Anna Lombroso per il Simplicissimus

Siccome tutto fa spettacolo, ormai uno dei miti fondativi dell’ideologia dominante, la Concorrenza, si presenta con i caratteri del concorso a premi dove a vincere sono sempre gli stessi, multinazionali, imprese strutturate intente a cannibalizzare e integrare soggetti “minori” con le procedure tipiche delle organizzazioni criminali e cioè concorrendo a indebitarle per poi infiltrarle  e assorbirle a basso prezzo, collaudate intese estemporanee di aziende.

Non a caso le misure per promuoverla vanno di pari passo con quelle di un’altra idealizzazione leggendaria, la Semplificazione,  destinata a tradursi in sregolatezza per i ricchi e spietati e in complicazione per i cittadini, grazie a norme che negli anni hanno provveduto smantellare la rete della sorveglianza, a agevolare l’opacità e l’arbitrarietà delle procedure di incarico e appalto e ora a mettere la digitalizzazione al servizio  del controllo sui soggetti molesti e del rispetto delle prerogative di privacy, riservatezza e segreto industriale dei soggetti graditi al sistema, con le stesse modalità in uso nelle istituzioni bancarie.

Così per semplificare le regole, possiamo immaginare che i concorrenti del quiz arrivino con le risposte pronte, in modo da aggiudicarsi il premio degli appalti “raccomandati” e della privatizzazione completa dei servizi pubblici, propagandata per il suo elevato valore aggiunto morale al fine di “rimuovere gli ostacoli all’apertura dei mercati (…) per rafforzare la giustizia sociale, la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici, la tutela dell’ambiente e il diritto alla salute dei cittadini”.

Non c’è atto del governo, non c’è esternazione confindustriale, non c’è pastorale dalle colonne infami dei giornaloni che non sia segnata da una sfrontata dimostrazione di impunità:  mai come in questo periodo si è avuta la rivelazione dei danni che la teocrazia del mercato ha prodotto nella società. Eppure proprio i due settori nei quali è più palese la volontà distruttiva, sanità e ambiente, sono quelli più tenacemente occupati militarmente e culturalmente  dal suo dominio egemonico che si appropria di beni comuni, espropria i cittadini, anche facendo sue parole d’ordine e bandiere, monetizza le risorse, propone soluzione commerciali ai problemi che la mercatizzazione ha creato.

In questi giorni è diventato oggetto di satira la pensata del neo sindaco di Roma (ne ho scritto qui: https://ilsimplicissimus2.com/2021/11/21/ama-roma-ma-solo-fino-al-9-gennaio-156992/           ) che ha realizzato il sogno del clientelismo a norma di legge e dell’onestà a punti, concedendo una mancia agli operatori ecologici dell’Ama che terranno fede fino al 9 gennaio al giuramento di non ammalarsi, chiamandola “premio di produttività”. Salta agli occhi che si tratta dell’applicazione delle leggi non scritte in vigore nelle più sgangherate imprese nazionali che da un lato si tengono buoni specifici quadri aziendali e dall’altro alimentano la sfiducia dei cittadini al fine di orientarli verso i più “efficienti” operatori privati.

Ormai irriguardosi di ogni limite, perfino quelli del buon gusto, gli operosi manutengoli dell’Europa si prodigano per completare il processo iniziato nei primi anni Novanta quello della svendita delpaese pezzo per pezzo,   approfittando del doveroso adeguamento alle condizioni imposte per accedere al Next Generation Ue, tanto che per la prima volta esplicitamente  si parla di tutti i servizi pubblici senza eccezione, dall’acqua alla telefonia oggi sotto i riflettori per la “cessione” definitiva di Tim.

Così adesso è chiaro per tutti che  la strategia di regolazione e promozione della Concorrenza è pensata per proteggere il Capitalismo dai contendenti pubblici, che devono essere definitivamente esclusi perfino dalla gestione dei “monopoli naturali”, e  poco conta  che l’esperienza abbia accertato  i danni che produce, sia quando è il privato a realizzare interventi e opere che quando ha in affidamento al gestione, come è accaduto nel caso del Ponte Morandi, quando il soggetto gestore è venuto meno agli obblighi contrattuali della manutenzione e della vigilanza, attribuendo poi le colpe allo Stato che non ha esercitato il doveroso controllo.

