imagesNel dopoguerra l’aggettivo guatemalteco stava ad indicare le peggio cose in fatto di governo, ma ora dovremmo dire honduregno visto che il Paese vive una guerra civile da dieci anni senza che tuttavia le cronache mainstream se ne occupino troppo. Et pour cause come vedremo, ma ogni tanto una notizia trafigge l’insolente velo di ipocrisia che vele le segrete cose e le coscienze deboli mostrando i meccanismi interni dell’informazione e quelli della persuasione o dell’atarassia politica e umana come un orologio aperto. In questi giorni infatti da molte parti si fa riferimento alla triste storia di 4000 honduregni, superstiti di una colonna di profughi molto più consistente, che hanno risalito il Messico con l’intenzione di arrivare per arrivare in Usa, ma devono superare l’invalicabile barriera Trump, l’inumanista.

Naturalmente la notizia ha avuto un qualche rilievo esclusivamente per il fatto che permette di continuare l’inesausta battaglia contro il chiassoso inquilino della Casa Bianca portata avanti dallo stato profondo che fa capo all’asse Clinton – Obama e che in Europa trova una facile eco.  Ma in questo dramma dell’esodo, manca in maniera assordante la domanda fondamentale, ossia perché si fugge dall’ Honduras, dimostrando ancora una volta come la contemporaneità possa sopravvivere solo grazie ad un’alienazione dal reale, ad una frantumazione del mondo in spezzoni autonomi. Certo l’argomento generico delle guerre, della violenza o della povertà – lo stesso che viene evocato in Europa per le migrazioni da Africa e Asia – può fare da paravento alle domande essendo queste altrettanto labili  quanto l’interesse e la capacità di attenzione dell’homo communicans, invece basterebbe farsi davvero questa domanda e pretendere risposte specifiche per bucare il Matrix informativo e ritrovarsi di fronte a uno dei più grotteschi esiti del global imperialismo nel quale viviamo.

Ciò che accade in Honduras infatti, avviene per esplicita volontà degli Usa ( e del ridicolo codazzo europide) che da decenni tentano di impedire un’evoluzione del
Paese con il rischio di uscire dall’orbita coloniale di Washington e di creare più di qualche problema all’United Fruit che di fatto considera il Paese centro americano come cosa propria, il che che si traduce in uno  stato di guerriglia permanente. Nel 2009 dopo il golpe militare contro il presidente Zelaya, reo di aver semplicemente tentato un decentramento decisionale e un lungo intermezzo di confusione armata, un accordo voluto dall’allora segretario di stato Hillary Clinton e le principali forze honduregne stabilì che tutti avrebbero accettato il risultato delle elezioni di novembre anche se a vincerle fosse stato Zelaya stesso nel frattempo tornato in Honduras dopo una breve fuga. Solo che le urne furono disertate dalla stragrande maggioranza della popolazione e  brogli furono tali che la vittoria del conservatore Porfirio Lobo, non fu riconosciuta valida dall’ Alleanza Bolivariana per le Americhe, dell’Unasur, dell’OEA e da molti altri paesi. Persino l’Europa fu in un primo momento tentennate visto che non aveva compreso come il golpe contro Zelaya fosse stato ordito a Washington: il nobel per la Pace Barack Obama dovette spiegalo brutto muso alla nullità Barroso che immediatamente si adeguò. Nel 2013 Lobo fu sostituito dall’attuale presidente Juan Orlando Hernandèz che si è ripresentato alle elezioni del 2017 nonostante questo sia vietato dalla Costituzione e sulla sua testa e su quella del suo partito  pendessero gravi accuse di corruzione, spreco di denaro, rapporti con il narcotraffico e persino assassinii.

Ma Hernandez miracolosamente vince: Il 26 di gennaio si svolsero le elezioni sotto l’ombra della frode elettorale, visto che un milione di persone morte sono comparse nelle liste dei seggi abilitate per il voto. Nonostante questo la giornata si svolse senza particolari incidenti. Una volta chiuse le urne cominciò il conteggio dei voti e ci si aspettava che dopo le prime ore, come era accaduto in passato, le proiezioni dessero grosso modo il risultato finale. Infatti dopo aver contabilizzato più del 50% del totale dei seggi era evidente che il candidato di opposizione Salvador Nasralla stava vincendo di 5 punti, staticamente si poteva confermare che era lui il vincitore. Vari partiti annunciarono di avere copie del voto di tutti i seggi e che i loro conti lo confermavano. Il presidente del Tribunale Elettorale, alleato di Juan Orlando Hernandèz, annunciò che non poteva dichiarare nessun vincitore fino a quando non sarebbero stati contabilizzati tutti i seggi. Il candidato dell’altro partito d’opposizione Luis Zelaya riconobbe Nasralla come vincitore.

A quel punto Il tribunale elettorale  cominciò a registrare solo i seggi dove Juan Orlando aveva vinto. Così piano piano la tendenza cominciò a cambiare. I seggi che davano Nasralla come vincitore vennero separati per essere “monitorati”e  cominciarono a verificarsi strani blocchi del sistema elettorale così che in poco tempo si verificò una sorta di impossibilità statistica: si  invertì la tendenza e Juan Orlando Hernàndez passò  avanti superando Nasralla di 1.5 punti. Un pugno di voti, appena 52 mila, raggranellati nel modo che abbiamo visto determinarono la vittoria di Hernandez, ma anche l’apertura di una crisi politica e istituzionale nel paese senza precedenti. Di qui la nascita di una guerriglia ancora più feroce della precedente. Una guerriglia diretta contro le opposizioni e guidata dagli “assassini dell’ascia” o del machete. Leggendo il libro “The Long honduran night: Resistance, Terror e Aftermath of the Coup di Dana Frank, docente di storia all’Università della California, si apprende come sia stato lo stesso segretario di stato John Kerry ad ammettere che fossero gli Usa a sostenere gli “assassini dell’ascia”, quelli per intenderci che hanno fatto fuori Berta Caceres.

Allora come la mettiamo con i profughi honduregni che vogliono entrare negli Usa per sfuggire alla condizione di servaggio e di violenza innescato dagli stessi Usa? Non vi sembra che non si può più scendere a compromessi con tutto questo se si vuole conservare un minimo di onestà e di dignità?