C’è una frase dello scrittore Michael Crichton, autore di Jurassic Park e produttore di  medici in prima linea, che è di grande attualità: “Storicamente, la pretesa del consenso è il primo rifugio dei furfanti; è un modo per evitare il dibattito sostenendo che la questione è già risolta. Ogni volta che si parla del consenso degli scienziati su qualcosa o sull’altro, stai attento al tuo portafoglio. Sia chiaro: il lavoro della scienza non ha nulla a che fare con il consenso. Il consenso è affare della politica”. Ed è proprio questo il problema che viviamo: quello di scambiare delle azioni politiche con qualcosa che abbia a che vedere con la conoscenza medica o climatica tanto per prendere i temi del momento. Ma in realtà è l’informazione che decide cosa sia vero o meno, quale scienziato ascoltare, quale tesi sia quella accreditabile e via dicendo: così abbiamo l’idea che una fantomatica comunità scientifica sia compatta nel asserire qualcosa. Così il dogma della Co2 come agente principale di una imminente catastrofe climatica esiste solo nei media mainstream che lo diffondono facendo credere che tutti i ricercatori siano d’accordo quando è vero piuttosto il contrario come  si può leggere in un post precedente. In realtà è solo un gruppo ristretto e politicizzato di ricercatori che sotto l’egida dell’Onu e di finanziamenti privati – una sorta di riedizione dell’Oms-  a conservare questa visione, sostenuta fra l’altro con metodi matematici piuttosto arretrati,  che incolpa unicamente le attività antropiche di un cambiamento climatico che peraltro è la regola. Così si evita sempre di parlare delle ipotesi o dei risultati delle ricerche  che mettono in crisi questo ruolo dell’anidride carbonica funzionale a una gigantesca ristrutturazione produttiva e  dunque anche sociale imposta ancora una volta tramite l’emergenza e la paura. Così per esempio è del tutto sconosciuta al normale lettore lo studio di Demetris Koutsoyiannis e Zbigniew Kundzewicz che hanno sequenziato i cambiamenti delle temperature e dei tassi di crescita della Co2 dal 1980 al 2019 da fonti ampiamente disponibili e hanno scoperto che i valori dell’ anidride carbonica sono sempre in ritardo rispetto alla temperatura di circa sei mesi. Il punto ovvio è che il tentativo di dimostrare la causalità – come fanno gli allarmisti climatici sostenendo che gli aumenti di temperatura sono il risultato di aumenti di Co2 causati dall’uomo – cade completamente dal momento che la causa di un qualunque fenomeno non può arrivare dopo l’effetto.

In realtà l’ipotesi principale della scienza climatica per quanto riguarda questo gas serra è che l’aumento di temperatura favorisce l’aumento della Co2 e non viceversa: più è caldo e più i processi della biomassa accelerano  producendo più anidride carbonica, mentre una maggiore quantità di questo gas viene ceduta all’atmosfera dagli oceani. Molte ricerche lo confermano non ultima quella del 2015 guidata  dal professor Ole Humlum dell’Università di Oslo ha riscontrato uno sfasamento mensile simile tra Co2 e temperatura. Ancora una volta, utilizzando una selezione di set di dati ampiamente disponibili per il periodo dal 1980 al 2011, i ricercatori hanno scoperto che i cambiamenti di concentrazione di questo gas  sono sempre in ritardo rispetto ai cambiamenti di temperatura. Tale ritardo è stato di circa 9-10 mesi per le temperature dell’aria superficiale globale e di circa nove mesi per le temperature più basse della troposfera. Del resto tutte le ricerche paleoclimatiche hanno stabilito che non esiste una correlazione causale tra quantità di Co2 e temperatura,  come si può vedere dalla tabella qui a fianco che tra l’altro mostra come la maggiore concentrazione di Co2 si è avuta proprio all’inizio della vita pluricellulare così come la conosciamo. Quindi la tesi catastrofista può essere sostenuta solo attraverso dei salti mortali o l’abilità funanbolica nel cambiare le carte in tavola. Per esempio  Peter Hildebrand, direttore della Earth Science Division che fa parte della Nasa ha sostenuto che nell’era preindustriale effettivamente l’anidride carbonica aumentava in seguito  a un aumento di temperatura e viceversa mentre nell’era post industriale accade il contrario. Insomma la fisica sarebbe cambiata, immagino grazie ai molti contributi che la Nasa raccoglie dai sostenitori del catastrofismo da reset, tanto che si potrebbe probabilmente stabilire che l’aumento di temperatura più che alla quantità di Co2 sia in relazione alle alle  donazioni a centri e gruppi di studio molto vicini al potere. Del resto il 50 per cento delle temperature, non è misurato, ma solo stimato e lascio a voi immaginare cosa questo possa significare.

Esistono anche autorevoli studi secondo i quali, anche ipotizzando un ruolo della Co2 sulla temperature, dimostrano che questo effetto non è proporzionale ma diminuisce man man che la concentrazione aumenta. Valga per tutti lo studio dei fisici William Happer e William van Wijngaarden dell’Università di Princeton, i quali hanno dimostrato che sia la Co2 che il vapore acqueo (il maggiore gas serra della pianeta) oltre un certo grado di concentrazione divengono “saturi”. Si tratta di una ricerca molto complessa da cui si vede come oltre una certa concentrazione tutto il calore assorbito dai gas serra venga ceduto all’atmosfera e venga dunque disperso, il che significa che a questo punto gli aumenti di temperatura hanno altre cause. Ma queste non interessano affatto ai capitalisti della catastrofe annunciata,. evitando accuratamente di citare la catastrofe cera, ossia quella ambientale dovuta ai veleni che immettiamo sulla terra e negli ocean non certo all’innocua Co2.