Ma non si era detto che la proprietà di un’impresa era indifferente alla nazionalità? Non si è svenduta una gran parte dell’industria e dell’occupazione industriale in nome di questo ambiguo cosmopolitismo neo liberista, non si è lasciato con beata indifferenza che persino la Fiat e molti posti di lavoro se ne fuggissero dal Paese per aderire a questo catechismo? Evidentemente al fondo c’era qualcosa che non funzionava perché l’indifferenza della proprietà funziona se fa da ancella al passaggio di attività da un Paese più debole a uno più forte, ma quando succede il contrario diventa una bestemmia. Lo abbiamo visto purtroppo molte volte e oggi ne abbiamo la riconferma: è bastato che la Peugeot annunciasse le trattative per l’acquisizione della Opel perché la Merkel e persino il potente sindacato Ig metall scatenassero l’inferno.
Ma non si era detto che c’era l’Europa e che anzi occorreva impoverirsi e sopportare qualsiasi cosa per realizzarla? Evidentemente era una voce senza consistenza, perché in questo caso non sembra essercene alcuna traccia e la sola idea che possa esserci una acquisizione francese fa vedere i sorci verdi a Berlino. E dire che la casa automobilistica non è nemmeno di proprietà tedesca, ma ahimè americana, di General Motors ed è proprio a questa proprietà e alle sue logiche che si deve il declino del marchio negli ultimi trent’anni. Ciò che si teme è quello che accade in qualsiasi fusione, ovvero che la produzione venga razionalizzata e che alcuni stabilimenti vengano sacrificati. Cose che abbiamo accettato sempre chinando la testa, ma che la Germania adesso non accetta se è lei a doverne fare le spese.
E nemmeno poi tanto perché la Opel ha ormai solo tre stabilimenti in Germania a Rüsselsheim, Eisenach e Kaiserlautern, tutto il grosso della produzione è via via stata trasferita fatta altrove, in Spagna , nell’Europa dell’est, in Gran Bretagna dove si assembla l’Astra grazie ad accordi particolari che prevedono salari inferiori e orario di lavoro più lungo, per non parlare dei modelli o dei componenti che vengono direttamente dalla Corea e dall’Asia in in generale. Certo alcune migliaia di persone rischiano di entrare nel cono della disoccupazione, molti meno di quanto non siano rimasti col cerino in mano dopo l’affaire Fiar Chrysler, ma è assolutamente comprensibile che il sindacato tedesco dei metalmeccanici si preoccupi, insorga e dica che una eventuale accordo sarebbe ” una violazione senza precedenti dei diritti di cogestione”. Purtroppo si tratta dello stesso sindacato che tre anni fa si arrese alla chiusura dello stabilimento più grande della Opel, quello di Bochum, svolgendo anzi un ruolo estremamente ambiguo nelle trattative per mandare a casa 2700 lavoratori e affidandone altri 700 alle temporanee “cure” di una società ad hoc chiamata a gestire un magazzino ricambi che ha chiuso alla fine dell’anno scorso. Inutile aggiungere che lasciata a se stessa la Opel, azienda né carne né pesce, molto american fusion e poco tedesca ad onta delle sue bugiarde pubblicità finirebbe per fallire o comunque per lasciare a casa molta gente
Dunque se un’impresa tedesca compra sulla bancarelle delle svendite un’azienda greca, italiana o spagnola per poi mandare a casa la maggior parte delle maestranze tutto va bene, è il mercato bellezza e tu non ci puoi fare niente, mentre se si tratta del contrario la cosa cambia aspetto. Le regole insomma valgono solo per i più deboli e questo all’interno di una sedicente Unione la quale tuttavia e con voce doppiata da Washington, si appresta ad impedire l’acquisizione da parte della Cina di aziende considerate strategiche qualunque cosa voglia dire. E dire che i cinesi sono quello che in assoluto hanno licenziato di meno in queste vicende. Il fatto è che il mercato, nella sua dimensione ideologica ha senso solo per i ceti popolari che ne sono le vittime designate, ma quando si tratta di elites e di geopolitca allora i vecchi stati rientrano in gioco come garanti dell’ordine oligarchico, della perpetuazione delle disuguaglianze e delle politiche imperiali che ne sono il pendent. Adesso che il globalismo è arrivato ai limiti si torna al protezionismo almeno nella misura in cui si può o che conviene a questo e a quello. Avevano scherzato.
