
Anna Lombroso per il Simplicissimus
Vorrei aggiungere all’accorata confessione di donne in vista una mia modesta personale esperienza, di quando molto giovane andai in Rai a Viale Mazzini per presentare una proposta per un programma di informazione e mi ritrovai n uno degli ascensori con un corpulento uomo di mezza età che cominciò spudoratamente a fare il verso che si usa per chiamare un micetto guardandomi fissa negli occhi e aspettandosi una mia reazione.
Il viaggio fino ai piani alti mi sembrò interminabile, io fingevo indifferenza per la sgradita attenzione, insistente e ridicola. Il molestatore scese al mio stesso piano e io venni fatta sedere in una saletta in attesa di essere ammessa alla presenza dell’autorevole alto dirigente.
Che a sorpresa si rivelò essere il gattone dell’ascensore, una personalità conosciuta nell’ambiente della cultura e dell’informazione cattolica più conservatrice e che mi ascoltò senza mostrare il minimo imbarazzo, liquidando la mia proposta “troppo innovativa e provocatoria“. Sono sicura che il suo giudizio non fu condizionato dalla vergogna per il suo comportamento prima dell’agnizione: la qualità inossidabile di questi personaggi del passato e del presente risiede in una pretesa di innocenza e in una coscienza della propria immunità e impunità attribuibile a una superiorità culturale, sociale e morale.
Lo racconto invece a dimostrare che comportamenti e atteggiamenti offensivi nei confronti delle donne non sono una cifra antropologica o sociologica riconducibile all’ignoranza, a costumi intrisi del maschilismo delle classi disagiate che spingono il maschio a esibire la sua virilità per “conquistare” una preda o per avvilirla.
E difatti mi pare che risieda in questo il limite della richiesta di penalizzare quello che viene chiamato catcalling e che definirebbe così le “molestie di strada” declinate in commenti indesiderati, gesti, strombazzi, fischi, inseguimenti, avance sessuali persistenti e palpeggiamento da parte di estranei in aree pubbliche come strade, centri commerciali, mezzi di trasporto e parchi. E che potrebbe far pensare che le trattative che anticipano l’acquisto di una merce condotte al chiuso di un ascensore, di un salotto, del foyer della Scala assumano un diverso e accettabile significato.
A distanza di più di 70 anni sarebbe consigliabile la rilettura del Secondo sesso, dove racconto gli anni difficile che attraversa ogni ragazza quando diventa consapevole del proprio corpo e della propria femminilità, come sia complicato accettare quei cambiamenti che ancora oggi sono accompagnati dal compiacimento del gineceo che non sempre significano la valorizzazione delle particolarità e delle differenze di genere, ma beni che possono essere investiti per conquistare un ruolo in una società che sta persuadendo le donne dell’implacabile obbligo naturale a essere complementari, qualche passo dietro un grande uomo, merce di scambio per una collocazione onorevole se non remunerata nella famiglia, strumento di seduzione non irrilevante rispetto al talento per favorire una carriera.
Quando ancora c’era il servizio di leva obbligatorio, nel paesi dove erano collocate scuole militari e caserme le ragazzine che uscivano in gruppo erano invitate dai genitori a evitare le strade dove bighellonavano i soldati, per non essere prese di mira dai loro complimenti sfacciati, e la De Beauvoir lo ricorda, come ricorda quelle che spericolatamente provocavano le reazioni audaci per avere una conferma della loro femminilità pronta per essere vista e approvata dai maschi.
È perfino banale ricordare che la condanna di genere se la limitiamo a questi livelli e a questi target generazionali, pesa su femmine, potenziali prede ma dotate del potere della seduzione, e sui maschi costretti a ruoli corsari di conquista, all’esibizione delle proprie doti virili, dietro le quali nascondere sentimenti e emozioni socialmente riprovevoli nel maschio alfa che ognuno vorrebbe essere.
