Anna Lombroso per il Simplicissimus

E’  davvero sorprendente che un ometto con una voce querula (come aveva ragione Adorno a dire che la voce è la chiave che apre le porte e rivela la personalità di un  individuo) esaltata dall’accento vernacolare a mascherare l’ origine meridionale, senza fascino, senza carisma – ma con agghiacciate capacità mimetica che lo ha reso il perfetto sosia del suo augusto predecessore, sia l’icona o meglio il testimonial dei capisaldi ideologici dell’establishment: commercializzazione e svendita di valori democratici, memoria e storia e beni comuni, ricatto, intimidazione e sopraffazione,  con particolare accanimento contro vulnerabili, poveri e emarginati, come sistema di governo, accompagnati dall’immancabile bagaglio di esibizione di forza coi deboli e viltà coi potenti, inarrestabile e imponente impiego della manipolazione e della menzogna, sì da esibire piccole infamie e crimini morali come attestazioni di dinamismo moderno e produttivo, dispiegato per favorire la comunità e lo sviluppo sociale.

E invece il sindaco di Firenze ci stupisce sempre, è sempre in prima linea per confermare il trend di moda ai piani alti. L’ultimo successo della sua politica non è solo l’aver concesso alla ditta Gucci le sale della Galleria Palatina di Palazzo Pitti, per tenere quella sfilata rifiutata da Atene che, come ha raccontato con adirata sagacia Tomaso Montanari, aveva respinto i 54 milioni  offerti dall’azienda per affittare il Partenone, rivendicandone la natura moralmente inalienabile di monumento simbolo della democrazia. Invece noi grazie a Nardella ( del piccolo Attila abbiamo parlato qui: https://ilsimplicissimus2.com/2016/11/07/firenze-devastata-il-lamento-di-attila/) siamo diventati così miserabili e disprezzabili da farci comprare Palazzo Pitti con un bello sconto di 52 milioni. Con solo 2 infatti, ma con la benedizione del ministro Franceschini che fa finta che  griffe e marchi multinazionali siano espressione della creatività del paese di poeti navigatori e santi,  Gucci, che ha voluto strafare sputando a un tempo sul piatto ellenico e pure sul nostro: “si vede che la Grecia ha un bilancio più solido di quello italiano”, potrà “valorizzare” Tiziano, Raffaello, Caravaggio con  la sua collezione invernale.

È questo il mecenatismo che piace al regime, fatto di comodi comodati a  illustri ciabattini, prestiti generosi a norcini perché promuovano il Duomo facendo trasvolare qualche guglia o mediante l’ostensione di opere  del Rinascimento tra salsicce e salamini, offerta  munifica di chiese, ponti, siti archeologici come location per passerelle di intimo, per pranzi di matrimoni e convention di protettori e finanziatori. Che si colloca ben bene nell’idea di città d’arte come giacimenti da sfruttare fine all’esaurimento, di musei che devono assolvere alla funzione di fare cassa, di beni comuni obbligati a prestarsi e a essere messi all’incanto per coprire balle di bilancio o per compiacere gli appetiti megalomani  di sceicchi e corsari interni o esteri.

E infatti il secondo successo registrato dal sindaco di Firenze consiste nell’essere il più zelante esecutore di quella interpretazione della sicurezza urbana tramite Daspo, che ha fatto del Ministro dell’Interno in carica il più amato dalla destra reazionaria e da una maggioranza sempre meno silenziosa, tanto che urla per incrementare le pistole facili, per garantire l’illegittima difesa a oltranza, per autorizzare la repressione preventiva,  e che affida l’ordine pubblico ai sindaci anche grazie al suo outsourcing a soggetti privati, alla limitazione di libertà e diritti dei tanti in favore della tranquillità di pochi eletti selezionati tra chi ha e odia chi protesta perché non ha, di chi rivendica l’uso esclusivo di bellezza e cultura  anche se non ha mai pagato le tasse per mantenerle, di chi postula un “decoro” e un bon ton che c0nsacri centri storici e aree di pregio all’uso monopolistico del turistico di lusso e di pochi utenti privilegiati.

Concretizzando la sua vocazione di sceriffo che si era già sfogata quando rispose alla denuncia dell’Unesco (ne abbiamo scritto qui: https://ilsimplicissimus2.com/2016/07/10/unesco-boccia-firenze-da-patrimonio-dellumanita-a-mangiatoia-del-renzismo/ )  agendo con feroce spietatezza contro gli indecenti allestitori di kebab  e i disdicevoli ambulanti multietnici, il sindaco di Firenze ha deciso di fare della città il laboratorio modello della sicurezza su scala locale, pilastro di quell’ordoliberismo, che in nome di una sedicente “democrazia” e grazie a un assetto statale superstite interamente assoggettato, dà totale libertà d’azione al ceto dirigente consegnandogli e assicurandogli strutture e “servizi” organizzativi, misure e manovre  finanziarie, gestione autoritaria delle relazioni sociali, incentivi in favore di proprietà e rendite,  restrizioni di prerogative e garanzie,  in modo che realizzi il suo disegno di avida accumulazione e profitto basato sullo sfruttamento e la speculazione, senza subire le indebite pressioni popolari, definite per l’occasione “populiste”.

Ma non è mica il primo, mica detengono certi primati solo i reami leghisti, o le enclave della contemporanea xenofobia difensiva. Firenze vanta la primogenitura della guerra contro gli indecorosi lavavetri anche prima del suo più famoso podestà che ha esercitato in attesa di Palazzo Chigi. Nel 2007 l’allora sindaco cercò di estirpare quella piaga infausta che nuoceva all’immagine del Giglio, costituendo un “pericolo per la sicurezza” di pedoni e automobilisti,  occupando il suolo pubblico con “secchi e ramazze”, attentando alla salute e generando “alterchi” e litigiosità vergognosa. Fallito per colpa dei soliti giudici rossi il proposito di fare dei quella attività un reato penale, Domenici si accontentò di emanare un’ordinanza per l’irrogazione di sanzioni amministrative, anticipatrice delle misure che da anni penalizzano proprio come durante il fascismo, i poveracci che compromettono il decoro apparente delle città. E che si vorrebbero invisibili, emarginati, condannati a tetre e desolate periferie, a accampamenti indegni dell’umanità, a incivili lager dove si spaccia per accoglienza il confino.

Il 2007 è proprio l’anno di fondazione del Pd: anche quell’episodio conferma la vocazione di un’organizzazione che aveva rimosso definitivamente mandato e tradizione di testimonianza e tutela degli sfruttati e degli oppressi, compresi lavavetri, rom di Roma invisi al fondatore. Sicché giustizia e libertà sono roba loro, armi da impiegare contro di noi.