Anna Lombroso per il Simplicissimus
Inail ci informa: nei primi tre mesi del 2022 gli incidenti sul lavoro hanno avuto un’impennata del50%, boom nei trasporti e nel magazzinaggio. 189 quelli mortali. Numeri inaccettabili, e i numeri reali sono ancora più alti a causa delle mancate segnalazioni in settori fragili, si sorprende tina balì segretaria nazionale Flai Cgil.
E chi se l’aspettava che in un Paese che sta entrando nel paradiso della digitalizzazione non sia stata realizzata un’efficace rete di controllo e sorveglianza, magari da remoto, che in un Paese dove i cittadini sono sottoposti a una continua attività di vigilanza ne siano esclusi aziende, agenzie interinali, uffici del personale, manager intraprendenti e dinamici, in grado di spostare un’impresa in una notte oltreconfine, che in un Paese che ha messo a punto un oliatissimo sistema di sicurezza grazie a un patto stretto tra Governo, Confindustria e sindacati, in modo da governare un’epidemia secondo canoni a difesa del padronato cui sono state concesse immunità e impunità nel caso di contagi, immediatamente attribuibili a comportamenti irresponsabili dei dipendenti, usi viaggiare dissennatamente stipati in mezzi pubblici, da secoli non provveda a garantire la sicurezza nel luogo di lavoro.
E che in un Paese dove è nato il diritto, per dirla con Calamandrei, sia morta la giustizia con l’adozione dal 2000 di almeno 50 provvedimenti che hanno demolito le garanzie, introdotto l’egemonia dei contratti anomali, stabilito definitivamente il regime fatale della precarietà, resa più accettabile grazie a un espediente semantico che la definisce moderna e dinamica “mobilità”.
Un sindacato sempre più lontano dalla base, ormai concentrato in attività amministrative, che trae i suoi profitti dalle funzioni di padronato e di valorizzazione dei prodotti del Welfare aziendale piazzando fondi, strumenti assicurativi e pensionistici privati avendo rinunciato a tutte le lotte fino a qualche anno fa considerate prioritarie, quelle di tutela dello stato sociale e ora dichiaratamente disposto all’abiura di quelle di salvaguardia dello stato di diritto, ha dichiarato la sua propensione al collaborazionismo.
Ogni tanto si accorge degli iceberg che affiorano e che possono diventare opportunità per allargare il bacino dei tesserati e che tentano di sottrarre all’influenza dei sindacati di base.
Ma rimuove la realtà diffusa, di lavoratori con salari orari di tre, quattro, sei euro lordi l’ora, di quelli “invogliati” a un tirocinio a 400 euro al mese per perfezionare la loro funzione di capitale umano, quelli che affrontano giornate che non terminano mai perché bisogna mettere insieme tra o quattro incarichi di manager di se stessi, per sbarcare il lunario, che rappresentano la realtà italiana del “lavoro”, derubricata al fenomeno sociologico di lavoratori infingardi che si meritano il loro destino di servitù e di miseria, perché è colpa loro se sono sfruttati e umiliati: non sono competenti, non vogliono formarsi e realizzarsi, non sono disposti a farsi esaurire come è doveroso in qualità di risorsa
Parassiti, insomma, scansafatiche che preferiscono la carità pelosa del reddito di cittadinanza, provinciali sfaticati che non rispondono alla chiamata primaverile degli imprenditori che lamentano la defezione dalla leva stagionale e che ora possono approfittare delle profughe ucraine subito assimilate nel mercato del divertimentificio riminese, ma che però farebbero la fila, parola del Corriere della Sera, per un posto di lavapiatti e aiuto-pizzaiolo a Londra, menzogna e infamia aggiuntiva visto che l’occupazione quando cresce riguarda proprio i settore della ristorazione e del turismo e che a fronte di un livello di emigrazione che ricorda altri tempi, sarebbe doveroso portare rispetto a chi lascia tutto per cercar “fortuna” e rischia di ricevere lo stesso trattamento di quelli che arrivano qui spinti da fame, guerra, povertà.