Secondo me emerge un elemento interessante, che anche alcuni economisti non ortodossi mettono in evidenza. Lo stato sociale e le politiche keynesiane, sono pagate dai lavoratori stessi, e non dalle imprese e dalle aziende come spesso si crede.
Almeno in buona parte, è proprio così, le svalutazioni competitive che in tanti rimpiangono di contro all’euro, avevano l’effetto ultimo di decurtare il reddito dei lavoratori e di scaricare su di loro le difficoltà
Poiché è inconfutabile che il deficit keynesiano non si ripaga con la dinamica che mette in atto, alla lunga era necessario chiedere un prestito all’estero, Challagan in inghilterra ma anche in Italia avveniva la stessa identica cosa.
Alla fine svalutare la moneta alleggeriva il debito da pagare o la sua rata, quello che si accusa non abbiano potuto fare i greci perche vincolati all’euro
Anche da questo punto di vista, le politiche keynesiane erano pagate dai lavoratori stessi, ovvero tali politiche erano un regalo al Capitale, ed i lavoratori ne beneficiavano solo indirettamente e per poco tempo ( altro che rimpiangere)
L’articolo cita Challagan, ma anche l’italia della spesa pubblica o del keynesismo all’ itaGliana dovette chiedere un grosso prestito estero negli stessi anni 70.
Riusci ad ottenerlo dalla Germania Federale, che in cambio pretese anche l’asozione del sistema PAL per la TV a colori (prima era stato scelto il francese SECAM)
Ma pretese anche che venisse liberato Kappler, ed il governo italiano orchestrò la scenneggiata della moglie del nazista che chiuse il marito in una valigia portandolo fuori dal carcere romano. I giornali diffusero anche la fotografia della donna anzianissima che attraversava la strada prospiciente al carcere con una enorme valigia in mano
Ad ogni modo, se l’articolo dice che i governi keynesiani laburisti furono fatti cadere due volte dagli scioperi operai, qualcosa vorrà pur dire….
chi vuole, legga:
http://comedonchisciotte.org/forum-cdc/#/discussion/96815/il-declino-del-regno-unito-fra-fine-dellimpero-e-nel-contesto-europeo
Secondo me emerge un elemento interessante, che anche alcuni economisti non ortodossi mettono in evidenza. Lo stato sociale e le politiche keynesiane, sono pagate dai lavoratori stessi, e non dalle imprese e dalle aziende come spesso si crede.
Almeno in buona parte, è proprio così, le svalutazioni competitive che in tanti rimpiangono di contro all’euro, avevano l’effetto ultimo di decurtare il reddito dei lavoratori e di scaricare su di loro le difficoltà
Poiché è inconfutabile che il deficit keynesiano non si ripaga con la dinamica che mette in atto, alla lunga era necessario chiedere un prestito all’estero, Challagan in inghilterra ma anche in Italia avveniva la stessa identica cosa.
Alla fine svalutare la moneta alleggeriva il debito da pagare o la sua rata, quello che si accusa non abbiano potuto fare i greci perche vincolati all’euro
Anche da questo punto di vista, le politiche keynesiane erano pagate dai lavoratori stessi, ovvero tali politiche erano un regalo al Capitale, ed i lavoratori ne beneficiavano solo indirettamente e per poco tempo (altro che rimpiangere)
L’articolo cita Challagan, ma anche l’italia della spesa pubblica o del keynesismo all’ itaGliana dovette chiedere un grosso prestito estero negli stessi anni 70.