Ormai la pratica di “esternalizzazione” è generalizzata e diventerà dominante proprio in ossequio alle condizioni imposte dall’Europa, estesa agli asili, alle case di riposo, alle strutture per i soggetti fragili, dati in concessione al Terzo Settore, esonerato da obblighi in capo ai soggetti pubblici per quanto riguarda i contratti di lavoro e l’impiego di personale volontario, così come dall’impegno economico e organizzativo di una manutenzione sottoposta a sorveglianza, eluso grazie a regimi “speciali”, quelli “creativi” e dinamici del Ministro Brunetta che ha stabilito a norma di legge l’educata annunciazione preventiva delle visite di controllo nelle imprese.

E’ l’ipocrisia il bastone che tiene dritti questi tetri pupazzi: in questo caso consiste nel continuo riferimento alle misure intese a favorire la partecipazione dei cittadini alla definizione della qualità, degli obiettivi e dei costi dei servizi, una benevola concessione che si scontra con gli ostacoli frapposti alla possibilità che un ente locale pretenda di mantenere la gestione di un servizio per la collettività, costretto  a motivare anticipatamente il mancato ricorso al mercato, sottoponendo le ragioni della decisine alla valutazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, insieme alla corretta previsione dei sistemi di monitoraggio dei costi e alle procedure identificate per la revisione periodica della riuscita dell’autoproduzione.

Il principio ispiratore, condiviso peraltro dai primi cittadini in forma bipartisan ammesso che questa definizione abbia un senso in presenza di un Partito Unico, è che i servizi per la collettività devono essere redditizi, dare profitti economici anche a costo di un incremento delle tariffe e di una diminuzione della qualità delle prestazioni.

Se nutrite già una varietà di paure potreste aggiungere il timore che Draghi si accontenti del premierato in attesa di promozione extra-provinciali e salga al Colle Prodi. Pensate che tandem, il mozzo servile del Britannia e l’artefice all’inizio dello smantellamento dell’Iri, Ente che contava 500.000 dipendenti e che controllava Alitalia, Autostrade, Finmeccanica, Fincantieri e Aeroporti di Roma, immessi sul mercato ad uno ad uno nel disegno della svendita del Paese.

L’outlet italiano proseguiva poi con le banche:  Credit (Credito Italiano), IMI,  Commerciale Italiana (Comit), San Paolo, mentre viene avviata la fertile fase della privatizzazione dei servizi pubblici locali grazie alla costituzione di società per azioni alle quali  i Comuni possono partecipare solo con quote minoritarie.

E se il 1998 è segnato della liberalizzazione della telefonia fissa e dalla smembramento delle Ferrovie dello Stato,  l’anno dopo è quello della privatizzazione dell’Enel, investito dalla conversione delle riforme strutturali in controriforme progressiste grazie all’abiura prevedibile della sinistra di “governo”, incarnata da D’Alema che sancisce la trasformazione delle municipalizzate che in regime monopolistico fornivano acqua, gas, elettricità, trasporti e rifiuti in imprese private.

E per dare anche la doverosa ribalta al progetto che Prodi aveva definito da una tribuna ufficiale lo smantellamento dell’Italia “pezzo per pezzo”, la legge Maccanico, combattivo repubblicano d’antan, spalanca le porte alla privatizzazione della Rai per salvare della concorrenza l’impero berlusconiano.

Allo stesso modo il “fenomeno” investe la cultura, con la legge sull’autonomia scolastica non sorprendentemente frutto dell’immaginazione di un esponente ex comunista che ratifica la parificazione tra istruzione pubblica e privata, e, ovviamente, la sanità, fino all’apoteosi della prima austerità, i decreti Balduzzi e “Cresci Italia”  con i tagli da 10 miliardi del Fondo sanitario, decisi in felice concomitanza  temporale e non casuale con l’introduzione nella Costituzione del pareggio di bilancio.

E c’è da aver paura anche dei sacerdoti dell’immunizzazione di regime che alle manifestazioni inalberano il cartello «Più sanità pubblica, meno libertà individuale», la loro solidarietà pelosa e la loro coesione farlocca puzzano lontano un miglio e per vedere da dove arriva il messaggio basta seguire i soldi come si diceva a proposito di altre mafie.