Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ma si, che ragione c’è di voler analizzare e giudicare il prevedibile incidente della storia che si è verificato nel cuore dell’Europa? Per quale perversione intellettualistica esperti di politica estera, storici prestati alla cronaca, politologi si ostinano a spiegare con gli strumenti della ragione   l’impresa delirante di un barbaro pazzo,  come  fosse il tassello di un mosaico geopolitico che ha bisogno per essere interpretato nella sua complessità? Quando sarebbe doveroso invece affidarsi al catechismo del politicamente corretto che aiuta a districarsi nell’eterno conflitto tra Bene e Male.

Ormai non c’è opinionista ufficiale che non si affidi ai canoni etici della pietas per delegittimare competitor che hanno l’ardire di decifrare i veri moventi e le cause che hanno generato gli eventi,  mettendo in evidenza quel cinismo algido che da sempre “spinge gli studiosi infatuati dei propri schemi a normalizzare la tragedia fino a esprimere indifferenza, se non disprezzo, per la sofferenza delle vittime”, parola de Linkiesta, allo scopo di dare credito ai loro pregiudizi   sulle “minacce alla sicurezza” della Russia provocate dall’allargamento a est della Nato, “concetti, parola di MicroMega,  completamente superati dagli eventi: l’aggressione dell’Ucraina da parte di Putin è l’espressione di un potere imperiale ed è ora che la sinistra in Europa prenda atto dei suoi errori di valutazione”.

Inutile osservare che il manicheismo compassionevole ha l’unico effetto di esacerbare i contrasti, di nutrire fanatismo e intolleranza. Ormai è obbligatorio dimostrare la virtù  della sottomissione alla cronaca come viene raccontata dal corifei dell’asse Ue-Nato, resettando il passato dannoso e i suoi studiosi che, come è successo con la pandemia, per mestiere insinuano il dubbio, spingendo verso comportamenti irresponsabili e asociali.

Assistiamo al paradosso che sono diplomatici a riposo, alti gradi dell’esercito ritirati a vita privata, gli unici ad offrire letture documentate, quindi “eretiche” rispetto ai commentatori mainstream che dal loro desk fanno tesoro della cronaca vera secondo Giannini e  Molinari, della greppia di Marcelletti e Quirico che ci informano che i mercenari di Putin reclutati in Siria e “ingaggiati con licenza di saccheggio, giocano a calcio con le teste dei bambini ucraini”, oppure rispetto alla tesi che “la guerra che è tornata oggi è quella contro cui è stata scritta la Carta delle Nazioni Unite. Con l’eccezione dell’invasione della Cecoslovacchia da parte del Patto di Varsavia nel 1968, a partire dalla Seconda guerra mondiale nessuno Stato europeo aveva mai tentato di soggiogare un altro Stato europeo”, parola di Repubblica.

Come se la prepotenza carolingia, il dominio trasversale della finanza, la tracotante tirannia delle banche e delle multinazionali con licenza di non rispettare né leggi nazionali né diritto internazionale, non avessero aggredito la Grecia e non stessero replicando la stessa campagna di sottomissione e aggressione con l’Italia, adottando  su scala  le procedure dell’imperialismo e del colonialismo.

Come se fosse inappropriato chiamare guerra di aggressione quella del Kosovo alla quale abbiamo partecipato con disonore al fianco dell’Alleanza, cui pare dobbiamo eterno risarcimento per averci “liberati”, cominciando da allora a occuparci militarmente, ricattandoci, trattandoci come una riottosa dependance che deve essere tenuta a freno.

E dire che basterebbe entrare nel sito della Nato che lo rivendica in forma di propaganda missionaria, per sapere  e informarci che, cito, “ci sono centomila soldati statunitensi in Europa, 40 mila sotto diretto comando della Nato nella parte orientale dell’Alleanza sostenuti da una grande potenza aerea e navale”. Invece tocca a Marco Carnelos, ex consigliere dei presidenti Prodi e Berlusconi, ex ambasciatore in Iraq ed ex inviato speciale per la Siria, rivelarci che all’atto di riunificazione delle Germanie, gli Usa promisero formalmente, in veste di azionisti di maggioranza della Nato, “che non si sarebbe effettuato nessun allargamento verso Est, “Not one inch eastward”, ovvero “non un centimetro più a est””.

Invece, mentre il nostro Paese aderisce entusiasticamente all’ipotesi di celebrare Zelenskji con il Nobel per la pace, dobbiamo a un esperto di studi strategici che potremmo definire allineato con la lettura geopolitica mainstream, Gianandrea Gaiani, ex consigliere del ministero dell’interno e direttore di una rivista di settore “Analisi Difesa”, la denuncia dei rischi della belligeranza che rappresenta la scelta imprudente del nostro Paese, che non si è limitato alle sanzioni ma ha deciso di fornire armi a uno dei contendenti mettendosi al suo fianco apertamente e rinunciando così a esercitare un ruolo autorevole e credibile nel contesto di un negoziato.

E dobbiamo a un generale, Marco Bertolini, la raccomandazione a non impiegare gli schemi della guerra fredda, che hanno autorizzato l’errore più grave commesso da parte occidentale, e del quale oggi paghiamo gli effetti, “quello di togliere spazio alla Russia e di spingerla verso est, facendo passare armi e bagagli gli ex Paesi del Patto di Varsavia nell’ambito della Nato”.

Ormai è un esercizio sterile interrogarsi se l’atteggiamento di americani e alleati nella NATO sia frutto di una scelta calcolata o invece, e non sarebbe la prima volta, il prodotto  di una previsione arrischiata  sugli effetti dell’annessione ucraina  al blocco militare atlantico avrebbe prodotto. Il risultato non cambia, si tratta comunque di decisioni dissennate e criminali che dimostrano che non è in gioco solo il “diritto internazionale” già ampiamente condizionato dalla pressione della guardiania americana, dal totale dimissionamento dell’Onu, ridotta a corpo privato di vigilantes mercenari, bensì la Ragione e le ragioni della giustizia e della libertà dei popoli, diventate fastidiosi fardelli ideologici da rimuovere perché non contrastino il dominio assoluto dell’impero.