Riusci ad ottenerlo dalla Germania Federale, che in cambio pretese anche l’asozione del sistema PAL per la TV a colori (prima era stato scelto il francese SECAM)
Ma pretese anche che venisse liberato Kappler, ed il governo italiano orchestrò la scenneggiata dell moglie del nazista che chiuse il marito in una valigia portandolo fuori dal carcere.
I giornali diffusero anche la fotografia della donna anzianissima che attraversava la strada prospiciente al carcere con una enorme valigia in mano
Ad ogni modo, se l’articolo dice che i governi keynesiani laburisti furono fatti cadere due volte dagli scioperi operai, qualcosa vorrà pur dire….
. Certo alcune migliaia di persone rischiano di entrare nel cono della disoccupazione, molti meno di quanto non siano rimasti col cerino in mano dopo l’affaire Fiar Chrysler, ma è assolutamente comprensibile che il sindacato tedesco dei metalmeccanici si preoccupi, insorga e dica che una eventuale accordo sarebbe ” una violazione senza precedenti dei diritti di cogestione
Prendiamola da lontano !!. Sissignore, esiste una faccenda che viene occultata da ragionamenti come quelli del Simplicissimus ! Ma vi immaginate che nell´Italia del passato i dipendenti Fiat volessero salvaguardare il posto di lavoro facendo chiudere Áutobianchi o la Alfa Romeo non ancora marchi Fiat ? Le conquiste degli anni gloriosi sono venute solo quando i lavoratori di queste aziende e di tante altre hanno fatto imponenti lotte comuni. E Adesso veniamo a noi !!
il vero problema e che proprio i sindacati tedeschi , col plauso del Simplicissimus, chiedono al proprio governo proprio quell´aiuto che in questo stesso post il Simplicissimus condanna quando´ si sostanzia nel protezionismo delöla Merkel.. Contraddizione in termini. Il vero male e proprio nel fatto che i sindacati chiedono al proprio stato nazionale di difendere ” la occupazione tedesca” , o in altri casi ” la occupazione francese”.
Diversi anni fa vi fu il caso eclatante di una Jonit Venture tra Renault e credo Daimler , i sindacati tedeschi chiedevano aiuto al proprio stato nazionale affinche chiudesse uno stabilimento francese, il sindacato francese chiedeva al proprio stato di far ricadere i tagli sui tedeschi.
Appellarsi cosi al proprio nazionalismo e una strategia vincente ? Assolutamente no, e solo una trappola ( poi vediamo perche), nella quale cade in parte anche Mister Simplicissimus
Che senso ha ritenere normale che i sindacati tedeschi chiedano uno stop o tutele per gli arbeiter tedeschi, e rinfacciare a tali sindacati solo di non aver difeso la occupazione a Bochum ?
A Bochum i sindacati avevano collaborato col ministero del lavoro a gestire i tagli occupazionali, una collaborazionme ambigua che sistemicamente e solo l` altra faccia della collaborazione odierna rivolta a difendere la Opel e la OccupazioneTedesca
Infatti, chiedo al Simplicissimus, se Il governo tedesco impedirä la fusione, non chiedera forse ai lavoratori Opel di accettare dei tagli proprio per preservare la competitivitä della Opel all´uopo di scongiurare ogni possibile fusione o acquisizione ? Tagli come quelli gia osservati a Bochum quando i sindacati chiesero aiuto allo stato per difendere la Opel dalle difficoltä che la casa automobilistica aveva allora.
