Anna Lombroso per il Simplicissimus

Comunque vadano le cose, è difficile ipotizzare che fine faranno i 12.700 dipendenti dell’Alitalia. Possiamo invece star sicuri che almeno tre dei soggetti coinvolti ne usciranno comunque bene, perché gli  ammortizzatori sociali che tutelano la loro presenza perenne e garantita sul mercato funzionano a perfezione a riprova che la mobilità è un’opportunità solo per gli appartenenti alla nomenclatura dello sfruttamento, sempre in piedi, sempre liquidati profumatamente, sempre reintrodotti il quel circuito manageriali nel quale competenza fa rima con ubbidienza.

Si parla di quelle tre scimmiette collocate nelle poltrone “scomode” di Commissari straordinari, che intanto “fuori dal comune”  hanno gettoni, poteri, una referenza in più da esibire nel loro prestigioso curriculum di liquidatori, becchini, promotori di fallimenti e dispersione di patrimoni nazionali di lavoro, talenti, produzioni, professionalità, saperi. Insomma di quelli che fanno delle crisi aziendali una vera benedizione per padroni privati o pubblici che hanno promosso destini rovinosi per le aziende frantumandole o mettendole in vendita nell’outlet globale. E trasformando le produzioni in azionariati ben contenti di stare seduti nei loro opulenti uffici a contare i gettoni del casinò finanziario. O , nel caso di imprese pubbliche, convertendole in farraginose macchine clientelari mangiasoldi, inefficienti e improduttive, sì da alienarle e offrirle a poco prezzo a potentati privati, o, meglio ancora, per farle sparire, che si tratti di “fabbriche”, scuole, radiotelevisioni, orchestre, ospedali.

È infatti quella la loro vera abilità, quella di alacri esecutori al servizio di quella ideologia distruttiva e dei suoi sacerdoti che fanno la grana e incrementano il loro potere sulle macerie, del lavoro, del paesaggio, della democrazia, visto che ne fanno parte leader che non vogliono niente di durevole selva il loro trono, che cancellano la memoria per impedire la visione del futuro, che rottamano per ergersi su relitti, devastazione.

Per capire le origini di questa scelta, basta guardare i loro profili su Wikipedia e quell’inanellarsi di incarichi ben retribuiti e di prestigiose liquidazioni. Sui tre spicca Laghi, del quale apprendiamo che con quest’ultimo è arrivato al decimo mandato commissariale dopo Partecipazioni industriali spa, Ilva. Ilvaform, Ilva servizi marittimi, Innse cilindri, Sanac, Taranto energia, Tillet e Socova, più altri 4 da esplicito “liquidatore”, un record che ha fatto rabbrividire perfino i fustigatori a intermittenza dei giornaloni di regime, costretti a interrogarsi sulla irresistibile simpatia che questi governi nutrono per il conflitto d’interesse a guardare al fatto che sempre il Laghi tra i 24 incarichi annovera anche quelli di consigliere d’amministrazione della Compagnia aerea italiana, la società che nel 2009 fece rinascere proprio l’Alitalia ora commissariata e quello di rappresentante nel collegio sindacale di Unicredit, banca già azionista di Alitalia alla quale la disavventura nella compagnia aerea è costata 500 milioni.

E che dire delle referenze di Gubitosi, del suo  cursus studiorum maturato lei templi del sapere acchiappacitrulli compresi gli studi alla London School of Economics and Political Science e un master in Business Administration all’Insead di Fointanebleau, niente popò di meno, una lunga esperienza in Fiat dal 1986 al 2005, 4 anni come Ad di Wind Telecomunicazioni fino al 2011, cruciale per prepararla a una successiva felice “fusione”, poi in Rai, predecessore del beccamorto Campo Dell’Orto, incaricato della soluzione finale dell’azienda,  inoltre, per non smentire quali siano le qualità richieste per certe poltrone,  country manager e responsabile della divisione corporate and investment banking di Bank of America Merrill Lynch.

Nel trio il Paleari, laureato in ingegneria nucleare, recherà , secondo la nostra stampa economica indipendente,  l’insostituibile valore aggiunto della “sua esperienza accademica” in qualità di  professore ordinario di Analisi dei Sistemi Finanziari presso l’Università di Bergamo,  e di ex rettore dell’Università di Bergamo dal 2009 al 2015. Ma non preoccupatevi, è anche uomo di collaudata capacità imprenditoriale, avendo  fondato Universoft, azienda “spin off” dell’Università di Bergamo operante nel campo dell’analisi finanziaria e dello studio dei mercati borsistici mediante la creazione e l’uso di database proprietari.

Non hanno da stare tranquilli i lavoratori dell’Alitalia, compreso il personale di terra,  che hanno avuto il coraggio civile di dire No all’accordo che prevede quasi mille esuberi e la riduzione dell’ 8% degli stipendi del personale volante raggiunto sotto il ricatto dei libri in tribunale. E che con il loro No ci hanno restituito la speranza che non sia utopistica la resistenza a quei diktat di mercato che implicano la caduta nemmeno troppo lenta nell’abisso della povertà e della fine della speranza democratica per sancire l’egemonia della cupola malavitosa della finanza e delle multinazionali della fine del lavoro, delle produzioni, della qualità di servizi e beni. Perché a  sorridere saranno solo loro, il terzetto  che  in ogni caso si metterà in tasca  le percentuali sui ricavi, i compensi relativi alle procedure concorsuali: cessione di rami d’azienda   vendite di beni mobili e immobili, recupero crediti e tutto quanto pertiene l’attività commissariale vera e propria così, successo o no, se riuscisse a realizzare i 2,8 miliardi di attivo di bilancio di Alitalia Sai a fine 2015, il suo incasso si attesterebbe attorno ai 12 milioni di euro.

Abbiamo tutti poco da star tranquilli, i salvataggi che contano e sui quali  siamo obbligati a impegnarci entusiasticamente tutti, sono altri: per dare ossigeno a quella Compagnia della Morte chiamata Nato, i liquidatori di popoli e territori ci hanno fatto sapere che i 25 miliardi fino a ora stanziati  dal governo italiano non bastano più  e che è obbligatorio,  per essere ammessi alla tavola dei grandi distruttori di massa,  tassarci con almeno 40 miliardi.