Quante volte abbiamo sentito fare previsioni politiche e persino ragionamenti sociali sulla base delle puntate degli scommettitori o delle tendenze di qualche settore di mercato nella convinzione che questo riflettesse in qualche modo la realtà ? Molte volte anzi troppe, ma guarda caso non quando questo servirebbe davvero a capire qualcosa e a far tacere gli imbonitori. Per esempio si potrebbe pensare che durante la pandemia narrata le compagnie di assicurazione sulla vita fossero corse ai ripari per evitare gravi perdite da Covid-19 e in effetti l’anno scorso quando cominciava a montare l’isteria molte compagnie, almeno in Nordamerica dove è uscito ora uno studio in merito, avevano annunciato di voler ridurre le somme di copertura offerta dalle polizze, ma col passare del tempo nonostante l’allarmismo sempre più forte di tutto questo non si è più sentito parlare. Una cosa davvero singolare visto che tutti sappiamo come le compagnie assicurative approfittino di qualsiasi pretesto per alzare i premi e/o diminuire le prestazioni e invece paradossalmente ciò non è accaduto, quasi che le assicurazioni avessero dati del tutto difformi da quelle che venivano dati in pasto a un pubblico impaurito.
Cosa ancora più straordinaria le nuove sottoscrizioni e i rinnovi delle polizze non hanno comportato un test sul Covid 19 quando spesso in Usa qualsiasi buco nella documentazione sanitaria deve essere riempito. Davvero inspiegabile: la pandemia più letale da un secolo a questa parte si abbatte sul pianeta, provocando un numero straordinario di morti e minacciando di proseguire la propria avanzata a cavallo delle temibili “varianti”, ma parrebbe che alle compagnie di assicurazione sulla vita nulla potrebbe importare di meno. Infatti neanche i tassi per mille sulla copertura sono aumentati con il Covid 19 e sono rimasti più o meni gli stessi di prima della pandemia. Il fatto che le assicurazioni sulla vita in Usa trattino il Covid come un non-evento è un indicatore fin troppo convincente che qualcosa non funziona nell’intera narrativa pandemica e così mi proverò a fare la parte di un immaginario consigliori che sussurra alle orecchie delle compagnie per suggerire che a morire, al di là della manipolazione delle dichiarazioni di morte, dei tamponi fasulli e degli allarmi strillati, sarebbe stata colpita solo la fascia più anziana della popolazione e tra questa quella meno abbiente e dunque anche la meno tutelata, quella che non ha mai avuto un’assicurazione sulla vita o che l’ha incassata ormai da anni per sopravvivere con pensioni al limite della sopravvivenza; che nessuno in età lavorativa e in condizioni economiche tali da poter affrontare il costo di un’assicurazione sulla vita, sarebbe davvero morto per la pandemia. Per di più i soli non anziani che potevano andare incontro a qualche rischio statistico meno che puramente ipotetico erano quelli che avevano gravi patologie e a quelli l’assicurazione non si fa a meno di prezzi che solo i ricchi possono pagare, ma non pagano perché tanto sono già ricchi e se ne fregano.
Ceto anche così la tentazione di sfruttare il Covid per alzare i premi sarebbe stata irresistibile, tanto più che le assicurazioni hanno sfruttato qualsiasi pretesto per farlo se non fosse che la perdita generalizzata del lavoro e la caduta del reddito dopo le inutili misure per fermare la pandemia avrebbe rischiato di fermare la vendita delle polizze e/o di provocare un’ondata di disdette e di richieste di riduzione delle prestazioni. Meglio lasciar perdere, fare i pesci in barile, tanto più che le assicurazioni sono tutt’uno con il mondo bancario e finanziario del risparmio gestito che ha una grossa parte nella narrazione pandemica essendo inestricabilmente legato a Big Pharma e Big Tech. In un certo senso mai assicurare la propria vita è stata così a buon mercato in un momento in cui ci viene detto che siamo a rischi costante anche per un nonnulla. Ma quello si sa: un’assicurazione contro l’allungamento del naso se la possono permettere solo i Bill Gates.
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