La bilancia truccata è uno dei topoi della truffa, di quelli che s’imparavano da bambini partendo da Brenno e che trovavano la loro concretizzazione in età adulta dal verdumaio e oggi dal compro oro. L’esattezza della misura è del resto la base stessa su cui poggiavano le civiltà agricole, è stata la spinta decisiva per la creazione della scrittura oltre che per la nascita della matematica e della geometria ed è diventata ancor più vitale nell’era industriale e in quella delle comunicazioni.
Esigiamo che la bilancia dell’esercente, la pompa del benzinaio, l’etichetta del peso, il calcoli del gestore di telefonia e quelle del consumo di gas restituiscano misure più vicine possibile alla realtà, ma non possiamo in nessun modo pretendere che siano esatte anche le misure della forma di energia più utilizzata, ossia quelle dell’energia elettrica. Ed è una delle dimostrazioni della sostanzialità illegalità in cui vive un Paese dove le leggi sono fatte rispettare “a la carte”, specie quando sono coinvolti soggetti potenti e assai generosi verso il “personale politico” e quello amministrativo. Una situazione divenuta ormai così “normale” che non suscita nessun allarme ciò che in qualsiasi parte del mondo costituirebbe uno scandalo di proporzioni gigantesche: il fatto che il 90 per cento dei cittadini paga le proprie bollette elettriche sulla base di consumi rilevati da strumenti non omologati, non testati o controllati da nessuno e che per quanto ne sappiamo potrebbero essere anche tarati per ottenere misure molto superiori al reale o anche presentare volute difformità tra un consumatore e l’altro.
Oddio la legge c’è ed è chiarissima: “Ogni convenzione di quantità deve essere fatta con pesi e misure legali” e per ovvi motivi non solo in Italia, ma in tutta Europa e mi spingo a dire nel mondo non sono previste eccezioni. Non sono previste in termini di legalità generale, ma in quella giungla sottobanco che sono le normative e i regolamenti di attuazione ideati per gabbare lo santo, si possono far rientrare dalla finestra. Così tutti i contatori elettronici montanti dall’Enel ( e costruiti in Cina tanto per far lavorare le aziende italiane) non sono mai stati omologati o controllati da un qualunque ente terzo, tanto meno dall’Ufficio Metrico o dall l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas e opportunamente definiti dal ministero delle Attività produttive come “elettrodomestici”. Per la verità c’era fin dal 2004 una direttiva europea che esigeva un rigido iter di omologazione, ma l’Italia ha aspettato fino al 2007 per recepirla e per dire che comunque gli apparecchi installati prima del novembre 2006 non dovevano passare sotto alcun esame.
Naturalmente a quel punto l’Enel e anche gli altri gestori avevano già installato la stragrande maggioranza dei nuovi contatori che quindi rimarranno lì a vita e di fatto senza alcuna manutenzione. Vi risparmierò tutte le anguillesche pezze parolaie messe a nascondere questo sfregio alla più elementare legalità: rimane il fatto assurdo che sul pianeta Italia, un strumento di misura digitale è omologato su domanda del fabbricante, ma se quest’ultimo non la fa può tranquillamente distribuire il suo prodotto, anzi in questo caso il suo elettrodomestico. Così un atto che dovrebbe essere sanzionato, diviene invece il cavallo di troia con cui installare prodotti senza alcun controllo. Del resto dopo aver recepito nel 2007 le normative in merito, manca ancora un decreto che stabilisca le modalità di esecuzione dei controlli metrologici sui contatori elettrici in uso. E se il futuro è incerto e nebuloso in ogni direzione, almeno su una cosa si può davvero contare e giurare: che non uscirà mai.
Certo fossimo altrove già da molti anni ci sarebbe stato lo sciopero della bolletta, pretendendo l’omologazione degli apparecchi e dunque il ripristino della legalità: lo avrebbero magari organizzato associazioni di consumatori serie e non bramose principalmente di conquistarsi posti al sole per i dirigenti. Forse si potrebbe tentare il fai da te, se non fossimo ormai diseducati come cittadini e così inclini alla pigrizia della sudditanza. Altro che guerrieri della minchia.