Prima è come per il razzismo, non riscontrabile nei giardinetti dell’asilo, suoi banchi, anche quelli a rotelle, delle elementari, dove la scoperta delle differenze è un esercizio della curiosità e un gioco, poi cambia, sconfinando nel solito conflitto che attribuisce a un genere la condizione di inferiorità, meno forte, meno attrezzata perfino intellettualmente, meno produttiva, quindi gregaria, quindi dipendente, più soggetta a ricatti e condizionamenti, soprattutto se il secondo sesso è anche al secondo posto gerarchico nel lavoro, nell’istruzione, nella famiglia d’origine e in quella che si costruirà.
Ed è anche questo che interviene meccanicamente nelle relazioni, che cambia le regole: in Poveri ma Belli il fischio e la battuta salace per richiamare l’attenzione della compagnuccia diventata una procace ragazza non ha lo stesso effetto del richiamo lanciato dalla macchina scoperta del pariolino che cerca di espugnare il riserbo della popolana grazie all’esibizione del censo, del denaro, della spregiudicatezza.
Quello che dovrebbe preoccupare è che tutto questo si ripropone malgrado il passaggio di anni e anni, se il pariolino crescendo è diventato un manager, un produttore o un imprenditore che trasferisce i paradigmi merceologici e commerciali applicati in azienda e nelle tv, al suo privato, e se alcune popolane con laurea alla Bocconi pensano che valga la pena della rinuncia alla dignità in cambio di una comparsata, un ruolo di velina che poi potrebbe sfociare in una influente carriera politica.
Costringere tutto questo nei limiti di una sceneggiatura precostituita con i ruoli preconfezionati di carnefice e vittima, ha come risultato la condanna antropologica e storica della donne a una condizione gregaria, subordinata e di naturale esposizione e soggezione a messaggi e condizionamenti. Primo di tutti quello della paura, che è diventata l’emozione predominante nella nostra società, da quando è diventata una virtù civica che esalta la bontà del distanziamento, da guardare con comprensione per autorizzare rifiuto e discriminazione.
A me personalmente mette paura che proprio quando è in atto una sospensione della democrazia e con essa della legalità, mentre viene raccomandata l’adozione di una scala gerarchica di diritti non ultimo quello più difficile per una donna, l’interruzione della gravidanza, si rinnovi il rito della proclamazione della vulnerabilità delle donne per via delle molestie dell’agente dello spettacolo, del fischio per strada, che, ricorda la criminalizzazione dello spinello come scorciatoia per l’eroina, sarebbe preliminare fatale di ben più fosche violenze.
E’ che ormai la strada segnata è quella del divieto e dell’obbligo, della penalizzazione e della sanzione al posto dell’educazione e dell’istruzione. E soprattutto al posto della sicurezza economica, in mancanza della quale molte donne si condannano a morte nella propria casa. E della consapevolezza della propria identità e del proprio valore di cittadini, cui siamo tutti chiamati a rinunciare essendo diventati capitale umano da sfruttare quando finché serve ed è redditizio.
Qualsiasi forma di offesa, qualsiasi umiliazione e qualsiasi oltraggio alla persona deve essere condannato, ma è innegabile che diventi un’opera di distrazione di massa quella che dirotta lo sdegno concentrandolo su fenomeni su cui si indirizzano i riflettori quando diventano messaggio pubblicitario per testimonial e influencer. Quando l’anatema distingue la violenza buona, come il debito secondo Draghi, quella degli obblighi imposti dalle autorità per il nostro bene, quella impegnata a circoscrivere la potenza oscura del dubbio degli eretici, quella padronale che divide il paese in utili e inutili prendendo di mira quella di chi non vuol subire una condizione di servitù implacabile e feroce, che colpisce due volte le donne, in questo caso sì secondo sesso.
https://www.articolo21.org/2017/11/mafioso-affettivo/
Questo tipo di uomo in Italia rimane un modello di maschio
dominante, sempre più legittimato, anche se è bisex.
Qualsiasi forma di offesa, qualsiasi umiliazione e qualsiasi oltraggio alla persona deve essere condannato, ma è innegabile che diventi un’opera di distrazione di massa quella che dirotta lo sdegno concentrandolo su fenomeni su cui si indirizzano i riflettori quando diventano messaggio pubblicitario per testimonial e influencer. Quando l’anatema distingue la violenza buona, come il debito secondo Draghi, quella degli obblighi imposti dalle autorità per il nostro bene, quella impegnata a circoscrivere la potenza oscura del dubbio degli eretici, quella padronale che divide il paese in utili e inutili prendendo di mira quella di chi non vuol subire una condizione di servitù implacabile e feroce, che colpisce due volte le donne, in questo caso sì secondo sesso.
