Purtroppo tutte le considerazioni svolte negli ultimi due anni su questo blog hanno trovato la loro dimostrazione: non c’è alcuna possibilità di cambiare politica finché si rimane nell’area euro che non è solo una moneta, ma espressione ideologico contabile del liberismo selvaggio. Così chi come Tsipras, al seguito di molta parte delle cosiddette sinistre europee, mai come ora cosiddette, intende salvare salvare capra e cavoli è destinato a fallire. Sia in termini di analisi della realtà perché moneta unica e solidarietà sociale sono in antitesi, almeno nel contesto dato, sia sul piano tattico perché nelle trattative questo entrismo costituisce a priori un fatale fattore di debolezza.
Tsipras e la parte di Syriza eurofila avevano pensato che la loro ossessione monetaria, l’erroneo valore comunitario o addirittura progressivo che vi attribuiscono fosse in qualche modo condiviso e che quindi di fronte al timore di un’uscita dalla Grecia, Bruxelles e Berlino avrebbero ceduto e fatto ampie concessioni ad Atene. Così non è stato proprio perché senza una politica di massacri sociali e di riduzione della democrazia, non c’è più alcun interesse a tenere un Paese nel recinto dell’area euro, specie un Paese il cui debito notoriamente non potrà mai essere ripagato. Anzi. E ora per il leader greco sono guai, tanto più che le premesse da cui è partito gli hanno impedito di mettere a punto fin dai mesi scorsi un solido e articolato piano B, compreso quello suggerito dall’Italia di inaugurare una moneta fiscale parallela all’euro.
Fortunosamente è riuscito a strappare 4 mesi di tempo che gli permetteranno di giocarsi qualcosa sul piano mediatico, tanto più che le contrattazioni sulle riforme andranno avanti fino a giugno, ma in pratica non ha ottenuto alcuna concessione che gli consenta di realizzare anche in minima parte il programma con cui è stato eletto, se si esclude il fatto che la troika non si chiamerà più così, ma in altro modo: tutti i soldi eventualmente concessi dovranno essere riservati alle ricapitalizzazioni bancarie. La faccia contenta di Schauble non lascia dubbi su chi sia il vincitore dello scontro, anzi l’esito è stato condensato dallo stesso ministro delle finanze tedesco in una frase: “Non sarà facile per il governo greco spiegare ai propri elettori questo accordo”. Del resto le stesse dichiarazioni di Varoufakis esprimono tutto l’imbarazzo del governo ellenico, formatosi appena un mese fa e cominciano a virare su toni paradossali. Sui limiti posti ad Atene e all’azione dell’esecutivo dice che Bruxelles ha posto delle condizioni “come non prendere decisioni che vadano a inficiare il bilancio. In un certo senso, una condizione che volevamo”. Già proprio in un certo senso: ci manca che tra un po’ dica avevamo scherzato.
Ora che se ne farà Tsipras di quattro mesi di tempo per decidere definitivamente se arrendersi o essere estromesso dalla moneta unica in una situazione né concordata, né pensata, ma improvvisata e dunque drammatica, visto che all’Europa non dispiacerebbe colpirne uno per educare gli altri 18? Quattro mesi sono troppo pochi per sperare di ricevere aiuto da un’eventuale vittoria di Podemos in Spagna perché l’appuntamento con le urne è a dicembre, anzi una resa potrebbe piuttosto danneggiare Iglesias che non aiutare Tsipras. Forse potrebbero essere sufficienti ad acquisire una rete di protezione almeno parziale con i Brics e guadagnare così una maggiore capacità contrattuale. Ma ciò non toglie che l’esito sarà soltanto o resa o uscita.
Certo che dire di una Ue che si comporta come il peggior cravattaro con la Grecia mentre è disposta a buttare valanghe di miliardi a fondo perduto nella sordida avventura in Ucraina, paese in totale bancarotta, che proprio in questi giorni fa registrare una pesantissima sconfitta delle truppe di Kiev con la necessità sempre più evidente di un intervento diretto? Non ho parole, non riesco a capire come la proliferazione maligna avvenuta in Europa non sia stata sufficientemente colta e metabolizzata dalle forze che avrebbero dovuto naturalmente opporvisi e che invece si sono fermate inermi di fronte al santino consumato. Adesso però le cose sono chiare oltre ogni ragionevole dubbio. I dubbi irragionevoli sono soltanto complicità con buona pace di chi il giorno dopo tenta ancora di dimostrare contro ogni evidenza il “successo” di Tsipras e dunque delle posizioni di compromesso ad oltranza, sia strategico che ideologico.
