C’è chi si compiace del fatto che i grillini siano tornati nel girone del voto a una cifra, che sia cessato lo tsunami del cambiamento che minacciava le casematte dei partiti e dei loro apparati, che l’eresia così pericolosa per il cavaliere e così fastidiosa per i lacerti di una sinistra ha conservato solo il ricordo del leninismo, sia stata alla fine sconfitta . C’è chi si addolora per l’ondata così breve e così futile del cambiamento, c’è chi cerca giustificazioni nel solco del politichese, assoluzioni da colpe, allontanamento del calice amaro. Ma la sconfitta, già annunciata in Friuli, era stata scritta nei giorni successivi alle politiche: il movimento 5 stelle, come del resto ho detto e ripetuto insieme a tantissimi altri, non ha saputo cogliere la voglia di cambiamento che egli stesso ha predicato e incarnato contro l’immobilismo dei partiti tradizionali. Aveva tutte le carte in mano per allearsi col Pd e condizionarlo nelle scelte. O al limite per metterlo in un angolo e costringerlo a rivelare la voglia di inciucio, a mostrarsi con la faccia di mister Hyde degli apparati.
Non lo ha fatto, o meglio non è stato in grado di farlo travolto da un successo inaspettato, con una pattuglia di parlamentari alla loro prima vera esperienza politica, un po’ raccogliticci, privo di una vera articolazione organizzativa e propositiva che non può essere surrogata con l’invocazione magica del “web” il quale di certo è un mezzo straordinario, che di certo influenza il messaggio, ma che deve essere in qualche modo ordinato e coordinato perché i “pacchetti di informazione”, come accade appunto nella rete fisica, diano alla fine un significato coerente e non si limitino a correre per i cavi, mescolando le cose serie agli scontrini. E infine con un padre padrone certamente essenziale al suo lancio, capace di essere icastico e incisivo, ma che sembra avere più il carattere di impresario che di vero leader politico. E credo che Grillo stesso lo sappia meglio di tutti: personalmente scorgo la sua stanchezza di fronte a qualcosa che è cresciuto oltre le sue intenzioni e le sue corde, che ormai lo divora e non lo appassiona più.
Ma tutto questo è la faccia illuminata della luna, ciò che si scorge sempre. C’è la parte nascosta che non sono i finanziamenti del blog e il loro utilizzo o la collocazione di Casaleggio nella costellazione stellata e i suoi rapporti d’affari, c’è qualcosa che forse potremmo esprimere con un interrogativo che per molti grillini potrà apparire come una bestemmia: e se in realtà il rifiuto di misurarsi con la realtà del Parlamento e con il fare, non sia stato il frutto di errori e di ingenuità, ma di una volontà subliminale?
Non voglio metterci di mezzo Freud ovviamente, non abbiamo un paziente steso sul lettino, sebbene la società del desiderio di massa potrebbe permettere anche questa operazione. Ma esaminiamo la fotografia della situazione: da una parte abbiamo un’oligarchia non più nascosta dentro le pudibonde mutande della “necessità” ovvero del principale meme del pensiero unico, ma colta in un’ammucchiata che rivendica il proprio privilegio, persino quello di essere affrancato dalla legge, senza saper nemmeno più esprimere mezza parola sulla disuguaglianza che al contrario viene vista come risorsa competitiva. Dall’altra invece una corrente di opinione che vuole contrastare e abolire lo sfacciato privilegio a tutti i livelli nazionale e sovranazionale, ma non sembra collegarlo allo stato di subordinazione dei cittadini e in particolare dei ceti popolari che ne è il necessario correlato. Non significa che questo tipo di opposizione non si accorga dell’impoverimento, della precarietà, della disoccupazione e del dramma del Paese, anzi è l’unica che ci bada veramente al di fuori della ritualità politichese, lo fa tuttavia senza avere il sospetto che le due cose siano le due facce della stessa medaglia, senza una chiara consapevolezza che non puoi combattere il privilegio senza partire dalla diseguaglianza, che non puoi abolirlo lasciando intatta l’iniquità sociale. Non puoi farlo nell’ambito di ciò che chiamiamo tradizionalmente democrazia. Ma è possibile, anzi quasi ovvio nella post democrazia alla quale sembrano appartenere tutti gli attori politici della scena italiana e i media di contorno, salvo frange marginali malate ahimè di narcisismo.
