Credo che Grillo passerà una buona domenica. Per quanto possa apparire bizzarro e contraddittorio la minaccia di scissione è per lui una specie di sollievo di fronte a un bivio ineludibile: con tutti quei parlamentari o il M5S si dà una articolazione politica e decisionale assai più complessa dell’indefinito rapporto tra Grillo, gli uomini in parlamento e la base o si polverizzerà in breve tempo. Se invece rimanesse una pattuglia assai più ridotta di fedelissimi, allora sarebbe possibile conservare una struttura indeterminata, anarchica e padronale assieme e tentare di lucrare la sopravvivenza dagli spalti di una opposizione tanto netta, quanto di testimonianza.
Del resto è chiaro che la rappresentanza attuale, benché conquistata a febbraio, si sta rivelando molto sovradimensionata rispetto alla forza reale del M5S, depositario di un voto per così dire “sperimentale” già bruciato e questo acuisce le forze centrifughe. La tesi secondo cui il voto amministrativo non può essere comparato a quello politico, ereditato in via diretta dall’armamentario politichese più vieto e scontato, ha poco valore perché il movimento ha il suo punto di forza sta proprio nei gruppi locali e nel dibattito sui problemi territoriali in qualche modo incollati assieme in una sorta di patchwork dallo straordinario megafono di Grillo. E’ in sede locale che i cinque stelle hanno avuto i loro primi successi ed è anche lì, in questo punto focale, che si rivela anche l’attrito politico tra Grillo e parte della base più evoluta: la gestione del territorio, la difesa dei beni comuni e dell’ambiente, la riscoperta della comunità e dunque anche della solidarietà sono oggi – e non solo in Italia – la miscela di un pensiero potenzialmente antagonista che non può essere scambiato o barattato con la semplice opposizione a una “casta” e alle sue malefatte e cialtronerie, come se questo non fosse l’effetto di un’idea di società diseguale, ma solo un tralignamento, un marciume occasionale e superabile all’interno delle stesse regole.
C’è, al fondo, una certa incomunicabilità tra Grillo, il guru Casaleggio, la piccola base e l’enorme elettorato che finisce per riverberarsi nelle vicende di questi giorni e che del resto ha anche la sua paradossale prova del nove nella noncuranza che la macchina comunicativa del movimento riserva all’operato dei propri gruppi alla Camera e al Senato. Grillo stesso quando ha commesso l’errore fatale di lasciar passare l’inciucio e ciò che esso comporta, naviga a vista, secondo che avvinghia, tra un Parlamento che potrebbe fare anche a meno del governo a un Parlamento che non conta nulla.
Per questo con meno parlamentari, perdendo via via quelli meno malleabili, più politicamente formati o anche più furbetti – c’è di tutto ovviamente – la balzana coerenza di Grillo può tornare ad essere coerente con la situazione globale di un Paese ormai governato da potentati interni o esterni e nel quale c’è un partito inesistente come il Pdl, un partito imploso come il Pd e un movimento in via di disgregazione come il cinque stelle. Sarà la materia oscura che si muove dentro le vite dei cittadini a definire come avverrà il collasso finale.
Il movimento per distruggersi non ha bisogno dell’aiuto di nessuno. Se attacchi mediatico ci sono, c’erano anche prima e pure più violenti di adesso. La differenza tra oggi e ieri sta nel fatto che ora gli elettori constatano la differenza tra promesse e fatti, e ha constatato che risulta dello stesso ordine di grandezza di quello dei partiti tradizionali, con in più un sacco di cose anche peggiori, sarebbe a dire la presenza di una retorica fascista strisciante.
nell’ultima frase ti sei dimenticato di chi fa di tutto per distruggere l’unico movimento di rottura dal sistema partitico che ha governato l’italia negli ultimi 50 anni.