Infatti, le fusioni e le acquisizioni, e questa in particolare, non avvengono certo, come sembra dire Il Simplicissimus, per la mentalitä americana di stampo finanziario, e mica la Opel e di proprieta della Goldman Sachs ! La Opel e di proprieta della General motors, un trust produttivo che piu produttivo non si puö, tanto che la Fiat implora la fusione con General Motors e questa la nega perche a sua volta ritiene la Fiat non abbastanza concentrata sul “core bussiness produttivo”
Le Fusioni e le Acquisizioni, tanto piu nel settore di cui pasliamo, avvengono perche sono necessari investimenti mostruosi, guida automatica, auto elettrica, rivoluzione industriale 4.0, e nessuna casa automobilistica e sicura di potercela fare da sola
Ecco che per difendere la occupazione, da parte dei sindacati, affidarsi, alla richiesta di aiuto e collaborazione fatta al proprio stato nazionale, significa solo confidare in un aiuto falso e vuoto
Tale stato nazionale darä un contentino, di volta in volta lo stanziare fondi per Bochum, la Opel resta tedesca, la Fiat produce la 500 ancora in Italia, ma il contentino sarä pagato dai lavoratori con i tagli che il loro stato nazionale finirä poi per imporre loro
Esso stato li imporra cone condizione del proprio aiuto, proprio per difendere davvero cio che sta a cuore ai sindacati, di volta in volta la produzione a Bochum, la proprietä tedesca della Opel, La 500 prodotta in Italia e tutta la casistica possibile..
Ogni stato nazionale funziona infatti come una azienda in concorrenza con gli altri stati nazionali, e si sa che per vincere nella concorrenza sono necessari proprio i tagli e le ristrutturazioni. Non lo sa il Simplicissimus che quella entita che chiamiamo stato fa l´ interesse dei propri capitali, della propria potenza economica e bellica?
A differenza di quanto dice il Simplicissimus, non e affatto naturale che i sindacati facciano una difesa nazionalistica della occupazione, essi agiscono cosi perche i loro capi ambiscono ad essere ministro del lavoro e da tempo i sindacati sono il principale strumento con cui il Capitale impone la pace sociale ( Es : la concertazione cara a Giorgio Napolitano)
Ma come e possibile che un blogger come il simplicissimus, comunque avvezzo a scorgere complotti ed a leggere tra le righe, sia poi cosi ingenuo circa il funzionamento della economia, del sindacato, e dello stato? Per cui la Peugeot vuole comprare la Opel ed il Simplicissimus ravvisa la causa di ciö non nella concorrenza capitalistica di cui lo stato e un alemento portante, ma nella “mentalita americana”, naturalmente rivolta alla finanza e non alla produzione.
Come e possibile credere normale normale che i sindacati ingannino i lavoratori con una difesa nazionalistica della occupazione, la quale ingloba i lavoratori dentro la concorrenza capitalistica tra nazioni, col risultato che in cambio del contentino nazionalistico quei lavoratori saranno massacrati nel tempo proprio per reggere la concorrenza delle altre nazioni ? Aderire al nazionalismo porta solo a questo
Prendiamola da vicino !!. Sissignore, esiste una faccenda che viene occultata da ragionamenti come quelli del Simplicissimus ! I Sindacati Carolingi, ovvero Tedeschi e quelli Francesi, cosi vicini geograficamente e culturalmente, avrebbero solo da scioperare insieme. Insieme ai lavoratori del settore automobilistico almeno di tutta la Europa, se non di tutto il mondo, non cé scusa che tenga nella epoca di internet ,della globalizzazione e del mercato mondiale
A quel punto, nessun proprietario Peugeot, Opel, essuno Stato Nazionale che spalleggia questi funzionari del Capitale, potrebbe chiedere sacrifici o fusioni per reggere la concorrenza. Essa non esisterebbe piu nei termini del capitalismo, impedita nel suo avanzare dallo scuiopero degli operai di tutte le fabbriche operanti stesso settore.
Dalla concorrenza che impone sacrifici, si arriverebbe alla concorrenza nell abbassare sempre di piu l´orario di lavoro, nell assumere per conseguenza giovani disoccupati, nel miglioramento delle tecnologie (sarebbero proprio i capitalisti a doversi impegnatre in tale concorrenza per non perdere i privilegi che gli restano
In effetti, tutte quelle cose che il Siomplicissimus auspica in alleanza con la confindustria che non attacca mai, in alleanza con il capitalismo produttivo angelicato ed artatamente scisso da quello finanziario. Non si puö impedire alla gente di sognare….