downloadAnna Lombroso per il Simplicissimus

Quando successe in Grecia insorgemmo: la sovranità di un popolo nasce e si conferma anche attraverso la cura e l’amore che riserva alla sua cultura, alla sua arte e alla memoria di quello che ha costruito la sua identità e la sua autobiografia. Oggi vige il silenzio. D’accordo erano più rissosi, indisciplinati e corporativi di quelli della Prova di Fellini. D’accordo hanno fatto stizzire il Maestro, suscettibile e spocchiosa icona internazionale. D’accordo con le loro proteste di categoria hanno contribuito a gettare discredito sull’Italia, contribuendo al ritratto di un paese soggetto a lobby e gruppi di pressione troppo influenti. Ma la verità è che dal partito dei sindaci si assiste alla conversione a sindaco di partito, determinato a  offrire con zelo e fervorosa sollecitudine una testimonianza simbolica, un caso di successo dell’affermazione di quella ideologia del lavoro, che ufficializza la perdita del posto e dei diritti come formidabile motore di attrazione di investimenti esteri e crescita. D’altra parte  180 lavoratori a spasso fanno notizia per un giorno anche se si stratta di orchestrali, a dimostrazione che nemmeno arte e cultura sono inviolabili, a conferma che l’attacco diretto e esplicito all’articolo 18 è davvero una conquista paradigmatica ed emblematica nella guerra condotta contro i valori e i diritti del lavoro: licenziare si può, si è sempre potuto, adesso per legge si potrà senza la molesta minaccia di dover reintegrare poiché si è introdotta per legge la tolleranza dell’illegittimità e dell’inciviltà, e che nessuno potrà sfuggire a questa eventualità, che nessuno – e da tempo – è davvero garantito.

Chissà se a Muti, Abbado non l’avrebbe gradito, lo so, piacerà un’orchestra interinale, privata e mobile, un complesso scelto e pagato da sceicchi sauditi destinato all’intrattenimento di un pubblico selezionato di riccastri di varie latitudini. Meglio ancora, una banda di musicisti sotto ricatto da amministratori e sponsor stonati che prova Bach e suona Mozart a termine, per tre mesi in attesa di rinnovo, nella speranza di passare da CoCoCo a più garantiti subordinati.

Per carità niente di diverso da quello che succede a milioni di lavoratori, di sottooccupati, di espulsi senza ritorno, ma tanto per andare all’origine dell’atto di autorità del sindaco invisibile, che si rivela solo con atti di proterva  punitività, commessi ai danni di musicisti come di senza tetto o di cittadini privati del trasporto pubblico, è la qualità del segnale che disgusta, della prova di forza a dimostrare che è finalmente possibile, praticabile, naturale mettere alla porta senza gli otto giorni chi non fa come dice il padrone.

Così il padrone diventa tale, interamente, dentro e fuori dal posto di lavoro, delle nostre vite dentro e fuori dalla fabbrica, dall’ufficio, dal teatro. Comanda sulle nostre esistenze nelle quali la provvisorietà e i ricatti che comporta sono una ferita, una fonte immeritata di ansia, una percezione di fallimento, una diminuzione della condizione di cittadinanza  e un rinvio continuo del futuro, così che le risorse umane raggiungono il desiderabile livello di disumanità che rende disposti alla rinuncia, all’abiura della dignità.

Buonanotte suonatori, Renzi, il suo partito, i suoi fan, come il cugino d’oltralpe, pensano che in fondo basta cambiare un po’ il motto simbolo dell’affrancamento dallo sfruttamento: liberté, fraternité, precarièté.