Oramai gli italiani sono “I Vinti” di G. Verga. Siamo convinti di uscire sconfitti da ogni tipo di lotta e ci siamo arresi ad ogni tipo di danno o di truffa perpetrata a nostro carico anche dallo Stato stesso.
Stato complice degli eventuali truffatori!
L’articolo suggerito non descrive nulla di nuovo riguardo alle azioni di lobbying esercitate dalle multinazionali sui politici.
L’attività di pressione politica volta alla tutela degli interessi dei cittadini è già esercitata da varie ONG, per esempio:
http://www.greenpeace.it/inquinamento/rifiuti.htm
http://www.greenpeace.it/inquinamento/La%20pressione%20politica.pdf
da quest’ultimo documento è tratto il seguente passo:
“C’è poi un altro concetto di lobby, quello praticato delle Organizzazioni Non Governative (ONG). E’ una lobby finalizzata al motivo opposto di quella tradizionale, ossia non per proteggere gli interessi di gruppo, ma per esigere che sia salvaguardato l’interesse della collettività. E’ un tipo di pressione positiva, differente anche nei metodi, in quanto non può far sua la regola secondo cui il fine giustifica i mezzi. Coloro che fanno lobbying per un’associazione devono essere trasparenti e rispondere alla struttura per la quale lavorano.”
Questo tipo di lobbying non ha neanche necessità della segretezza ma ha bisogno del sufficiente peso dei politici di riferimento. Il 25% dei voti degli italiani raccolto dal M5S non è ancora sufficiente, la musica cambierà quando arriverà al 35%.
Giusto per far capire che cos’è il lobbismo a chi non sa come funziona, suggerisco questo articolo di oggi sul “Times of India”, che si riferisce agli sforzi che sta facendo la catena di supermercati Wal-Mart per convincere il governo statunitense a fare pressioni sull’India per poter entrare definitivamente nel mercato indiano dove l’ingresso del gigante retail sta avvenendo ma non alla velocità voluta. Riporto l’incipit dell’articolo in modo che chi è interessato possa ritrovarlo facilmente mediante un motore di ricerca:
WASHINGTON/NEW DELHI: Global retail giant Wal-Mart has resumed its lobbying with the US lawmakers on matters related to FDI in India and it spent $1.5 million on about 50 specific issues, including those related to Indian market during the last quarter.
“Discussions regarding foreign direct investment in India” is one of the ten-odd specific issues in the area of trade that were carried out by registered lobbyists on behalf of Wal-Mart during third quarter of 2013, according to its latest Lobbying Disclosure Form submitted to the US Senate…
Rispondo ad Agostino: il lobbismo è il sistema con cui chi non ha potere politico riesce ugualmente ad ottenere i suoi scopi influenzando i politici che detengono il potere. Finora abbiamo visto all’opera solo esempi di lobbismo malefico, sarebbe ora di poter vedere anche qualche esempio di lobbismo benefico. Intendiamoci, il lobbismo non è uno strumento bello o simpatico, è spesso la legalizzazione della corruzione, né più né meno. Però è il modo con cui oggi si governa. Quando si parla di economia a Bruxelles, non è il Parlamento a discutere di economia ma le lobby iscritte nell’apposito registro. Si può immaginare che razza di decisioni vengano poi partorite. Il sistema del lobbismo va avanti da decenni e sta diventando l’unico sistema ammesso per generare decisioni politiche. I parlamenti nazionali contano sempre meno perché le leggi o vengono approvate da commissioni parlamentari precedentemente “lobbizzate” oppure passano attraverso lo strumento della fiducia in cui la legge non è neppure discussa in aula. In altri termini, il ruolo del parlamento nella produzione delle leggi è ormai prossimo allo zero.
Se il M5S fosse una lobby, non starebbe in parlamento perché le lobby si guardano bene dallo stare in parlamento dove sarebbero esposte a confronti, critiche, attacchi, insuccessi. La politica oggi non passa dai parlamenti in nessun paese europeo e si fa altrove, nelle stanze delle lobby (che possono anche essere ubicate nei parlamenti stessi, non è questo il problema). Il silenzio, la segretezza, la riservatezza sono le armi delle lobby. Ai politici che “ci stanno” vengono garantiti posti di rilievo nei consigli di amministrazioni delle multinazionali o ruoli di consulenti superpagati. Si tratta di quella che in sociologia politica si chiama la politica della “revolving door”, il politico esce di scena e entra nell’azienda di cui, quando era politico, aveva difeso gli interessi. Poi, al momento opportuno, lascia di nuovo l’azienda e torna in politica pronto a rendere all’azienda dei nuovi servigi.