Ciò che voglio dire è che il piano politico e di pensiero sul quale agiscono gli “oligarchici”e i “democratici”, se mi passate questa generalizzazione, è lo stesso: si può giocare su una parte o sull’altra del tavolo, ma – se riesco a rendere il concetto – è lo stesso tavolo. O lo ribalti o alla fine sarai poco incisivo, potrai vincere qualche mano, andartene in mutande, fare patta, ma non stabilisci le regole del gioco. Senza un profondo senso della diseguaglianza della nostra società, senza partire da ciò che è il correlato oggettivo dell’oligarchia, è fatale avere esitazioni nella battaglia contro il privilegio di cui le ruberie non sono che un aspetto, formalmente illegale, ma informalmente legittimato .
Ed è allora che ci si rifugia dentro la contabilità degli scontrini, nella correttezza un po’ grottesca nel mezzo di un dramma, dentro la mitizzazione movimentista, dentro quella suprema astrazione che si chiama concreto.
ALLE COMUNALI HO VOTATO SANDRO MEDICI E RIFONDAZIONE COMUNISTA.
il ballottaggio non è affar mio, anzi paradossalmente sarei più preoccupato da un’elezione di marino, visto che quelle porcate che per somma incapacità e stupidità alemanno non saprebbe realizzare, riuscirebbe benissimo all’apparato del PD e della filiale ribellista del fine settimana che è SEL (il cui presidente non vuole applicare i risultati del referendum sull’acqua in puglia, ricordiamolo).
Zetema, STA, riforma fornero, son tutti sogni dello psiconano, ma realizzazioni del PD.
Al ballottaggio quindi cercherò di danneggiare, almeno economicamente entrambi gli schieramenti con la pratica dell’astensionismo attivo.
Invito anche gli amici a 5 stelle a fare altrettanto.
ecco come si pratica l’astensione attiva.
– Ci si reca al seggio
– Ci si fa vidimare la scheda senza toccarla
– Ci si rifiuta di votare e lo si fa mettere a verbale, volendo anche dando la motivazione.
In questo modo eserciterete un vostro diritto, pur non votando perché nessuno vi rappresenta. Non prestatevi più al “teatrino della politica”, ma fatelo in modo attivo, rifiutando la scheda e facendolo mettere a verbale.
Art. 104, comma 5, del Testo Unico delle Leggi Elettorali D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 e successive modifiche: Il segretario dell’Ufficio elettorale che rifiuta di inserire nel processo verbale o di allegarvi proteste o reclami di elettori è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa sino a lire 4.000.000. La norma si riferisce alle disposizioni che impartisce il Presidente di Seggio
Qualcuno afferma anche che il Presidente di Seggio “ha” la facoltà di decidere se mettere o meno a verbale le affermazioni ( lecite ! ) del cittadino-elettore ….
A questo punto, un minimo di chiarezza và fatta :
1° – Il Presidente di seggio NON dispone di facoltà discrezionali in tale situazione .
2° – Il Presidente di Seggio, in OSSERVANZA dell’art. 104 comma 5° DPR 30 marzo 1957 n° 361 DEVE recepire e verbalizzare ciò che il cittadino-elettore presenta alla sua attenzione .
3° – Il cittadino-elettore NON deve assolutamente creare disagio e/o turbativa nella sede di seggio e questo in forza del buon senso e delle civili regole di convivenza oltre che in osservanza dell’art. 44 del citato DPR .
A fronte di ciò si deduce che il comportamento del cittadino-elettore deve essere pacato, serio, consono al luogo ed alle figure istituzionali colà presenti e che nulla nel suo atteggiamento deve dare adito ad interpretazioni malevoli .
Il cittadino-elettore, nel caso si profili una reazione “astiosa” da parte del Presidente di Seggio dovrà unicamente consegnare allo stesso una copia della Legge ed informarlo che si ritira in buon ordine lasciando al medesimo tutto il tempo per leggerla ed informarsi ….dopo di che , il cittadino-elettore si ripresenterà per veder concretizzato il suo diritto .
