Forse la riforma della giustizia consiste in questo: che basta essere assolti in uno qualsiasi dei gradi di giudizio, per essere considerati innocenti. E così se l’appello, al contrario del solito, ribalta l’assoluzione di primo grado ecco che diventa res nullius. Naturalmente non stiamo parlando dei cittadini, parliamo dei politci e del desolante, spaventoso berlusconismo di ritorno di cui sta facendo mostra il Pd dopo il caso Errani.
Il presidente dell’Emilia – Romagna, condannato per aver favorito con un milione di euro pubblici la coop del fratello (ma cosa volete che sia la miseria di un milione, brutti populisti che non siete altro) viene difeso a spada tratta e senza pudore da tutte le anime del partito che quando si tratta di soldi si ritrovano in perfetta comunione. Persino l’ex giovane turco romano de roma Orfini dice che “Errani è persona perbene e lo dimostrerà. Ha sempre lavorato nell’interesse dell’Emilia Romagna”. Ma dove lo dovrebbe diimostare? In Cassazione? Ma forse qualcuno ha avvisato questa marmaglia di saraceni politici che la Cassazione non giudica nel merito, ma solo della legittimità? O forse se lo sono scordati una volta condannato il Berlusca? E infatti anche un comunicato dei 24 deputati dell’Emilia- Romagna parla del terzo grado di giudizio nel quale, senza dubbio emergerà, tutta la limpidezza dell’Errani.
In ogni caso invece di starsene zitto e buono di fronte a un fatto che peraltro è ormai ordinaria amministrazione, il partito che ha come capogruppo l’uomo che per nove anni fu a capo del famigerato consorzio Venezia nuova, supplica il grand’uomo di rimanere, di non dare le dimissioni, probabilmente perché un atto così palesemente scandaloso potrebbe costituire un precedente, anche se Errani è ormai in scademza. Un vero grido di dolore per un uomo che dimettendosi – dicono -ha fatto mostra di senso dello Stato. Quello che appunto sembra lontanissimo dal Pd che invece gli chiede di avvitarsi alla poltrona.
Quello che succede in Emilia è il lato negativo della pretesa renziana e dei nemici della democrazia parlamentare di avere per forza un governo forte a prescindere da come hanno votato gli elettori. In pratica, oggi se il presidente della regione (e parliamo nel caso estremo di una regione come la Lombardia, che fosse nazione da sola sarebbe se ricordo bene tredicesima per popolazione e nona per PIl, insomma, uno stato europeo tra i più potenti) si dimette, automaticamente decade anche la Giunta (che è l’equivalente del governo), e il Consiglio rimane in carica solo per il disbrigo delle pratiche correnti fino al nuovo voto.
Ricordo che il governo regionale non è robetta da poco, se si pensa al caso estremo di una regione come la Lombardia, che fosse nazione da sola sarebbe se ricordo bene tredicesima per popolazione e nona per PIl.
Eppure un organo politico così importante è completamente succube del presidente. Ecco perchè le regioni italiane sono gli enti in assoluto più corrotti, con oltre 500 consiglieri indagati su 1100 totali, (più che in una qualsiasi carcere italiana, dove la metà dei detenuti NON è condannata in via definitiva, e quindi a norma di legge colpevole di qualcosa).
Se la sopravvivenza del presidente è fondamentale per andare avanti, questo se la può garantire solo in un modo, ovvero non muovendo un dito di fronte alle ruberie dei consiglieri che lo sostengono, pena la sfiducia e la decadenza. E’ chiaro che in un contesto così malato il presidente che non si adegua e ruba a sua volta non è onesto (non può esserlo perchè abbiamo già visto che deve guardare in silenzio le ruberie dei suoi), è solo un fesso.