Questa, caso mai, è la vera difficoltà di una lobby del cittadino, il fatto che non potrebbe al momento garantire la funzionalità del meccanismo della revolving door. Questa però non è una scusa per non provare a fare quello che fanno gli altri per ottenere risultati completamente diversi da quelli perseguiti dagli altri. Alla fine si tratta di risolvere, in modo non convenzionale, il paradosso per cui le intenzioni di una maggioranza schiacciante di cittadini non riescono a tradursi in azioni da parte della classe politica eletta da questi cittadini.
La “lobby” del cittadino esiste già, si chiama M5S e non c’è neppure la necessità di finanziarla.
A loro è auspicabile facciano riferimento le associazioni dei consumatori.
In realtà basterebbe che un solo contribuente facesse fare un controllo sul proprio contatore per far scoppiare lo scandalo, che vale anche per il gas ( mia madre si è accorta che quando non si chiude la manopola centrale, il disco del contatore continua a girare anche in assenza di fornelli accesi). Il problema è però che gli italiani sono tali in quanto sanno a priori, per una ricca esperienza pregressa, che facendo scoppiare lo scandalo non succederebbe nulla di nulla. Anzi, le società elettriche ne approfitterebbero per chiedere e ottenere delle compensazioni ex lege molto maggiori degli eventuali “furtarelli” attuali. I vari referendum bellamenti ignorati fanno testo al proposito. C’è chi non vuole convincersi che le cose stiano così e prova ogni tanto a smuovere le acque. Ma la palude si riforma sempre ineluttabilmente. Storicamente c’è stata un’unica grande alternativa alla legge della giungla: il comunismo. Ma oggi basta pronunciare questa parola per far scappare di corsa la gente, anche quella di sinistra!
Se vogliamo cominciare a fare qualcosa, dobbiamo quindi imparare dagli Stati Uniti. Nell’affaire del datagate riuscirà ad ottenere più la Electronic Frontier Foundation che non tutti i paesi europei ipocritamente riuniti per trovare una soluzione al problema, che tutti sanno non esistere. Ma il metodo della EFF non è denunciare all’italiana, sperando che qualcun altro si occupi del problema, ma lavorare con team di avvocati esperti del settore capaci di individuare i punti nevralgici su cui è possibile fare qualcosa ignorando ciò che sarebbe solo una battaglia contro i mulini a vento. La EFF sa che non si può fare tutto e soprattutto che non si può fare subito ma lavora pazientemente e in modo scientifico. Come fanno le lobby. Quella che ci vuole, in altre parole, è una lobby del cittadino che adoperi gli stessi metodi delle lobby per costruire un potere di pressione che consegua almeno un potere di interdizione. Basterebbe già quello! Diversamente continueremo a creare partiti fasulli che dicono di richiamarsi alle ideologie del passato solo per garantirsi il consenso elettorale. La lobby lavorerebbe per costruire obiettivi concreti e non ideologici. La Monsanto lavora sotterraneamente per conseguire il risultato di imporre l’OGM a danno delle colture naturali? Ebbene anche la lobby del cittadino lavorerebbe sotterraneamente per imporre il reddito di cittadinanza. La BMW lavora sotterraneamente e finanzia il partito della Merkel per ottenere criteri di inquinamento più “elastici” (accusa che si legge sui giornali tedeschi di questo mese)? Ebbene anche la lobby del cittadino lavorerebbe sotterraneamente per ottenere l’obbligo dell’auto elettrica nei centri abitati entro 5 anni. Un milione di cittadini che finanzino la loro lobby con 500 euro all’anno avrebbero più denaro da muovere delle stesse multinazionali. Sarebbero una potenza, altro che il Movimento 5 Stelle che raccoglie il 25% dei voti degli italiani e pur con questo strepitoso risultato elettorale non può incidere per nulla in un sistema che è strutturato per consentire sbocchi e risultati solo alle lobby e ai partiti che ne seguono le direttive. C’è qualcuno che ha voglia di costruire la lobby del cittadino?