Credo che la cosa migliore, d’ora in poi, non sia quella di prendere per oro colato le dichiarazioni politiche dei nostri truffAttori ma fare quello che in inglese si chiama background check ossia verificare sulla base dei dati disponibili (che sono di solito moltissimi nell’epoca di internet) chi sono questi personaggi, da dove vengono, dove hanno studiato, con chi hanno avuto contatti, premi e referenze, cosa hanno dichiarato e pubblicato nel corso degli anni e, dati assolutamente indispensabili quando si tratta di politici, che contatti hanno avuto con il mondo anglosassone e se il rapporto con il partito entro cui sono attualmente collocati è organico ovvero se sono nati e cresciuti assieme al partito o se si trovano a rappresentarlo solo per puro caso o cooptazione. Raccogliendo questi dati, che sono pubblici, si può di solito evitare di farsi abbindolare da illusioni ottiche e prendere le misure ai personaggi molto prima che questi mostrino al mondo la loro vera essenza (i loro “true colours” come dicono metaforicamente gli inglesi). Prendiamo per esempio Varoufakis che prima del dénouement dell’altroieri sembrava il co-protagonista di un tandem di eroi, lui e Tsipras soli contro il resto d’Europa. Leggendo la sua biografia su Wikipedia inglese (alla pagina http://en.wikipedia.org/wiki/Yanis_Varoufakis mentre Wikipedia italiana non dice quasi nulla su di lui) si apprende che non è affatto iscritto a Syriza ed è stato cooptato al governo da Tsipras successivamente alla vittoria elettorale! In precedenza la sua carriera si era svolta all’ombra di Papandreou e del Pasok. Quando Varoufakis era giovane, fu lo stesso Papandreou, amico di famiglia, ad orientarlo verso gli studi economici. Varoufakis ha avuto e ha intensi rapporti con il mondo anglosassone, si è laureato in Inghilterra, ha trascorso l’anno rituale all’università di Cambridge e, successivamente, ha insegnato in Australia, ad Atene e alla Lyndon B. Johnson School of Public Affairs in Texas. Aggiungerò che, come nazionalità, è sia greco che australiano, cosa che riveste un significato molto più profondo di quello che sembrerebbe a prima vista. Come è possibile essere ministro di uno stato risultando cittadino anche di un altro?
Varoufakis è autore di diversi libri sulla game theory, e, chissà perché, mi viene in mente una nuova variante di nomen omen: opus omen. A partire da un certo punto il nostro ha deciso di occuparsi di soluzioni della crisi europea perché evidentemente non aveva capito, come è tipico degli economisti, che non si tratta di una crisi naturale ma di una crisi voluta la cui soluzione non consiste nel teorizzare rimedi economici ma nel disarmare chi ti tiene puntata la pistola alla tempia. Ad ogni modo, ha pubblicato diversi libri sull’argomento anche in collaborazione con Stuart Holland, professore di economia all’università di Coimbra, e dell’economista americano James K. Gailbraith (di greci, nella sua vita, nessuna traccia!). La quarta edizione del volume “A Modest Proposal” vantava la prefazione di Michel Rocard, l’ex primo ministro francese che sosteneva, a quanto dice Wikipedia, un riallineamento del socialismo attraverso l’accettazione dichiarata dell’economia di mercato e un ruolo meno importante da attribuire allo Stato. Varoufakis si autodescrive come “marxista libertario” ma in qualche modo se ne vergogna. Infatti, precisa, “non è qualcosa di cui mi piaccia parlare quando sono in società perché di questi tempi basta menzionare la parola M (marxista) che la gente smette di starti ad ascoltare.”
A partire dal marzo del 2012 Varoufakis lavora come economista per la Valve Corporation e, non avendo – a quanto si sa – rinunciato a questa collaborazione, prosegue nella nuova tradizione che consente agli uomini politici di avere cariche un po’ dappertutto come se il conflitto di interessi e il fatto di non poter tenere i piedi in troppe scarpe fosse una cosa che riguarda i cittadini normali ma non chi opera in politica (la Valve Corporation è un’azienda che vale in borsa circa due miliardi e mezzo di dollari e che è specializzata in videogames e piattaforme software per videogames.)
