
Anna Lombroso per il Simplicissimus
Ve li ricordate gli applausi vibranti che hanno accolto la citazione del pensiero di papa Francesco da parte di Draghi nel suo discorso al Senato: “Le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento…..siamo stati noi a rovinare l’opera del Signore“?
Seguita dai buoni propositi dell’incaricato: “Proteggere il futuro dell’ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale, richiede un approccio nuovo: digitalizzazione, agricoltura, salute, energia, aerospazio, cloud computing, scuole ed educazione, protezione dei territori , biodiversità, riscaldamento globale ed effetto serra, sono diverse facce di una sfida poliedrica che vede al centro l’ecosistema in cui si svilupperanno tutte le azioni umane”.
Ve la ricordate la trattativa per aggiudicarsi il dicastero strategico sfociata nella rivoluzionaria nuova denominazione da ministero dell’Ambiente a ministero della Transizione Ecologica, affidato a Roberto Cingolani? con competenze in materia di politica energetica (rinnovabili a mobilità sostenibile, idrogeno e trivelle) mentre restavano al Mise le attribuzioni su liberalizzazione e concorrenza dei mercati e sicurezza degli approvvigionamenti di energia, oltre a quelle direttamente connesse alla tutela del rischio di deindustrializzazione e delocalizzazione di comparti produttivi “dove il costo dell’energia ha un ruolo rilevante”.
E per caso avete già preso visione dei capisaldi del Grande Reset nostrano nelle mani di Draghi, che ispira anche le scelte del piano nazionale per l’accesso alle risorse del Recovery Fund, mettendo l’ambiente in primo piano che destinando alla “missione” che va sotto il nome di rivoluzione verde e transizione ecologica, circa 70 miliardi, spalmati per sostenere “imprese verdi”, per la “transizione energetica” a base di rinnovabili, “alternative” e efficienza applicate anche all’edilizia e ai trasporti?
Beh erano tutte balle, o meglio, si tratta di quella solita verniciata di green che ha decretato il successo delle agenzie di comunicazione e pubblicitarie specializzate nel fornire a una clientela sporcacciona la “sostenibilità” come valore aggiunto ai brand, togliendo l’olio di palma, ma lasciando tutto il resto che consuma e avvelena.
Vediamo a cosa si riduce la transizione ecologica secondo Cingolani, fisico, accademico, esperto di robot e nanotecnologie, e tecnico “indipendente”, dai partiti magari ma non certo dalle lobby se il suo primo atto ufficiale, dopo aver omaggiato insieme a Draghi “ i leader dei grandi gruppi industriali attivi in Italia”, John Elkann presidente e amministratore delegato di Stellantis e il management di Eni, Enel, Snam e Terna, è consistito nella firma sui decreti che rinnovano le concessioni per la progettazione e la messa in produzione di pozzi e di perforazione, sia su piattaforma sia onshore.
Si tratta delle Valutazioni di Impatto ambientale, a firma congiunta con Franceschini, per il rinnovo delle autorizzazioni concesse per la coltivazione di idrocarburi gassosi a Barigazzo e Vetta, entrambe in Emilia Romagna, per i progetti di messa in produzione del pozzo a gas naturale Podere Maiar 1dir (sempre in Emilia Romagna) e per il giacimento per la coltivazione di idrocarburi Teodorico, fra l’Emilia Romagna e il Veneto. Mentre tre riguardano la perforazione del pozzo Calipso 5 Dir nelle Marche, del pozzo Donata 4 Dir, fra Marche e Abruzzo e del pozzo esplorativo Lince, in Sicilia.
Vale la pena di ricordare a proposito della professata autonomia dalla pastette della partitocrazia dei migliori tra i competenti prestati al Governo che la richiesta di rivedere il molesto regime di autorizzazioni a trivelle e perforazione in Adriatico, fermate dai nostri dirimpettai di più recente democratizzazione, era stato il primo atto ufficiale del presidente dell’Emilia Romagna appena rieletto, probabilmente all’insaputa della sua “coraggiosa” vice che anche in quell’occasione esercitava altrove il suo ardimento.
