Non c’è dubbio che siamo di fronte a un cambiamento climatico come del resto ogni anno da circa 3 miliardi anni: il cambiamento è l’essenza stessa del clima, anche se adesso questa ovvietà viene spacciata come nuovo allarme planetario.  E tuttavia fare del catastrofismo su un ipotetico riscaldamento globale di origine antropica che dovrebbe distruggere il pianeta, se non si risparmia Co2, è la terza grande narrazione dopo la pandemia artificialmente esaltata e la guerra  lucidamente voluta a ogni costo: si tratta del completamento del grande reset destinato a rendere virtuoso l’impoverimento e la disoccupazione per salvare il pianeta. Naturalmente niente di tutto questo è vero, corrisponde solo a una ideologia catastrofista che i temi ambientali hanno assunto fin dall’esordio negli anni ’60 e per una buona ragione: il catastrofismo può essere gestito in maniera ottimale sia per rendere marginali le sue tesi come è stato per molti decenni ,sia per trasformarlo in un arma di persuasione di massa. Ce ne siamo accorti con la pandemia e ce ne accorgeremo anche di più con le questione climatiche che alla fine non sono altro che un modello di business. Se ci sono molte buone ragioni per temere l’inquinamento degli oceani e dei terreni , ci sono un’enormità di ragioni per dubitare concretamente di un influsso catastrofico delle attività umane sul clima: di certo la quantità di Co2 di origine antropica non può giustificare un riscaldamento globale che peraltro non è nemmeno arrivato ai picchi storici già conosciuti di etò romana e medioevale e forse è assai inferiore a quello che si fa credere  visto che la metà delle temperature che vengono raccolte ogni giorno non sono reali, ma “interpretate” e che ci troviamo ormai alla terza revisione generale delle temperature dopo che le curve tendenziali non hanno dato i risultati attesi.

Si tratta ovviamente di cose molto complesse che avrebbero bisogno di almeno una decina di post solo per essere delineate, ma il compito che mi sono dato è solo quello di demistificare la radice della credibilità del riscaldamento globale tendenzialmente infinto che è davvero un’ipotesi priva di costrutto: essa si fonda sostanzialmente sull’affermazione che il 97% degli scienziati concorda sul fatto che il cambiamento climatico è causato dall’uomo. Questo di per sé potrebbe non significare nulla: dopotutto nel 1904 un anno prima dell’uscita delle relatività ristretta il 100 per cento dei fisici credeva che spazio e e tempo fossero assoluti, ma non c’è dubbio che tanta unanimità, peraltro spesso citata, abbia un  suo ruolo nel cancellare i dubbi e per indurre anche il più scettico a farsi delle domande. Se non fosse che questa quasi unanimità è un clamoroso falso.

La cifra di consenso del 97% proviene da un meta-studio del 2013 e da allora ci è stata presentata come una verità indiscutibile. In questo meta-studio, un certo John Cook del Center for Climate Change Communicationm, un vero agit prop più che un vero scienziato ha esaminato quasi 12.000 documenti di ricerca sui temi del clima e dell’ambiente per vedere se incolpano o meno gli esseri umani per il cambiamento climatico. E secondo Cook il 97 per cento degli studi e dei documenti sarebbe d’accordo sul fatto che il riscaldamento ha una causa antropica. Si tratta di una bugia di indescrivibile audacia perché in realtà come vedremo solo  lo 0,54% dei lavori è dell’opinione che gli esseri umani siano all’origine di almeno il 50% del cambiamento climatico. Come è stata possibile questa vera e propria truffa che immagino sarà stata adeguatamente compensata? Un po’ utilizzando gli stessi sistemi che servono a truccare i sondaggi e fidandosi del fatto che pochi vanno a controllare una tesi ampiamente pubblicizzata ha fatto sì che una simile castroneria sia passata indenne attraverso un decennio. Dunque Cook aveva classificato i quasi 12 mila documenti in sette categorie, francamente arbitrarie e non sempre deducibili dalle ricerche studiate, ma ad ogni buon conto erano queste:

La categoria 1 prevede che gli esseri umani sono responsabili di oltre il 50% del cambiamento
La categoria 2 rende gli  umani responsabili, ma non specifica in che misura.
La categoria 3  vede l’uomo almeno un po’ responsabile.
La categoria 4 non commenta l’influenza umana sul clima.
La categoria 5 è più contraria che favorevole all’influenza umana.
La categoria 6  raccoglie chi è ancora più contrario più contrario all’influenza umana.
La categoria 7 si oppone all’influenza umana, affermando che tale influenza è inferiore al 50%.

Come si può vedere  le categorie reali in questa suddivisione sono solo tre: Categoria 1: Gli esseri umani sono responsabili per più del 50%, Categoria 2: Nessuna informazione sull’influenza umana, Categoria 3: Gli esseri umani sono responsabili per meno del 50%. Le altre quattro categorie senza percentuali chiare si sovrappongono inevitabilmente e questo apre la porta alla manipolazione, perché si può orientare il giudizio nella direzione più opportuna per i propri scopi. Ma basta scaricare i dati grezzi per accorgersi che le varie categorie contengono diverse percentuali di documenti e precisamente:

Categoria 1 : 64 opere, ovvero 0,54%
Categoria 2 : 922 opere, ovvero 7,72%
Categoria 3 : 2.910 opere, ovvero 24,36%
Categoria 4 : 7.970 opere, ovvero 66,73%
Categoria 5 : 54 opere, ovvero 0,45%
Categoria 6 : 15 opere , ovvero 0,13%
Categoria 7 : 9 opere, ovvero 0,08%

In realtà solo lo 0, 54 per cento delle ricerche climatologiche dice che l’influsso antropico sul clima supera il 50% ed è decisivo. Ma allora da dove salta fuori l’accordo del 97 percento sul cambiamento climatico causato dall’uomo? E’ abbastanza semplice e totalmente truffaldino: prima si calcolano le 7.790 opere della categoria 4, ovvero quelle che non si esprimono sul ruolo antropico e vengono quindi messe da parte come se fossero schede bianche in una votazione, nonostante rappresentino la assoluta maggioranza degli studi. Siccome solo 64 dei 3.974 studi rimanenti sono dell’opinione che gli esseri umani siano responsabili di oltre il 50 per cento del cambiamento climatico i fa finta che anche le categorie 2 e 3 .che in realtà ipotizzano solo un ruolo marginale e comunque indefinito siano assimilabili alla categoria 1 portando il totale a 3896 studi , cui  si oppongono sole le 78 ricerche che escludono un ruolo antropico.

Insomma un trucchetto per non  dire che solo una infima parte degli scienziati climatici crede davvero a un ruolo antropico così importante come è quello presupposto dalle varie misure anti Co2  formulati dalla Ue, dai suoi incalliti truffatori., dai suoi registi sociali, dalle sue vergini di ferro.