Il prossimo libro di Varoufakis ha invece un titolo provvisorio davvero riuscito: “Reverse Alchemy. Europe on the Road to Disintegration” (Alchimia al contrario. L’Europa sulla strada della disintegrazione). Ma il quadro che emerge è comunque quello di un signore ben mescolato con i primi della classe, una sorta di economista chic che non ha problemi a trovare una nuova casa in un qualsiasi partito e che, dalla sua biografia, fa emergere tanti motivi per non sceglierlo come partner di un’impresa seria e pericolosa. Dato però che l’impresa di Tsipras si è rivelata essere qualcosa di non serio e di non pericoloso, come non detto: Varoufakis era ed è effettivamente il partner ideale per Tsipras. Bon voyage!
Effettivamente non sará affatto semplice per Tsipras spiegare all’elettorato che la sua campagna é stato un lungo bluff, non inviso alla Troika perchè permetteva di arginare la crescita dei movimenti antieuro.
Carlo Mancuso L’Europa iperliberista concorrenziale con le nuove economie, la Cina che nell’attuale fase, si dedica alle riforme le quali parteciperanno al nuovo suo stato le popolazioni più umili. Forse il non aver costruito un’Europa dei popoli non è stata solo una svista ,non rientrando il benessere di tutti nella nuova dottrina Europea il cui sviluppo si basa proprio sull’ineguaglianza marcata e su una nutrita fascia di sotto pagati ed emarginati.In sintesi : La Cina sta costruendo quel che doveva essere l’Europa e l’Europa sta costruendo quel che era la Cina.
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Non ci voleva l’Oracolo di Delfo per prevedere il prevedibile, anzi l’inevitabile. Julian Assange – che farei subito santo anche se gli auguro vita di durata biblica– ha dimostrato nero-su-bianco, che in Occidente, non muove foglia che l’ambasciata americana non voglia.
Per cui, ogni cambiamento “epocale”, vedi Tsipras & C. e’ una pagliacciata pre-programmata. Leggevo solo ieri sera vari scambi epistolari tra l’ambasciata americana a Kiev e il dipartimento di Stato, risalenti al 2006. Nei quali Poroschenko è ripetatutamente riferito come “il nostro uomo a Kiev”. E in un altro messaggio, parafraseggio, si ammette che è molto corrotto ed era stato indagato per vari crimini, ma “fa al caso nostro.”
Non per niente, l’apparatkit americano vorrebbe Assange morto. E, naturalmente ignorata dai media di regime, è in corso una vera e propria caccia alle streghe, a chi svela al pubblico qualcuno dei letteralmente milioni di messaggi tenuti segreti per la “sicurezza nazionale”. Con condanne piu’ lunghe che per un comune assassino.
A parte i romanticismi associati ai nomi, nella storia recente, i capi politici non burattini si contano con le dita di una mano, Fidel Castro, Che Guevara, abbastanza Chavez, abbastanza Morales della Bolivia e abbastanza Mujica dell’Uruguay. Mujica piu’ che altro per cercare di dimostrare romanticamente che “exemplum docet”.
Stupisce che, a parte i commenti del Signor Casiraghi, i forums in buona fede, come Simplicissimus, non diano maggiore enfasi a tale realtà che andrebbe inculcata, stile catechismo, nel cervello delle masse –specialmente inclusi i militari, i poliziotti etc. Sperando che se lo ricordino se e quando anche il popolino non ne potrà piu’.
Una breve postilla. Il caso Tsipras consente di studiare meglio di altri il gioco di squadra che viene implementato da ministri e primi ministri di tutti gli altri paesi europei. Tutti recitano ma più che di gioco di squadra parlerei di coreografia e di leggiadro balletto, con personaggi che fingono di trattarsi male come Varoufakis e l’olandese Dijsselbloem, altri che ricoprono il ruolo di pseudo-cattivi, come il tedesco Schäuble, altri ancora che stanno apertamente dalla parte dell’eroe Tsipras come Renzi o Hollande ma il tutto senza dramma e senza cattiveria, come stanno a dimostrare decine di foto dei nostri protagonisti che si scambiano smaglianti sorrisi nei momenti di riposo tra una scena e l’altra. Se gli Oscar fossero europei, anziché americani, varrebbe la pena di prevedere un Oscar politico anche per chi ha finto, pardon, recitato meglio. L’Oscar politico di quest’anno lo darei senz’altro a Tsipras perché ha saputo incarnare come pochi la voglia di liberazione del popolo greco dalle catene europee pur essendo in società con il fabbricante delle catene.