E non consola che a dividere la sorte di camerieri, insegnanti, medici e personale sanitario, metalmeccanici ci siano anche gli aspiranti giornalisti della Gedi, anche loro soggetti al regime del cottimo, che forse si appagano emettendo sentenze infami sulle irragionevoli pretese dei laureati che non si accontentano di un salario da fame, convinti proprio da una certa informazione che si conquisti una certa libertà con i lavori alla spina, coi quali si può scegliere l’itinerario della consegna, accumulare i tagliandi e perfino crearsi una rete di consegnatari in appalto.
Potremmo indicare una data d’inizio per questa disfatta, quando la ricetta per l’incremento dell’occupazione consisteva nel favorire il ricambio licenziando maturi indolenti troppo “garantiti” con giovani leve arrendevoli e disposte a accettare ricatti e condizionamenti, quando imprenditori ostacolati da un sistema di lacci e laccioli che impedisce il dispiegarsi della libera iniziativa sono stati autorizzati a cercare profitti alternativi alla produzione, investendo nel casinò finanziario e finalizzando le proprie aspirazioni all’accumulazione di rendite azionarie, più redditizi e fruttuosi che impegnarsi in innovazione, sicurezza, remunerazioni dignitose dei dipendenti.
Anche gli euroscettici – perfino loro dicono che il Trattato di Maastricht fu imposto dall’alto omettendo che il contesto per la sua imposizione fu allestito dentro i confini . dimenticano che insieme al vasto processo di privatizzazioni, curato in veste di scrupoloso funzionario addetto alla svendita del Paese, il cammino che portò al Trattato di Maastricht fu favorito da quell’alleanza per i redditi e la produttività che si è tradotto dell’erosione dei diritti conquistati con lo Statuto dei lavoratori e la progressiva riduzione dei salari innescando quella svalutazione che era necessaria a rendere fatale l’esecuzione dell’edificio di Maastricht e rendendo più severo quel Patto di Stabilità che ha segnato la fine della sovranità, preparando i vari commissariamenti dell’Italia.
Ora il più è fatto, ora un susseguirsi di emergenze hanno normalizzato l’eccezione nella quale ogni oltraggio è lecito, ogni lesione dei diritti è necessario e obbligatorio, tanto che le stesse vittime dichiarare il loro stato di cittadinanza con rinunce, sacrifici, abiure. Ora se non troviamo la forza di reagire, siamo condannati alle piramidi o alla leva obbligatoria per servire l’imperatore.
Buon Primo Maggio.
E’ una brutta realtà più che consolidata ed è triste constatare che anche chi è emigrata come me per lavorare all’estero, nel tornare e stare vicino ai superstiti della propria famiglia, si ritrova senza offerte di lavoro e nonostante le esperienze professionali, si è adattata per anni a fare qualunque cosa lecita, ma in nero, non ha più la famiglia, e naturalmente neanche una pensione decente.
https://unoenessuno.blogspot.com/2022/05/la-repubblica-fondata-sul-lavoro-povero.html
A questo punto, rifiutando la cittadinanza italiana, mi darei al nomadismo, perchè questo non è neanche un paese per vecchi.
Un Repubblica Democratica Fondata sul Lavoro, che Non ha rispetto per il lavoro ed i Lavoratori/trici, è una pseudo repubblica, in via di progressivo disfacimento…
Prima pagina venti notizie
ventuno ingiustizie e lo Stato che fa
si costerna, s’indigna, s’impegna
poi getta la spugna con gran dignità
Lo scriveva 30 anni fa Fabrizio de André e nulla è cambiato, proclami al vento a partire dalla residenza della repubblica all’ultimo degli inutili mangiasoldi a ufo di camera e senato.
Mio padre diceva tanti anni fa negli slogan delle sfilate dei sindacati la seguente frase:
come mai come mai sempre in cu** agli operai
e temo che la cosa continuerà così come è andata fino ad oggi perché agli occhi di ricchi e potenti l’operaio è carne da macello.
porcherie itaGliane….
https://twitter.com/opinionistaopi/status/1520715914890653698