Ti sta bene caro Hollande, come sta bene a tutte le socialdemocrazie del continente che hanno tradito la loro funzione storica e il loro elettorato piegandosi supinamente ai diktat neoliberisti e rinunciando a mettere in crisi quei meccanismi monetari e istituzionali che ne consentono l’applicazione. Ben gli sta anche a quella parte della sinistra cosiddetta radicale che perseguendo una sorta di internazionalismo fuori luogo ( ma spesso funzionale alla sopravvivenza delle piccole elite di comando ) hanno regalato alla destra tutti o quasi i temi forti dell’anti liberismo primo fra tutti la questione dell’euro come strumento di divisione e di guerra continentale oltre che di distruzione dello stato sociale. Marx si rivolta nella tomba. Keynes non si dà pace. Se la ride Carlo Cipolla alla conferma delle sue leggi sulla stupidità umana.
Ormai mi annoio a ripeterlo: occorre scegliere tra l’idea d’Europa e la moneta unica perché la prima dentro l’attuale contesto è incompatibile con la seconda. Per salvare l’idea di una unione continentale libera e paritaria occorre liberarsi in maniera consensuale dell’euro, se non altro come divisa corrente, potendo rimanere come punto di riferimento verso l’esterno. Naturalmente i ricchi e coloro che hanno grandi disponibilità liquide, le banche, i potentati finanziari ci perderebbero e quindi si oppongono con tutti i mezzi: le pallide socialdemocrazie, ormai persuase nella loro conversione al mercato totale, che per vincere non bisogna essere troppo a sinistra, non sono state in grado di resistere a queste sirene e ai relativi pourboire. Nella migliore delle ipotesi avevano vagheggiato e tuttora vagheggiano un compromesso che ovviamente ha poco senso: si all’euro, ma fine della politica dell’austerità, come se le due cose fossero indipendenti e prefigurando un futuro di “più Europa” dimenticando o non comprendendo che è proprio la moneta unica a enfatizzare le divisioni già grandi fra le economie del continente, ad essere strutturalmente la ragione di fratture insanabili. Si vende l’idea che togliendo di mezzo il fiscal compact o il pareggio di bilancio in Costituzione e qualche altro ammennicolo tutto sarebbe risolto: ma non è così una sola moneta per economie molto diverse continuerebbe a scavare come il verme nella mela e anche se ipoteticamente si arrivasse a questo risultato si allungherebbe solo l’agonia.
Hollande era stato eletto all’Eliseo proprio grazie a questa illusione, che aveva suscitato speranze anche altrove, ma non è riuscito a mantenerla in parte per il ricatto della finanza, in parte perché non proprio convinto da esse, ma soprattutto perché la promessa stessa era poco sensata e contraddittoria. Dopo appena sei mesi il gioco si è scoperto e il povero Hollande si è rifugiato in una sorta di succedaneo del lepenismo ultra nazionalista, rinunciando a creare un fronte anti Merkel, accettando l’elemosina pelosa di un occhio chiuso di fronte agli sforamenti di deficit francesi, cercando di apparire come un partner della Germania piuttosto che un Paese in difficoltà come l’Italia e non esitando a giocare un ruolo bellicista per affermare la grandeur francese.
Il giochino non ha convinto gli elettori: perché votare socialista quando alla fine Hollande non fa nulla di realmente diverso da Sarkozy e perché accettare la farsa del partenariato fasullo con Berlino che in realtà è una subalternità?. O molto più semplicemente perché andare a votare? Ed ecco il risultato delle amministrative che sono solo un piccolo assaggio di quanto avverrà alle europee. Così grottescamente la destra conservatrice e nazionalista raccoglie i frutti di una opposizione popolare alle ricette della destra conservatrice e reazionaria mondiale, asfitticamente adottate in Europa. Non è certo merito della Le Pen che balza potenzialmente al 45 % o del centro destra francese espressione della piccola borghesia impaurita e sedotta dall’immobilismo, tacita premessa alla speranza che tutto torni come prima: è colpa della sinistra che non è riuscita ad esprimere un’alternativa, nemmeno tattica alle politiche liberistiche ed anzi arrendendovisi a priori e perdendo così ogni credibilità contrattuale.
E dire che da noi la lista più a sinistra (si fa per dire, naturalmente) è ispirata proprio al fumoso hollandismo che dopo l’expoit lepenista non trova altro rimedio che l’ammucchiata con i conservatori e i gollisti. Ci meritiamo tanta fortuna?
