“Gli uomini col maglioncino” potrebbe essere il titolo di una canzone di De Gregori invece è solo l’immagine del populismo della finanza, la divisa d’ordinanza chi fa mattanza di diritti. E in fondo è l’unica cosa in cui ha fatto scuola Marchionne mentre prendeva per il naso i politici che facevano finta di credere ai suoi fantasmagorici piani.

Anche ieri hanno finta e quindi, ad eccezione di Hollande e del canadese , in giacca, si sono presentati in maglioncino per celebrare l’ennesimo, inutile G8. Hanno cantato l’inno alla crescita dopo che alcuni di loro, la Merkel e Monti in prima fila, hanno fatto di tutto per evitarla. Con qualche vantaggio per la Germania che grazie al basso interesse sui suoi bund è riuscita a risparmiare 60 miliardi in due anni, con un disastro per l’Italia che si è vista soffocare dalla recessione e da interessi sul debito che rimangono altissimi nonostante la cura che avrebbe dovuto fare miracoli.

Di cosa abbiano parlato in concreto non è dato sapere. Ma è assai probabile che Obama abbia fatto pressioni perché si trovi il modo di mantenere la Grecia nell’euro per qualche mese, per una calda estate di massacri, fino alle elezioni. Gli Usa hanno poco da perdere da un addio di Atene alla moneta unica, le sue banche posseggono poco più di 5 miliardi in titoli greci e dunque non sarebbe una tragedia. Ma non c’è dubbio che venuto meno il tassello greco ci sarebbe una reazione a catena con Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia messe in condizione di uscire dalla speculazione e dal loro stesso interesse dall’euro: qualcosa che metterebbe davvero in pericolo la rielezione di Obama, nonostante un avversario che lega il cane al tettuccio dell’auto durante i lunghi viaggi.

Quanto alla crescita, come, con quali soldi è tutto da vedere, anzi la cosa suona solo come uno slogan sinistro: la Merkel ormai in minoranza nel suo stesso Paese può contare ancora su quella parte di opinione pubblica che chiede rigore per il sud Europa: non può deluderla e allo stesso tempo deve evitare un disastro generale che costerebbe al Paese 500 miliardi di euro. La crescita è un ballon d’essai per guadagnare tempo: ci vuole ben altro che un maglioncino e qualche frasetta in croce o l’interessata bonomia giornalistica che monta il bianco d’uovo facendo finta che sia panna.

Per uscire davvero da questo cul de sac, ci vorrebbe una cultura e una sensibilità sociale che spingesse a un’alleanza dell’Europa mediterranea e francese contro i diktat delle troike finanziarie e la filosofia della bundesbank: disgraziatamente però i premier italiano e spagnolo, soprattutto il primo, condividono le ragioni e i deliri del rigore, sono portatori consapevoli o meno del progetto di smantellamento democratico che si attua attraverso la negazione dei diritti e l’impoverimento del lavoro da cui si pesca a piene mani per ripianare i debiti fatti da altri. Si limiteranno agli annunci e a essere uomini di cachemire.