Si sa che nel greco antico il prefisso “eu” significa bene, buono o addirittura vero, indica insomma qualcosa di positivo, ma disgraziatamente questo non vale per l’oggi e per Europa, visto che ormai il moderno prefisso eu che indica tutto ciò che ha a che fare con l’omonimo continente e soprattutto con le sue istituzioni sovranazionali  va di solito ad indicare vicende e prospettive negative, nonostante gli immani sforzi della pubblicistica ufficiale. E non passa giorno che questo prefisso non colpisca alle parti vitali il nostro Paese o la democrazia in genere o il concetto di uguaglianza, di rappresentanza o i diritti, flagellando chi ancora pensa che Bruxelles possa essere una garanzia di libertà e di giustizia. Così non possiamo stupirci se la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) con sede a Strasburgo ( benché non sia uno strumento che fa parte dell’Unione)  ha stabilito che le vaccinazioni obbligatorie sono legali e possono essere tassative nelle società democratiche. La sentenza è arrivata a seguito della conclusione di una denuncia presentata al tribunale da famiglie ceche in merito a dosi obbligatorie per i bambini. “Le misure potrebbero essere considerate ‘necessarie in una società democratica’”, si legge nella sentenza del tribunale.

E’ del tutto evidente che la sentenza della corte per i diritti dell’uomo viola tutti i diritti dell’uomo fino a qui stabiliti, in primis il diritto di autodeterminazione del trattamento sanitario ed è solo un’espressione della volontà  della maggioranza degli stati non più sovrani rispetto ai poteri economici che ormai hanno aderito alla mistificazione pandemico – vaccinale come mezzo per arrivare a una nuova normalità.   Né si tratta di una sentenza che abbia un qualche senso nel merito specifico della questione perché i vaccini contro il coronavirus, tanto per fare un esempio,  non impediscono alla persona che abbia subito il trattamento di poter infettare altri e di poter essere infettato. Visto che poi la gravità e gli effetti  del covid 19 sono perfettamente sovrapponibili a quelli delle altre sindromi influenzali non si capisce da cosa nasca questa sentenza, anche perché non viene spiegato cosa significhi specificamente che una vaccinazione può essere “necessaria in una società democratica” né a quali condizioni, modalità e precauzioni lo possa essere. Nemmeno viene minimamente presa in considerazione l’ipotesi che i vaccini possano avere reazioni avverse che per certe fasce di popolazione rischiano di essere più numerose e gravi degli effetti stessi della malattia che si vorrebbe combattere. Si tratta di discussioni pienamente in essere proprio in ambito scientifico e che valgono per parecchi vaccini. Ma è proprio questo rifiuto della razionalità, presente in questa sentenza, come in tutta la narrazione pandemica, che si configura come una forma di gratuita e inammissibile violenza.  Si potrebbe perciò pensare che questa sentenza sia un festival di parole giustapposte a casaccio per dare manforte a una tesi delirante e per qualche verso è così, ma il fatto è che la sentenza non riguarda specificamente il vaccino Covid, ma tutti i vaccini a prescindere, mettendo così le basi per una vaccinazione infinta e totalitaria le cui conseguenze potrebbero anche essere catastrofiche dal punto di vista sanitario, ma di certo lo sarebbero dal punto di vista delle libertà e anche  di una vera e concreta socialità, stabilendo che il potere ha un diritto assoluto anche sui singoli corpi.

Così ancora una volta quella particella eu viene a rappresentare la vergogna di un costrutto continentale ridottosi ad essere una tana di lobbismo a tutti i livelli, completamente isolato dai cittadini, difeso da una barriera di politicanti nazionali e locali ricattabili, completamente privo di quei bilanciamenti che persino negli Usa esistono. Insomma un organismo che rappresenta a pieno  l’oltranzismo post democratico di stampo globalista. E giocando sulle parole si potrebbe anche riconoscere una sindrome specifica:  il mal d’Eu.