“Non credo che la sinistra possa fare nulla….” Quindi rinunciamo a lottare per fermare la catastrofe prossima annunciata. Restiamo imbelli a guardare chi l’avrà vinta fra i Talebani del rigore e i rinvigoriti revanchismi…
Approfitto del fatto che Davide Bellegra sa il greco per indirizzarlo a uno dei più bravi bloggisti greci, se per caso non lo dovesse già conoscere: Giorgos Delaktis. Segnalo per esempio questo recente post: http://www.ethnos.gr/article.asp?catid=22792&subid=2&pubid=63979842
Riassumo il contenuto del post con le mie parole. In esso Delaktis nota che tutta la vicenda dell’aereo malese scomparso non sta in piedi. Non è possibile che quell’aereo non sia stato monitorato e ripreso dai satelliti americani che già da decenni sono in grado di seguire qualsiasi velivolo durante tutto il suo percorso, fosse anche un aeroplanino di carta. Come se non bastasse, nelle vicinanze della rotta seguita dall’aereo c’è la base americana di Diego Garcia che è del tutto off limits. L’ipotesi suggerita da Delaktis è che se per caso l’aereo avesse superato involontariamente la linea di demarcazione con la zona off limits sarebbe stato abbattuto senza rimedio. Ma non arriva a dire che siamo di fronte a un nuovo caso Ustica.
Vero, falso? Io parto dal principio che ogni volta che ci sono degli smaccati tentativi di depistaggio (giornali e TV che straparlano, fanno ipotesi che non reggono in piedi, confondono e caotizzano la pubblica opinione) è ovvia la mano americana. E’ una specie di lugubre trademark che si ripete nel tempo ogni volta che si verificano attentati e altri fatti “strani” (penso in particolare all’attentato spagnolo del marzo di 10 anni fa che fece 300 morti e che è la sagra dei depistaggi, ben al di là di quello che da noi si fece con Ustica). Per cui, anche in assenza di una certezza fattuale, il mio convincimento personale è che l’aereo sia stato abbattuto dagli americani ma, rispetto a quanto affermato prudentemente da Delaktis, azzardo l’ipotesi aggiuntiva che l’abbattimento, se di abbattimento si tratta, non sia stato la conseguenza di un errore del pilota ma di un’azione volontaria nel senso che gli Stati Uniti avevano bisogno di un qualcosa di forte e scioccante che potesse intrattenere l’opinione pubblica per settimane distogliendo parzialmente l’attenzione da quello che sta succedendo in Ukraina e in Crimea, dove si assiste ad una teatralizzazione che si propone di nascondere l’evidente spartizione concordata dell’Ucraina tra Obama e Putin. Gli Stati Uniti non potrebbero mai fare una cosa così? Beh, da una nazione che a fronte di inesistenti armi di distruzione di massa è stata capace di provocare una guerra in Iraq dove sono morti decine di migliaia di civili e migliaia di propri e altrui soldati, cosa volete che sia abbattere un aereo se lo scopo è ritenuto (geo)politicamente corretto?
Non credo che la sinistra possa fare nulla. Il progetto europeo non nasce dall’impulso di mitici padri fondatori, che erano probabilmente gente che doveva solo ascoltare le istruzioni americane e tradurle in accattivante retorica affinché nessuno capisse dove si voleva andare a parare, ma è invece un progetto geopolitico USA volto a impedire il rinascere dell’Europa come potenziale nemico degli Stati Uniti e fondato sulla determinazione di disattivare per sempre il notevole potenziale militare tedesco, francese e di altri paesi europei incanalandolo nella NATO, ossia in un incubatore di progetti autorizzati e definiti dagli Stati Uniti stessi. Europa come longa manus degli USA, insomma, come abbiamo visto con estrema chiarezza nei fatti dell’Ucraina di questi giorni.
