Non passa giorno che sui giornali europei economisti di peso non prospettino o non consiglino un addio alla moneta unica. Non passa settimana che non vi siano dichiarazioni politiche in questo senso, soprattutto in Germania dove si paventa la messa in comune del debito e dove la Merkel viene incalzata da un nuovo partito anti euro. E’ di qualche giorno fa la clamorosa presa di posizione Oskar Lafontaine, padre nobile della Linke il quale esplicitamente dice, “Basta con l’euro”. Per non sottolineare che ormai i modi, i tempi, i criteri con cui è nata la moneta unica sono oggetto di critiche pressoché universali: anche i sostenitori della moneta unica riconoscono l’opportunità di profonde modifiche a Maastricht pur ammettendo l’impossibilità politica di arrivarvi.
In Italia invece la discussione, pure vivace sul web, si ferma i margini dei media mainstream e della politica che coralmente invece rifiuta la stessa idea di qualcosa che ha comunque un’altissima probabilità di verificarsi, magari proprio per iniziativa tedesca. Una cosa è certa: così com’è la moneta unica è divenuta un fattore di disgregazione dell’Unione europea, una potente forza di impoverimento della periferia continentale e ha cessato di essere un significativo vantaggio per la Germania. O la si rende davvero comune, magari attraverso qualche marchingegno come gli eurobond, oppure sarà inevitabile abbandonarla: dai ricchi per non pagare pegno, dai “poveri” per evitare l’azzeramento delle loro economie. La teoria dell’austerità imposta dalla Germania per non rischiare di dover supportare il debito altrui, si è infatti rivelata puro veleno e anche dal punto di vista concettuale è stata fatta a pezzi, rivelandone le incongruenze e persino la poca limpidezza degli studi che la consigliavano.
Naturalmente non si tratterà di una passeggiata: se in prospettiva un ritorno alle singole valute tornerà a riequilibrare le economie continentali, nel breve periodo il problema e i contraccolpi saranno moltissimi. Ecco perché mi inquieta che il tema sia di fatto ignorato dentro il cerchio della “governabilità”, perché una cosa è un’uscita consensuale e graduale, concordata e correttamente affrontata dal punto di vista tecnico, magari prevedendo una doppia circolazione, tutt’altra è invece un’uscita precipitosa per evitare un default o una riduzione al terzo mondo o sotto la spinta di ribellioni sociali non più contenibili. In questo senso far finta di ignorare un tema che si rivela di giorno in giorno più urgente, è come tenere la testa sotto la sabbia, facendo il gioco del sistema bancario e finanziario che naturalmente pensa ai propri interessi e non a quelli dell’economia reale. Di fatto ormai la moneta unica, per i disequilibri che crea, è diventata il vero nemico della costruzione europea creando divisioni e odi: solo i finti europeisti o quelli non abbastanza svegli, pensano che essere contrari all’euro significhi essere anti europei, E’ vero invece il contrario.
In questo blog tutti questi temi sono stati affrontati costantemente per un anno, in direzione ostinata e contraria. E non solo sul piano economico, ma anche da quello politico: non c’è dubbio infatti che la moneta unica, si sia trasformata in un fattore di distruzione dello stato sociale, in un’arma del neo liberismo di stampo consapevolmente reazionario, come del resto alcuni economisti di nome, quali, ad esempio, il premio nobel Mundell, hanno esplicitamente sostenuto. Per questo ho messo assieme un certo numero di post sul tema, che letti complessivamente e al di là delle occasioni in cui sono stati scritti, sono forse in grado di dare una visione più chiara e razionale della situazione.
Buongiorno, Le suggerisco un libro appena uscito in Germania che sto leggendo con molto profitto. Si chiama “Showdown” di Dirk Müller e fa capire meglio il quadro geopolitico che presiede a questa assurdo mascheramento di verità che si chiama crisi del debito. Pensavo anch’io che la Germania fosse l’artefice del disastro, visto che ne sta traendo indubbi vantaggi. Ma il libro mi ha consentito di mettere a fuoco un’altra spiegazione che ora mi sembra più valida: il mandante di tutto sono gli Stati Uniti e la Germania funge solo da luogotenente. Obama ha tolto importanza strategica allo scacchiere mediterraneo ma ha lasciato alla Germania l’incarico di curare gli interessi americani in Europa, dandole praticamente carta bianca. Si arriva al paradosso che la nazione che ha causato la seconda guerra mondiale ottiene il risultato di eliminare completamente dal proprio territorio ogni presenza americana entro il 2014 mentre, per esempio, l’Italia rafforza il proprio impegno anche economico a supportare le basi americane presenti qui da noi rinnovando oltretutto il parco bombe atomiche detenute per conto terzi.
Altro paradosso è che mentre gli Stati Uniti stanno ricostruendo la propria base industriale quella europea viene scientemente distrutta. Il fatto non deve essere casuale. Purtroppo le infiltrazioni americane hanno creato un’intera classe dirigente fedele a Washington come dimostra il fatto che nel comitato esecutivo di Aspen Institute (https://www.aspeninstitute.it/istituto/comunita-aspen/comitato-esecutivo) si trovano tutti i leader italiani o i loro luogotenenti: Enrico Letta, Gianni Letta, Mario Monti, Romano Prodi, Fedele Confalonieri, Luigi Abete, Giuliano Amato, Lucia Annunziata, John Elkann, Franco Frattini, Emma Marcegaglia, Cesare Romiti eccetera. il presidente di Aspen in Italia è Giulio Tremonti.
L’indebolimento della posizione europea è probabilmente lo scopo ultimo delle azioni americane. Agli Stati Uniti serve un’Europa unita per poter far passare più facilmente operazioni di lobby. Ma quest’unione non deve essere forte ma debole e manovrabile in modo che non le salti mai in mente di sganciarsi dalla supremazia del dollaro.
Se pensiamo all’Italia come ad una nazione che non ha mai avuto una reale sovranità perché ha dovuto sempre operare nei limiti degli interessi economici e geostrategici americani, è arrivato il momento di riconoscere che la stessa cosa vale per l’Unione Europea. Imposta dagli americani per i suoi propri fini e poi fatta vivere o morire in accordo alle esigenze contingenti della politica americana. Ora, per noi, è il momento di morire. Sicuramente prima o poi sarà il momento di risorgere. Ma sempre per conto terzi, mai per nostra decisione autonoma.