Anna Lombroso per il Simplicissimus

Voglio tranquillizzare tutti…. Sono stato portato in Questura per accertamenti e sono stato trattato molto gentilmente e molto umanamente, anche perché hanno capito che sono una brava persona”, ha raccontato il portuale triestino Stefano Puzzer oggetto di un Daspo con il quale gli si vieta per un anno il soggiorno a Roma, per via di un banchetto “non autorizzato”  collocato a Piazza del Popolo, che avrebbe potuto persuadere facinorosi a dar vita a nuove proteste  “incuranti del distanziamento sociale e delle norme anti-Covid”.

All’umiliazione di essere tradotto in un posto di polizia come un delinquente o come pinocchio tra le guardie, si è aggiunto lo scherno della stampa che ha ridicolizzato la protesta di Puzzer colpevole del reato più biasimevole per i commentatori che da sempre sono restii a darci qualsiasi informazione preferendo somministrarci le loro opinioni irrinunciabili., e cioè aver occupato indegnamente gli spazi della comunicazione con una ancor più deplorevole volontà oppositrice del governo.

In testa il Giornale che lo ha sbertucciato per la trasformazione, scrive il pungente cronista, da “flagello di Trieste” a “caldarrostaio di Roma” e poi l’immancabile Severgnini, ormai  convertito ai siparietti video in modo da risparmiarsi l’arduo impegno di tradurre il suo slang in italiano ortograficamente corretto,  francamente indignato che a un lavoratore del braccio, sia pure della gru, sia permesso montarsi la testa e pretendere  che i grandi della terra gli diano retta. Insomma la colpa peggiore dell’arruffapopolo  alla pari dell’abiura della mascherina consisterebbe nella ricerca di una immeritata popolarità permessa solo a virologi, clinici, esperti di zanzare, autorizzati a percorrere qualsiasi tipo di red carpet.

A  loro si sono aggiunti i “puristi”, quelli che per un bel po’ di mesi hanno riempito i profili di denunce dei decreti sicurezza  dell’empio buzzurro -carità di patria aveva fatto rimuovere il contributo del suo predecessore – che poi si sono accontentati di un po’ di maquillage, ma che adesso pretendono che la condanna delle misure repressive sia intermittente e ad personam, negando la solidarietà agli immeritevoli anche sulla base di criteri e requisiti antropologici e etnici, portuali di Trieste no, camalli si.

Per carità quello che molti continuano a vedere come un esempio fulgido di coraggio in un’arena di vigliacconi intemerati e orgogliosi della loro codardia rivendicata come virtù civica, ha peccato di ingenuità. Figuriamoci se i Grandi della Terra – oppressi, come lo sventurato  col cinghiale sullo stomaco della pubblicità, dalla inusuale pajata, appesantiti dalle monetine offerte dall’organizzazione per il rito del lancio nella Fontana, qualcuno già ottenebrato da evidenti segni di molesta demenza, altri da ancora più evidenti manifestazioni di delirio di onnipotenza – si sarebbero mai piegati a una deviazione dagli itinerari ufficiali,  per andare a sentire le ragioni di un soggetto potenzialmente pericoloso oltre che offensivo del decoro e lesivo dell’ordine pubblico.

Magari un premier più creativo avrebbe potuto spacciarlo a Biden per una figurina del folclore romano, un Meo Patacca, una immaginetta di un film di Magni, ma con quel piglio da cassamortaro del Paese, Draghi non brilla certo per ironia e senso dello spettacolo.

Così come ultrà delle curve nere più scapestrate, a dar ragione ai benpensanti che dietro a ogni protesta ci vogliono vedere nostalgici rasati e ipertatuati, Puzzer del quale non sono pervenute dichiarazioni in favore di Lucano o  delle sedie e scrivanie della Cgil,  è  un caso trascurabile di applicazione di quelle  misure di ordine pubblico così come le hanno immaginate e realizzate due ministri uno del Pd e uno della Lega, in forma bipartisan e secondo il principio, che ispirava già il Partito Unico oggi inequivocabilmente al governo, dell’opportunità di criminalizzare i diversi, i contestatori, in modo da rassicurare i fidelizzati e gli ossequienti.

Adesso è ancora più facile l’attuazione della repressione perché non occorre dimostrare la pericolosità del soggetto trasgressivo,  i rischi che potrebbe presentare di destabilizzare e attentare alla coesione sociale o di attentare all’ordine che deve essere mantenuto con maggiore decisione in presenza di una drammatica e prolungata emergenza, di minare la reputazione del Paese con atti contrari al decoro.

È sufficiente, infatti, dare luogo a un assembramento che non sia di carattere sportivo o di condanna per la vile aggressione ai locali di un sindacato, compiuta però da cattivi soggetti cui non si commina il Daspo in attesa di punizioni a venire più simboliche ed esemplari, e si rientra nella casistica delle potenziali insidie per la democrazia e la stabilità, incarnate da chi lotta per i diritti ormai retrocessi a licenze a pagamento in cambio di obbedienza o punti sulla tesserina, ridotti a uno solo. Tanto da rinviare, a quando si torna alla normalità, ogni forma di lotte per la casa, il territorio, la salute, ormai definite capricci da rinviare,  e a maggior ragione quelle per il posto di lavoro o per il reddito di cittadinanza, preliminarmente concesse solo ai possessori di green pass.

E figuriamoci poi quando i pubblicatori seriali dei versi del pastore Niemoller possono astenersi dalla solidarietà visto che Puzzer non rientra nelle categorie tradizionali non essendo ebreo, zingaro, omosessuale o comunista, e dunque non vale sprecare  denuncia e  biasimo per qualcuno di così poco rappresentativo e, quindi, per una misura dalla quale ritengono di essere immuni come dal virus per via di vaccini e green pass.

E dire che, proprio come nel sermone, un daspo può pendere sulla testa di chiunque, anche di chi protesta solo sui social, viste le formidabili opportunità del controllo sociale e della sorveglianza digitale (quella che fa attivare i sensori dei cellulari per evitare assembramenti in centro a Verone) che se decidiamo che la deplorazione e la denuncia si possono esercitare nel rispetto della qualità morale della vittima e quindi ad personam come le leggi di Berlusconi,  ci sarà sempre qualcuno che grazie alle esuberanze degli ultrà delle curve nere, lo applica anche alle “intemperanze” dei no-tav e al commercio equo e solidale dei mercatini.

E difatti si è capito, per chi vuol capire, che queste normative sono orientate alla legittimazione della furia “dei penultimi contro gli ultimi”, che opponendosi a regimi oppressivi e sfruttatori, minacciano quelli che con il conformismo e l’obbedienza pensano di tutelare la loro tana di meschini e effimeri interessi, nascondendosi che anche quelli sono in pericolo.