L’indole rinunciataria dei 5stelle, ormai disarcionati perfino dai loro tradizionali cavalli di battaglia si è riconfermata, avendo limitato il loro impegno alla proroga al 30 settembre del Pitesai, il “Piano” per individuare le aree nazionali in cui consentire le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e della moratoria riguardante interventi nuovi e nuove autorizzazioni, anche quella in vigore fino al 30 settembre. Mentre, ricordano i ministeri interessati, le undici valutazioni di impatto riguardano procedimenti che ricadono “in concessioni e titoli minerari che erano già stati rilasciati prima dello stop e che non rientrano nei termini della moratoria stessa“.
Ormai oltraggi, malaffare, conflitti d’interesse si svolgono non solo alla luce del sole, ma addirittura a norma di legge, grazie a strumenti adottati e applicati da anni sulla falsariga dei quei “milleproporoghe” che si rivelano puntualmente come vasi di Pandora di espedienti eccezionali, di condoni straordinari, di permessi anomali, legali sì, ma illegittimi e pensati per salvare gruppi e cordate, lobby e major.
Ormai è un’impresa trovare qualcuno che si dichiari anti- ambientalista oggi, qualcuno che spericolatamente ammetta di schierarsi dalla parte dello sviluppo e della crescita illimitata, quando i Grandi della Terra ricevono con sfarzo Greta e le danno la parola come un nuovo messia dell’antropocene, quando per combattere il cambiamento climatico gli stessi Grandi non sanno immaginare niente di meglio di strumenti commerciali e di mercato per dare soluzione ai problemi che il capitalismo e il mercato hanno prodotto. E quando come è ormai d’uso, spetta ai singoli cittadini agire “secondo coscienza” secondo regole di “ecologia domestica” indirizzando i consumi vero risparmi e merci virtuosi, raccogliendo lattine, provvedendo individualmente e collettivamente a contrastare e riparare i danni di multinazionali inquinanti, industrie energivore e governi collusi.
Nulla scalfisce la superficie di questi credo alimentati dal sistema per pretendere l’innocenza reclamata da quando è proibito immaginare e prodigarsi per un’alternativa, da quando non è concesso interrogarsi sulla natura, i limiti e i risvolti del Progresso.
Nemmeno durante una emergenza sociale, dichiarata “sanitaria”, originata proprio dall’abuso dissennato e dissipato di natura, risorse, territorio, nemmeno quando la nostra specie ha raggiunto un tale livello di espansione da imprimere la propria impronta sul pianeta, alterando l’ambiente in modo tale da lasciare tracce indelebili e irreversibili è consentito esigere un cambiamento da chi irriducibilmente persegue un modello quantitativo del processo di sviluppo.
Al contrario, proprio ora la radiosa visione della ricostruzione che deve seguire la guerra al nemico invisibile la cui gestione ha prodotto danni economici e sociali paragonabili davvero a un evento bellico, giustifica e autorizza la resa di un ambientalismo, ridotto a “facciata”, come un certo antifascismo o un certo femminismo di superficie ormai posseduti e occupati dall’ideologia neoliberista e dai miti di Wall Street, ripuliti da qualsiasi intento e aspettativa anticapitalistica.
Come in una eterna ammuina la macchina del potere scava e cola cemento, trivella e tira su ponti e barriere, sporca con veleni tossici e deterge con veleni ancora più tossici, chiedendo ai cittadini contaminati di lavarsi la coscienza con la penitenza e il sacrificio.
Nulla scalfisce la superficie di questi credo alimentati dal sistema per pretendere l’innocenza reclamata da quando è proibito immaginare e prodigarsi per un’alternativa, da quando non è concesso interrogarsi sulla natura, i limiti e i risvolti del Progresso.