Non ero chiamato alle urne ma Io il M5S non lo avrei rivotato ma non per mancanza di fiducia in Grillo e men che meno per mancate alleanze col PD (Andiamo, li avrebbero stritolati e spernacchiati subito come hanno fatto col loro ex alleato Di pietro ) ma nella scarsa credibilita’ degli eletti che danno l’impressione di potersi vendere al miglior – o peggior – offerente un giorno si ed un altro pure. La protesta si e’ quindi manifestata con l’astensione ma ancora troppi sono i beneficiari dei favori (piu’ presunti che reali) promessi in linea teorica dal PD ed ancora troppa gente crede ancora nelle balle berlusconiane – ma sono tutti anzianotti anzicheno’..prima o poi andranno negli ospizi ed addio urne..
ottimo post…anche l’M5S è certamente criticabili, ed in fin dei conti niente di veramente nuovo o diverso all’orizzonte…
L’ha ribloggato su Il Blog di Fabio Argiolas.
Vorrei annotare che il Movimento 5 Stelle, che ho votato e che mi sta deludendo profondamente, prospera in una situazione di sofferenza dell’elettorato per cui il boom grillino si è avuto sotto il governo Monti che con le sue misure draconiane ha fatto crollare l’economia spargendo il panico a 360 gradi. Ora ci troviamo però in un’altra fase dovuta prevalentemente all’attesa delle elezioni tedesche di settembre, una fase in cui il governo e la stampa si sforzano di mandare segnali di cauto ottimismo, come se il peggio fosse già passato. A questo punto il grillismo arretra perché viene a mancare la principale leva del suo successo che è il disagio e l’angoscia della popolazione e il conseguente risentimento verso i partiti che permettono questo stato di cose aberrante. Proprio per questo motivo il Movimento 5 Stelle non è affatto finito perché non sono affatto finite le sofferenze per gli italiani, sono solo state messe temporaneamente in pausa. Dopo le elezioni tedesche, quando ci si renderà conto che non è cambiato assolutamente nulla, il processo di suicidio assistito dell’economia italiana ripartirà e il M5S potrà largamente approfittarne. Sperando che nel frattempo abbia il buon senso di creare una presenza locale più capillare capace di coinvolgere le maggioranze silenziose che non passano la loro vita su internet.
Quanto alla necessità di ripartire dalla disuguaglianza, sarei d’accordo a patto che di parlasse anche di se e come sia possibile mantenere una prospettiva di uguaglianza in un mondo dove il potere viene ufficialmente appaltato dai cittadini al parlamento, il parlamento lo subappalta in gran parte all’Unione Europea e l’Unione Europea lo cede a sua volta alle lobby americane e tedesche. Il mondo come si sta ridisegnando al momento evidenzia sempre più una forte limitazione del potere degli stati, che implica a sua volta un’enorme diminuzione del potere, già piccolo, del cittadino. Da un lato le direttive europee e i trattati internazionali tolgono sempre più spazio di manovra ai singoli stati che si riducono a gusci vuoti assumendo funzioni prevalentemente amministrative (lo stato diventa una regione), dall’altro emergono nuove aziende planetarie che controllando i dati, e dunque la storia e l’identità digitale dei cittadini, sono già ora in grado di esercitare un enorme potere di ricatto/interdizione che consente a un Tim Cook, amministratore delegato di Apple, di ribattere l’accusa di non pagare praticamente tasse su fatturati vertiginosi accusando a sua volta la politica di non aver capito nulla della nuova era digitale.
Si può rifondare uno stato in termini di uguaglianza solo se si è liberi di farlo, non se si è avvinti da ceppi e catene che non sono fissate al muro della nostra cella da dove potremmo, al limite, strapparle ma corrono fuori dalla nostra cella per raggiungere le pareti di vetro di palazzi di potere lontani mille miglia da dove ci troviamo, irraggiungibili e non scalfibili.
La mia ricetta è uscire da tutto. Uscire dall’Unione Europea, uscire dalla moneta unica, uscire dai trattati internazionali. Ogni “uscita” è un riguadagno di sovranità e di libertà che poi si potrà ovviamente riutilizzare bene oppure male, come sempre è stato nella storia. Si potrà andare verso la dittatura o verso una democrazia degli eguali. Ma se non “usciamo”, non si pone neanche il problema di una discussione o una lotta fra modelli di società alternativi perché resteremo all’interno di un modello neoliberista che non solo ha vinto ma ha stravinto riuscendo nella mission impossible di infiltrare i suoi uomini in assolutamente tutte le posizioni di potere principali dell’Unione Europea, qualunque ne sia il partito o la nazione di appartenenza.