Anna Lombroso per il Simplicissimus

Di Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico  regnante con il nome di Gaio Cesare,  ma meglio conosciuto con il soprannome di Caligola,   terzo imperatore romano della dinastia giulio-claudia, è stata tramandata la nomea di despota depravato e eccentrico, le cui stravaganze e crudeltà avevano preso a modello i satrapi ellenistici. La sua figura fu controversa anche in vita: nei 4 anni di regno fu amato e odiato, amato perché per appagare il suo narcisismo e  la sua smania di consenso era solito elargire giochi, elemosine, crapule offerte alla plebe, odiato perché lo si accusava di dissipare il patrimonio pubblico accumulato da Tiberio e di voler umiliare il Senato.

Ne testimonierebbe la decisione, presa per ridicolizzare la più autorevole istituzione di Roma, di nominare console il suo cavallo prediletto, Incitatus, al quale aveva riservato affetto e devozione, facendolo, si racconta, perfino mangiare alla sua tavola,  fino a quando l’animale perse una gara. L’auriga colpevole della sconfitta fu giustiziato di morte lenta tra atroci sofferenze, del cavallo non conosce il destino solo perché proprio allora  Caligola, che aveva dato altri segni di squilibrio mentale, venne assassinato dai suoi stessi pretoriani.

Succede così da sempre, quando in posti di comando qualche satrapo, qualche monarca, qualche dittatore colloca una figura che non possiede particolari qualità, particolari competenze, particolari talenti, se non, si deve supporre, quello dell’obbedienza e della fedeltà,  fino allo spirito di sacrificio e all’abnegazione.

E difatti la storia è piena delle punizioni esemplari seguite a una carriera fulminante, delle esecuzioni dimostrative quando il cavallo o il ministro o il generale si rende colpevole di aver eseguito scrupolosamente gli ordini impartiti, in modo da far giustizia del tapino, esonerando da ogni responsabilità il diretto superiore, per il quale quasi sempre non si applica il teorema di Di Pietro, finito con Mani Pulite, e che così può  esibire innocenza e vantare ignoranza che alle gente qualunque non vengono perdonate.

Da parte nostra a quelli che non sono cavalli, non possiamo perdonare di non aver capito per vanagloria, interesse, arroganza, di essere predestinati alla funzione di capri (la storia è proprio un bestiario) espiatori, condannati alla gogna, alla vergogna e in qualche caso al plotone di esecuzione. E dire che non ci sono dubbi sull’epilogo di certe brillanti carriere, finite in lapidazione.

Poteva non capirlo il ministro Speranza? che da un anno esegue ordini contraddittori, applica misure insensate alla pari con le diposizioni di Caligola, nomina suoi consiglieri a guisa dell’imperatore, non desiderabili e inoffensivi equini, ma sacerdoti enigmatici e criptici quanto vanesi e tracotanti che esigono sacrifici umani, spara numeri come un estrattore del lotto e pur di restare in sella, come esige il circo delle vanità pandemiche, non si sottrae allo scomodo destino di essere il parafulmine, la vittima sacrificale offerta alla plebe inferocita.

Ma non l’aveva capito prima e ancor più adesso, quando il sibillino presidente del consiglio ha cominciato a esibire il suo sorriso sfingeo demandando a lui le risposte alle sia pur caute domande dei giornalisti, quando non si è presentato a appuntamenti istituzionali lasciandogli la scena, e come non sospettare che sibilasse alle sue spalle “vai avanti tu che a me viene da ridere”, pensando a come prende per i fondelli dietro le quinte tutti, ma proprio tutti, a cominciare dal ministro immolato, oggetto del tiro a segno di uova marce per ora virtuali grazie al distanziamento, oltre che di sanguinose contumelie, fino alle minacce di morte per le quali sono scattate indagini della Procura di Roma.

Ma non l’aveva capito che per fare il ministro della Salute in quei governi gli serviva uno scudo penale che lo tutelasse dai danni che ha contribuito a provocare, che gli occorreva almeno la stessa immunità di tutti gli altri corrotti “eleggibili” e la stessa impunità riconosciuta ai capitani d’industria criminali?

Ma non lo sapeva che non si uccidono così anche i cavalli?