Credere che ci siano stati dei padri fondatori dell’Europa animati da nobili ideali è una disastrosa forma di ingenuità che oggi, con tutto quello che sta capitando, non ci possiamo più permettere. D’altronde, però, siamo stati così bene addomesticati che neanche ci accorgiamo dell’anormalità di una, teoricamente, grande potenza come l’Europa che ha un territorio lastricato di basi americane. La Russia ha delle basi americane sul proprio territorio? No. La Cina ha delle basi americane sul proprio territorio? No. Gli Stati Uniti hanno delle basi europee, russe o cinesi sul loro territorio? No. E allora, non ci converrebbe uscire una buona volta dall’equivoco e capire definitivamente, anche se dolorosamente, che l’Europa ha l’enorme problema di non essere più un paese libero? Ed è così, strutturalmente, dal 1945 in poi. Tutto il resto è solo una conseguenza. Pensare che gli Stati Uniti, che controllano l’Europa territorialmente e spionisticamente fino ai boudoirs, potessero lasciarla libera di diventare una grande nazione in competizione con loro stessi è stata la nostra grande ingenuità che, purtroppo, continuiamo a scontare anche adesso con proposte che sono inattuabili perché, per attuarle, bisognerebbe presupporre un continente europeo padrone di sé stesso e non succube. Proprio ora che è arrivato al capolinea il progetto di annessione dell’Europa, come dimostrano i trattati commerciali in discussione che sanzioneranno la fine del modello culturale europeo sostituendolo con quello americano e l’utilizzo smaccato dell’UE in funzione antirussa, siamo lì a gingillarci con l’idea che Tsipras (che personalmente ammiro moltissimo) possa diventare il caposaldo di una via alternativa. No, non esiste una via alternativa al progetto di liberazione dell’Europa dalle grinfie degli Stati Uniti. E’ la nuova Resistenza, quella che però nessuno ha voglia di fare. Neppure Tsipras.
“E dire che da noi la lista più a sinistra (si fa per dire, naturalmente) è ispirata proprio al fumoso hollandismo che dopo l’expoit lepenista non trova altro rimedio che l’ammucchiata con i conservatori e i gollisti. Ci meritiamo tanta fortuna?”
Se il riferimento alla Lista Tsipras questi sono i dieci punti che il leader greco porta avanti per le elezioni europee http://www.albasoggettopoliticonuovo.it/2014/02/i-dieci-punti-di-tsipras/
Niente a che vedere con il “fumoso hollandismo” a cui si riferisce, liquidando così grossolanamente l’unico tentativo serio e realistico di dare vita ad un fronte antiliberista oggi in Europa, senza buttare via il bambino insieme all’acqua sporca. Si può essere d’accordo oppure no, per esempio ritenere che l’Europa non è riformabile, però non si può e non si deve fare disinformazone.
E’ probabile che nella Lista Tsipras italiana ci siano elementi che auspicano una collaborazione con il PSE, ma la sinistra europea, proponendo Tsipras alla presidenza della Commissione, ha inteso esprimere una candidatura ALTERNATIVA al socialdemocratico Schulz, alle politiche neoliberiste, alle larghe intese. Tsipras è presidente di Syriza, partito della sinistra radicale greca che è arrivato al successo elettorale alle ultime politiche greche e probabilmente governerà la Grecia fra qualche mese, proponendo al Paese cavia dell’estremismo neoliberista, una via d’uscita dalla crisi esplicitamente di sinistra, basato su un programma di sinistra.
Questa è l’unicità di Syriza, mentre dappertutto in Europa la lotta alle politiche di austerità coincide con l’ascesa di partiti della destra xenofoba o quanto meno con rigurgiti nazionalisti, in Grecia grazie a Syriza, la critica all’Europa viene da sinistra e riesce a raccogliere consenso. Che va ripetendo Tsipras da quattro anni ? Prima di tutto stop all’austerità e ai memoranda (in Italia si dice spending review ma è, su per giù, la stessa cosa), abbattimento del debito, moratoria sui pagamenti residui, introduzione della clausola che stabilisce che un paese indebitato restituisce solo se la sua economia è in fase di crescita, tassazione delle transazioni finanziarie, trasformazione della BCE in banca europea che presta denaro ai paesi membri, eurobond, revisione dei trattati europei a partire dal Fiscal Compact ecc…ecc..
In qualità di quasi sicuro futuro primo ministro greco, Tsipras spiega che finora in Europa nessuno ha opposto resistenza, che la “διαπραγμάτευση” (trattativa, negoziato) inizia solo adesso e non teme di essere messo alla porta dalla Sig.ra Merkel perchè non conviene a nessuno, soprattutto alla Germania, la fine dell’euro e dell’unione europea.
