“La crisi dei migranti durerà vent’anni”: più che una previsione costruita attraverso solidi criteri e precisi scenari che del resto non sono stati né evocati, né illustrati, sembra una sorta di minaccia. Infatti questa natura di intenzione più che di previsione è in qualche modo confermata dalla fonte che non è un’organizzazione internazionale, né una sezione dell’Onu e nemmeno un centro di ricerche, ma il Pentagono. E a questo punto delle due l’una: o il centro di comando delle forze statunitensi parla a vanvera anche quando non è interrogato o sa cosa dice, o meglio sa cosa intende fare nell’immediato e nel futuro per mantenere vivo il fenomeno della disperata fuga dalle guerre, dalle dittature filo occidentali o dalla povertà estrema indotta dallo sfruttamento intensivo.
Nelle settimane scorse è girata una tesi secondo la quale gli Usa sfrutterebbero la grande migrazione da loro stessi indotta per gettare nel caos l’Europa e raccoglierne le spoglie ancor più facilmente di quanto non sia reso possibile dalla stessa crisi economica. Si tratta di una tesi complottistica e apolitica, essenzialmente fumosa, che da una parte assume l’ideologia liberista dominante secondo la quale non possono esistere crisi strutturali, ma solo cicliche e incidentali: dire che la crisi è stata indotta quando non ce n’erano i motivi significa sostenere quella illusione della crescita infinita e dimenticare le ragioni strutturali del progressivo impoverimento economico e sociale. Dall’altra si fonda sul pregiudizio secondo cui l’immigrazione è sempre un male, mentre sappiamo dalla storia e dalla demografia che la spaventosa denatalità di molti Paesi europei come l’Italia, la Germania, la Spagna sono fattori di caos e di crollo molto più pericolosi e che un certo grado di “sostituzione” di braccia e menti mancanti è assolutamente necessaria. Certo non è tutto rose e fiori, soprattutto se queste migrazioni assumono le grandezze che vediamo, ma non è propriamente uno svantaggio come gli stessi Usa insegnano, a meno che non si voglia deliberatamente renderlo tale. Basterebbe soltanto smettere di considerare il fenomeno come eccezionale o sfruttarlo a fini politicanti di infimo livello e cominciare a pensare che esso è strutturale al mondo contemporaneo, prendendo le misure necessarie all’intelligenza delle cose piuttosto che alla vacua emotività in un senso o nell’altro quando non ai meccanismi pavloviani della superiorità occidentale.
Detto questo però è chiaro che le parole del Pentagono non suonano come una previsione, ma hanno un sapore quasi programmatico: la generazione di caos, le stragi, lo sfruttamento di cui le migrazioni non sono che un danno collaterale, è evidentemente una strategia che si intende adottare per lungo tempo in tutta l’area mediorientale, africana ed est europea come strumento per radicare l’egemonia delle elites finanziarie ed economiche di cui gli Usa sono diventate il braccio armato, dell’impero nell’impero, ormai talmente visibile che si ha l’impressione che esistano due amnistrazioni, una per il pubblico e una che decide. Il Pentagono ci ha sostanzialmente detto che la Siria non è che l’inizio di un lungo carosello di guerre vere nascoste da missioni di pace e finte guerre ( l’Isis insegna) contro i mostri creati ad hoc, di sollevazioni indotte e destabilizzazioni finanziate che non hanno più alcun bisogno di giustificazioni, nemmeno paradossali. In questo senso, la migrazione viene utile per contrastare e annegare di fronte all’assalto ogni opposizione coerente alle oligarchie euriste e ogni contestazione ai suoi mezzi di dominio monetario ed economico, cancellando persino la vergogna della Grecia. La scena della Merkel con i profughi siriani è da questo punto di vista un capolavoro.
Non è un complotto, ma il caos è l’unico antidoto efficace all’esplosione delle contraddizioni liberiste, all’impoverimento, al calo della domanda aggregata, alla creazione di denaro attraverso il denaro, visto che la manipolazione dei numeri e dell’opinione pubblica ha dopotutto dei limiti nei dati di realtà. Alla lunga persino uno come Ferrero si farebbe venire dei dubbi sul mondo globale e la sua bizzarra e drammatica geografia, sul mantra della integrazione europea condotta a suon di Bce. Invece stressando le società, portandole al limite, focalizzando su un dramma specifico negando ogni responsabilità si può evitare il crollo dell’egemonia culturale fino a che l’orrido cemento non abbia fatto definitivamente presoa Certo c’è anche la possibilità che al contrario questo processo si acceleri, che tutto si sgretoli velocemente. Ma le cose sono andate troppo avanti per tornare indietro.