Quello che è successo ieri avvalora la mia tesi secondo cui personaggi come Tsipras sono scelti con lo stesso criterio di chi fa un casting, anziché cinematografico, politico. Sono simpatici? Sì. Sembrano brave persone? Sì. Quando parlano sono convincenti? Sì. Bene, allora sono adatte al film politico “Tiriamo su il morale ai greci ma beninteso senza cambiare nulla”. Un film che abbiamo già visto in prima visione italiana, impersonato prima da Letta e ora da Renzi: l’atmosfera non è più quella cupa di Monti ma, in compenso, l’apparente serenità maschera bene le cose micidiali che vengono fatte passare sotto banco senza che più nessuno si senta di protestare.
Con Tsipras si era raggiunto l’acme del linguaggio e delle argomentazioni da sposare istantaneamente se si è di sinistra e, dunque, l’acme della speranza di un cambiamento sostanziale. Eppure i risultati sono comunque questi: il nulla. Per convincersene basta leggere quello che ha detto il ministro dell’economia greco Varoufakis, un discorso letteralmente scandaloso non solo nel particolare evidenziato da Mr. Simplicissimus in questo articolo, ma anche in dichiarazioni assurdamente trionfalistiche come queste: “Ci sono volute tre riunioni dell’Eurogruppo per cambiar pagina in Grecia e in Europa – Χρειάστηκαν τρεις συνεδριάσεις του Eurogroup για να αλλάξουμε σελίδα ως Ελλάδα και ως Ευρώπη”. Mentre Tsipras da par suo ribadisce il concetto: “La Grecia ha ottenuto un accordo negoziale significativo. Un accordo che cancella in pratica i licenziamenti, l’austerità, il memorandum e la Troika. Un passo decisivo per il cambiamento all’interno dell’Eurozona – Η Ελλάδα πέτυχε μία σημαντική διαπραγματευτική συμφωνία. Μία συμφωνία που ακυρώνει στην πράξη τις απολύσεις, τη λιτότητα, τα μνημόνια και την τρόικα. Ενα αποφασιστικό βήμα για την αλλαγή εντός ευρωζώνης». È evidente l’intento di far credere ai greci che Tsipras e Varoufakis sono gli uomini del destino che miracolosamente cambiano le cose non solo in Grecia ma addirittura in tutt’Europa! In realtà chi ha letto le dichiarazioni dell’Eurogruppo sa che non è cambiato assolutamente nulla, salvo aver eliminato la parola Troika sostituendola con un più vago “le istituzioni” (si veda qui il testo completo della dichiarazione dell’Eurogruppo http://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2015/02/150220-eurogroup-statement-greece/).
Alcuni avevano già espresso il sospetto che la vera novità di Tsipras sarebbe stata di carattere puramente nominalistico, ossia nulla cambiava ma le due parole più odiate dai greci, Troika e mnimonio (memorandum, nome greco dell’accordo stipulato con la Troika), sarebbero state bandite per sempre dai discorsi politici con ciò stesso prendendo in giro un popolo che desidera talmente tanto uscire dal tunnel ossessivo della negatività che è più che disposto a farsi prendere in giro non una ma anche cento volte di seguito! Tsipras e Varoufakis si sono prestati volentieri ad impersonare l’inganno e così facendo hanno dimostrato di essere della stessa pasta di chi li ha preceduti.
..fatico a comprendere la lettura data qui, dopo aver visto e sentito ieri sera più di qualche “Troiko Falchetto” girare in conferenza stampa con le penne “bagnate”… e far credere, senza non poco affaticarsi, di essersi mantenuto “asciutto”… almeno nel linguaggio . Rinuncio a commentare oltre, credo che non sia più davvero il caso di farlo senza ledere al principio d’opinione a “condizionI” alternate scaturite dai nostri desiderata. Buona “Timidezza” a tutti nè, che buon pro vi faccia. 🙂