Ci sono possibilità che riesca a far invertire rotta all’Europa? Sì, se le sue proposte prendono piede anche fuori della Grecia e si allarga la spinta a un nuovo New Deal e allo stop all’austerity. Dipende anche da noi e dalla capacità di proporre questi temi senza cedere a facili soluzioni “sfasciatorie”. Ristrutturare è molto più complesso di demolire, io credo però che ne valga la pena, perchè sarebbe inimmaginabile tornare ad un Europa con i confini segnati da frontiere e dogane, o addirittura dal filo spinato.
L’Unione Europea, grazie alle complicità e alle inettitudine della classe politica, e soprattutto grazie alla mutazione genetica dei socialisti europei trasformatisi in vestali delle teorie mercantiliste, è diventata uno strumento del capitale e delle banche. Si ponga questa sfida la sinistra, farla diventare uno strumento di progresso civile, equità e giustizia sociale.
La sinistra lotti per ridare all’Europa il significato di unione solidale fra popoli come era nelle intenzioni dei suoi padri fondatori.
Cerchi una terza via fra il delirio liberista dell’austerità e il disordinato ritorno ai nazionalismi che l’annienterebbero definitivamente.
“Le Pen che balza potenzialmente al 45 %”
EH?
Si è presentata in 600 comuni su TRENTASEIMILA, va al ballottaggio in soli (considerato che li ha scelti col lanternino per ottenere il risultato di facciata migliore possibile) 260, come può aver preso il 45% (anche facendo finta che gli altri 35.000 comuni non esistano)?
L’ha ribloggato su COSMOPOLITICAMENTEe ha commentato:
Questa Europa ha concesso l’occasione a partiti o movimenti nazionalisti, populisti e anti-europeisti la possibilità di accendere un consenso sulle negligenze del progetto politico continentale, che in realtà è stato piegato alla volontà delle “corti” neoliberiste, creando una creatura che legittima le scelte economiche di pochi paesi, scelte economiche e raramente politiche che ricevono il consenso delle così dette “socialdemocrazie”. Il caso della Francia e del trionfo della destra di Marie Le Pen nelle ultime elezioni amministrative confermano questo preoccupante trend: in Italia? Tutti continuano ad etichettare il Movimento Cinque Stelle come “no euro” ma in realtà il movimento si candida a diventare un controllore della democrazia europea e protettore della causa comunitaria e sussidiaria dell’istituzione europea…
Speriamo che le prossime elezioni europee abbiano lo stesso risultato per il Pd del “cazzaro” parolaio Renzi che non riesce nemmeno ad immaginare cosa sia la socialdemocrazia e nemmeno la democrazia tourcourt!
Su Wikipedia francese, alla voce François Hollande ho trovato questa chicca:
“De 1983 à 1984, il est le directeur de cabinet des deux porte-parole successifs du troisième gouvernement de Pierre Mauroy : Max Gallo et Roland Dumas. Il participe alors à une manipulation politique : à l’instigation de François Mitterrand, Jacques Attali demande à l’éditeur Fayard de publier un pamphlet contre la droite. La tâche est confiée au journaliste André Bercoff, qui publie un livre nommé De la reconquête, sous le pseudonyme de « Caton », un soi-disant dirigeant de la droite. François Hollande apportera à André Bercoff des éléments chiffrés pour la rédaction du livre, et se verra confier, par le journaliste lui-même, la promotion du livre. Dans différentes interviews, François Hollande se fait alors passer pour Caton, le faux dirigeant de la droite.”
Magari qualcuno applaudirà, ma io non amo chi si finge qualcosa che non è con la logica del fine che giustifica i mezzi. Come si vede oggi più chiaramente, in Hollande ha continuato a prevalere la passione dei mezzi su quella del fine e la finzione è stata nel tempo applicata anche alla sua propria parte politica. Peraltro non credo che Hollande oggi sia triste. Se è vera l’interpretazione, da me decisamente sostenuta, della teatralizzazione della crisi europea, l’emergere delle destre in Francia è un fatto voluto e Hollande fa parte di coloro che lo sanno benissimo e, anzi, ricoprono il ruolo di aiuto-regista di Obama con l’incarico di spingere in quella direzione. Normale che i suoi elettori ed estimatori non se ne accorgano, le teatralizzazioni postulano sempre il principio di un’accurata scenografia che nasconda quello che sta succedendo dietro le quinte.