Credo sia naturale – dopo oltre un anno di jihadismo imperversante – che si affronti una guerra prevedendo e programmando: gli annunci di oggi sono il frutto di tentativi di contenimento e di studi tattici che durano da mesi ed anni, visto che è oltre un decennio che la Jihad si da da fare e si prevede l’Africa come scenario bellico globale.
E non credo che saranno gli USA ad avvantaggiarsi maggiormente.
http://demata.wordpress.com/2015/09/07/venti-di-guerra-ma-non-e-colpa-degli-amerikani/
Mi faccia capire. Se Lei è Antonio Demata, linka il Suo articolo scritto per il Suo blog per confutare il commento della lettrice…
Non si offenda, ma più che una ridicola Pubblicità Progresso, considerata la Sua affermazione: “quando Al Qaeda abbatè le Torri Gemelle” contenuta nell’articolo linkato del Suo blog, questa Sua è una serissima Pubblicità Regresso…
Veramente era un mero apporto a confutazione del post (non del commento della lettrice): le guerre si fanno con le armi e con i soldi. I buoni sentimenti non le fermano e le ideologie le alimentano. L’epicentro è in Cina Popolare non in USA, sembra che da quelle parti siano messi come noi nel 1929, sembra.
I Neanderthal non facevano guerre, i Sapiens Sapiens ci si sono specializzati.
Non credo che un blog tra i più longevi della Rete abbia l’esigenza di farsi pubblicità o che, comunque, la cerchi.
L’attacco dell’11 settembre è stato più volte rivendicato dagli Jihadisti.
Quanto al resto (‘ridiciola’, ‘pubblicità regresso’ eccetera) le suggerisco di leggere “L’arte di avere ragione” di Schopenhauer, dove viene spiegato a cosa equivalga ribattere in tal modo.
Cordialità
La “tesi” girata nei giorni scorsi, ripresa coraggiosamente e opportunamente anche su questo sito, offriva una lettura chiara e coerente dell’attuale fenomeno migratorio.
Del resto, le immagini dei giovani e forzuti siriani, ben vestiti e con taglio di capelli alla moda, indicano chiaramente la “qualità” di questi “profughi”, sicuramente più idonea alla collocazione negli opifici germanici affamati di manodopera qualificata e qualificabile, che non alla “rivoluzione anti-Assad” in patria, più reale nelle intenzioni della Nato che non in quelle del ceto medio siriano.
Che poi, pragmaticamente, i tedeschi sfruttino la manovra geopolitica Usa, comunque innegabile, per calmierare le pretese di aumenti salariali dei lavoratori tedeschi, fermi in Germania da oltre dieci anni, è nella natura stessa delle cose, cioè del capitalismo.
L’elementare verità che l’immigrazione, quando ben gestita, rappresenti una fase creatrice di civiltà, mi fu rinfacciata come banale e scontata nel mio tema di maturità del 1984.
Riproporla oggi come una pezza aggiunta per calmierare il malpancismo degli immancabili gauchiste-caviar (sempre attenti alle etichette, sia che si tratti di Louis Vuitton o Cartier, oppure di “sinistra” e “diritti”), è gradevole quanto una farinata di ceci riscaldata dopo due giorni.
Certo, la singolare convergenza dei due sacri e irriducibili fronti, destra e sinistra, così cari a chi ne tira congiuntamente i fili dall’alto, può imbarazzare chi vi ha costruito sopra la propria posizione. Non mi riferisco certo a chi scrive su questo scritto, semmai a certi piddioti di professione, o ad altri senescenti “liberi pensatori”, magari in odore di massoneria.
Tutto, in sintesi. si riduce a questa considerazione: il cosiddetto liberismo, con tutte le connotazioni che assume per adattarsi alle varie realtà nazionali, non è che un metodo di espansione e dominio di un capitalismo dominante che, piaccia o no, è di marca USA.
Le guerre che muove, o che inesca in casa altrui, sono sempre connotate dai soliti cliché, o della missione di pace, o della risposta ad un “attacco”.
Se poi, nella variegata elite americana, la stanza dei bottoni della finanza sia occupata prevalentemente da persone di ceppo semitico, non rinfaccerei alla loro supposta “diversità” l’origine di questi mali. Non tanto quanto in quella calvinista, che prevede l’arricchimento come segno tangibile della benevolenza di “Dio”.
Ho scritto di getto, mi sono dilungata e chiedo scusa.
Ma sono fermissimamente convinta che qualsiasi tentativo di comprensione degli accadimenti epocali che ci riguardano, sia impossibile se non si parte dall’assunto che gli USA dominano in senso neocoloniale l’Europa, e qualsiasi analisi non può spiegare niente se non si è consapevoli della vera natura, profondamente oligarchica e non democratica, degli Stati Uniti d’America.