France's President Francois Hollande (R) welcomes Finland's Prime Minister Jyrki Katainen as he arrives for a meeting at the Elysee Palace in Paris October 2, 2012. REUTERS/Philippe Wojazer

Capitolo 1 la Francia

Il Front national ha trionfato in quasi tutto il Paese, non  tanto sulla politica quanto sulla sua fotocopia. Chi abbia seguito anche un minimo la campagna elettorale per le amministrative francesi si sarà reso conto che Les repubblicains, ossia il partito di Sarkozy che raccoglie tutta la destra tradizionale non ha fatto altro che inseguire pedissequamente i temi e in toni di madame Le Pen, mentre i socialisti hanno occupato lo spazio che fino a qualche hanno fa era degli eredi del gollismo. Il risultato di queste insensate dislocazioni, è stata l’irrefrenabile avanza del Front che, spiace dirlo ma è l’unico partito – a parte qualche marginale formazione della sinistra radicale che tuttavia nelle amministrative è sepolto all’interno del potere socialista – ad esprimere una qualche soggettività politica non fotocopiata dall’avversario.

L’elemento catalizzatore di questa catastrofe è stata l’adesione passiva e subalterna a un’ Europa trasformatasi dopo l’euro in centro di potere oligarchico e finanziario tutto teso a svuotare le politiche nazionali, anzi la politica stessa imponendone una sola: quella di bilancio secondo le necessità e i criteri dettati dalla moneta unica. Sia i socialisti che la destra sono diventati indistinguibili su questo che è poi il tema fondamentale: dunque Sarkozy che fa il lepenista o Hollande che fa il sarkoziano non convincono affatto e l’elettorato vota l’originale o resta a casa.

In mezzo a queste macerie da cui esce particolarmente distrutto proprio l’ex presidente Sarkozy, nonostante sia giunto secondo e si appresti a vincere qualche ballottaggio , ma molto distante dai risultati del 2010, non ci sono che due vie d’uscita,  a parte quella ovvia di un’ascesa del Front national ai vertici della politica francese: o la sempiterna alleanza fra socialisti e destra tradizionale in nome dell’Europa o una messa in crisi dell’europeismo neo liberista sia da parte dei conservatori che dei socialisti secondo linee peculiari. La prima soluzione che sarà presumibilmente sperimentata già da subito in qualche regione non potrà che ritardare  l’inevitabile, la seconda è molto più ardua, ma in grado di rimettere in gioco la politica e non solo in Francia.

Capitolo 2, la Finlandia

Il Paese scandinavo ha poco a che fare con la Francia, non fosse altro che la sua popolazione è la metà della sola area urbana di Parigi, ma è tuttavia un completamento del discorso riuscendo a rendere chiaro come il sole il fallimento europeo. La Finlandia è in un certo senso l’opposto della Grecia visto che per molti anni è stata la gioia della troika e dei suoi diktat, facendo il compito con diligenza assoluta e bacchettando duramente chi vi si discostava. Ma adesso pur avendo fatto tutto ciò che si doveva per la crescita è in crisi nera con una straordinaria caduta del Pil e una disoccupazione dilagante. L’autore di queste politiche di abbattimento del welfare, dei salari e dei diritti sindacali, Jirky Katainen, è oggi giustamente vicepresidente della commissione europea per il lavoro, avendo lasciando il posto di premier a un imprenditore che ha fatto fortuna con i servizi telefonici ai tempi della Nokia e che adesso governa insieme ai “veri finlandesi” gente che fa sembrare Marine le Pen  come un’educanda.

Lo scopo assurdo dell’austerità antisociale era quella di conseguire maggiore competitività nell’export, una meta del tutto superflua dopo la breve stagione della Nokia (che tuttavia produceva in Asia) visto che la Finlandia esporta principalmente legname e carta e il poco resto che vi viene prodotto è dovuto ad aziende tedesche e italiane che hanno assorbito o sostituito nella manifattura e nei servizi le vecchie imprese locali. Dopo quasi dieci anni di diktat scrupolosamente eseguiti l’ex Paese della Nokia si affida a Telemar per le comunicazioni satellitari a banda larga. Come se non bastasse  su questo panorama si sono abbattute le sanzioni sulla Russia, ossia il Paese con cui la Finlandia aveva il maggior interscambio commerciale. Ed è proprio in questo senso che l’alleanza di governo con gli ultranazionalisti seminazisti della vera Finlandia acquista senso, un inquietante senso su ciò che per le elite significano Europa e Nato, anzi a questo punto Eurato.

Mi piacerebbe che qualcuno si prendesse la briga di andare a leggere i ritrattini entusiastici sulla Finlandia e sulla sua ubbidienza ai voleri brusselleschi che sono stati prodotti fino al 2012 (poi gli adoratori della troika hanno preferito il silenzio), ma se questi sono i risultati non ci può stupire nemmeno quello che è successo in Francia.