Musica :
“E soprattutto al posto della sicurezza economica, in mancanza della quale molte donne si condannano a morte nella propria casa.”, certo, mentre quelle “con”, in aggiunta, si sono condannate a morte anche fuori, così hanno fatto capotto! Il femminismo lascia sempre il segno, anche nelle più intelligenti.
Finché le donne si considereranno,a prescindere, più vittime di un maschio appartenente alle classi subalterne ( pretendendo nel contempo pari o più “”diritti””…)… beh, i particolarismi vittimisti e divisivi, faranno Sempre i gioco delle classi dominanti.
Poi c’è qualcuno che si augura che i popolo si svegli e si ribelli.
Il popolo particolarmente in itaGlia è fatto di particolarismi, di atomizzazione, di “autismo-solipsistico”, e di scioperi di categoria che si credono a prescindere avanguardie.
Senso del bene collettivo delle classi subalterne, oggettività ed umiltà è quello che manca fra le classi subalterne, uomini, donne o presunte avanguardie socialiste…
Se una donna delle classi subalterne pensa che le vessazioni le subisce Solo lei , purtroppo è di una Grossolana e supponente ignoranza ( o saccenteria che poi per molti versi è lo stesso…); in fin dei conti è un tipica parte del problema itaGlia…
Con la superbia supponente e pretenziosa, Non si va lontano…
Parlando di militari già solo lì si potrebbe aprire il vaso di pandora dei Nonnismi, ad esempio, che sono proprio vessazioni, che parecchi maschi hanno subito a naja, ad esempio…
Ecco , sto ragazzO Non ha dovuto subire catcalling , ma più banalmente il cassi pestaggio insensato :
https://www.ilmessaggero.it/roma/news/colleferro_rissa_ragazzo_picchiato_come_sta_cosa_e_successo_willy_monteiro_news_ultime_notizie-5906992.html
…il CLASSICO pestaggio insensato…
Pasolini oltre al catcalling ( che allora manco esisteva…) de tipo “frocio”, ha dovuto subire pure un omicidio,per dire.
Se lo inquadri subito, lo puoi evitare.
Se devi sorbirtelo per lavoro, o burocrazia, meglio cambiare strada, perchè la subalternità si verifica il momento che sopporti la situazione, in genere per motivi economici.
Nel mio caso ho sempre preferito perdere vantaggi che sottostare. Il risultato è che, avendo rispettato la tua dignità, ti sentirai più forte la prossima volta, e non sarai mai subalterno, che è un termine obsoleto. Niente ha più valore del tuo rispetto e del tuo tempo.
Io invece credo che un sistema vessatorio e ed abusivo particolarmente contro i maschi delle classi subalterne ( ovviamente Non per scelta, come potrebbe esser i caso si una femminista che cerca,anche assiduamente-morbosamente un maschio Alfa, lamentandosi e frignando,poi,anche pubblicamente perché viene trattata da femmina-femminista Beta… e magari aspettandosi che tutta la collettività le debba andare Forzatamente “in soccorso”, manco si trattasse di pericolo, del tutto imprevisto, di morte) , vada contrastato possibilmente in modo sostanzialmente speculare al persecutore o truffatore di turno.
Frignare con i frignoni, imbrogliare gli imbroglioni, predicare ai pontificatori, fare la morale ai moralisti, rendere la vita burocratica ai burocrati, raccontare balle ai menzogneri e vi dicendo, questo ovviamente nel limite del Poco possibile…ma è sempre meglio poco, che nulla.
Così facendo si costringerà i soggetto/a di turno a guardarsi allo specchio, a riflettere ( forse…).
Trovo anche abbastanza stimolante e “proficuo” ( a livello di giustizia sociale, per così dire…) , Pretendere dai pretenziosi…