bella percentuale vorrebbe la pedagogica reintroduzione della pena di morte, se tanti, basta scorrere il social più frequentato, proprio come piccoli Toti e graziose Lagarde suggeriscono di farsi una ragione delle leggi naturali e dunque anche di quelle di mercato, che giustamente esigono il sacrificio degli improduttivi.
Sono stati sorprendentemente capaci nel legittimare e diffondere una forma di populismo lazzarone, quello che concede a chiunque si sia riservato un tribuna in rete la potenza gaglioffa di giudicare, di comminare pene, di emettere sentenze morali. E di sentirsene investiti grazie a una superiorità che deriva perlopiù dall’avere conservato quel minimo kit di sopravvivenza da “ceto medio” sopravvissuto, che non li fa viaggiare su bus e metro stracolmi, non li fa correre per la città in motorino per consegnare merci ai critici di Neflix e agli opinionisti sul Facebook, non li costringe a stare in officine e uffici malsani sotto ricatto di perdere il posto non garantito e il salario incerto.
È proprio vero, come dice Brecht, arriva il momento di sciogliere il popolo, quando si è fatto retrocedere non a branco, che i lupi ne rispettano le regole, ma a gregge feroce.
Si può vedere :