Se lo stravolgimento delle istituzioni avesse come obiettivo il risparmio nei costi della politica e la rapidità del processo legislativo, di certo non si sarebbe trasformato il senato in un’assemblea formata prevalentemente da non eletti o da eletti per altri compiti. con risparmi presunti attorno ai 70 milioni l’anno scarsi. Infatti se il sistema parlamentare italiano si distingue dagli altri per qualcosa – con la sola eccezione della Gran Bretagna per la quale valgono radicate ragioni storiche – è il numero esorbitante di deputati rispetto alla popolazione.
Ne abbiamo 630 contro i 622 della Germania (su 80 milioni di abitanti) i 435 degli Usa (320 milioni di abitanti), i 577 della Francia o i 350 della Spagna e via dicendo. Di fatto una razionalizzazione concreta e un efficace taglio dei costi dovrebbe prevedere proprio il taglio di questo esercito di deputati, il secondo in assoluto al mondo, che è un tratto caratteristico delle istituzioni italiane. Probabilmente occorrerebbe sforbiciare anche i numeri del “nuovo” del Senato che con i suoi 148 membri raccogliticci e nominati di fatto dai partiti o dal presidente, rimane pur sempre assai più numeroso di quello statunitense (100) o tedesco (69) pur di fronte a compiti di fatto molto ridotti in confronto all’attuale bicameralismo perfetto.
Così il rapporto fra parlamentari e abitanti scende solo di un po’ e visto che le spese vive e incomprimibili sono quelle di struttura avremo stravolto la Costituzione e creato un assurdo pasticcio istituzionale dalle imprevedibili conseguenze, per risparmiare solo qualche decina di milioni all’anno, anche ammesso che non saltino fuori (ma questa è l’unica cosa sulla quale si può giurare senza problemi) indennità e prebende varie, lasciando praticamente intatte le spese della politica, esattamente come accade per l’abolizione delle provincie. Ma soprattutto diminuendo solo di un po’ i posti disponibili e dunque continuando in pieno ad alimentare tutto il milieu che vive di e attorno alla politica.
Sono i numeri stessi a denunciare il fatto che l’idea di manomettere il Senato al fine di risparmiare è solo propagandistica e che lo scopo vero è quello di sostituire un’assemblea elettiva con una di fatto sottratta al giudizio degli elettori e praticamente priva di qualsiasi autonomia rispetto ai partiti. Un effetto che per la Camera viene ottenuto grazie alla nuova legge elettorale e ai suoi listini bloccati. Anche per quei 40, sindaci di città capoluogo o presidenti di regione, che andranno a Palazzo Madama, non si può parlare di scelta vera e propria, perché queste persone vengono elette per altri scopi e in altri contesti. Anzi è evidente che la direzione è quella di immettere una bella dose di ambiguità e confusione nel giudizio delle urne visto che i cittadini si troveranno di fronte al dilemma di eleggere la stessa persona per due compiti completamente diversi.
Non ci vuole molto per capire il grado di approssimazione e dilettantismo da cui nasce questo pasticcio, ma anche la chiarezza adamantina del disegno finale che consiste nel tenere lontani i cittadini dalle scelte politiche e sopprimere il principio di rappresentanza perché le persone non possano opporsi al loro stesso massacro. I primi sono i tratti tipici e grossolani del renzusconismo che tanto favore riscuotono presso lo stesso pubblico che si aspettava la cura del cancro, il secondo è lo scopo finale di cui l’attuale premier è stato ingaggiato come attor giovane.
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Introdurrei un’altra fallacia logica, questa volta ben nota: buttar via la vasca con il bambino dentro. Nella questione dell’eccessivo o non eccessivo numero di parlamentari, la VASCA è per un verso l’altissimo costo del personale politico italiano e dei suoi infiniti privilegi mentre, per l’altro, è la pressoché totale mancanza di professionalità politica e di caratura morale dei nostri rappresentanti, per non parlare di altre doti necessarie come senso civico, indipendenza di giudizio, incorruttibilità, capacità di analisi, conoscenza storica, esperienza di vita eccetera.
Il BAMBINO, invece, è la necessità, in una democrazia, di avere qualcuno che ci rappresenti ossia che rappresenti quello che siamo, quello che vogliamo, quello di cui abbiamo bisogno e quello che sceglieremmo se fossimo nei panni dei nostri rappresentanti per impedire che, come sta succedendo ora, le scelte vengano tutte prese dall’alto sopra le nostre teste e ci ritroviamo alla fine con fatti compiuti che possiamo solo subire.
Quello che sta succedendo è che per uno sciagurato processo di semplificazione intellettuale, promosso peraltro dai padroni del vapore e dai loro macchinisti addetti alle presse, il cittadino tende a trarre la conclusione fallace che siccome molti degli attuali deputati e senatori sono poco più che parassiti allora il senato deve sparire, la camera dimagrire e i nostri rappresentanti diventare un manipolo di gladiatori decimati e incapaci di essere quel contropotere robusto e deterrente che serve a un popolo per evitare di essere schiacciato dai poteri forti.
Ossia si butta la vasca con il popolo italiano dentro, o per lo meno, con dentro le speranze del popolo italiano di avere voce in capitolo nel proprio futuro, una voce in capitolo che passa attraverso l’allargamento della rappresentanza e non la sua contrazione.
Se almeno si dicesse che si vuole passare dalla democrazia rappresentativa alla democrazia diretta, allora non avrei obiezioni, salvo ovviamente cominciare a discutere di salvaguardie del diritto delle minoranze e di altri elementi etici e giuridici che servono a impedire la possibile degenerazione in dittatura della maggioranza. Ma se si vuole passare dalla democrazia rappresentativa alla democrazia MENO rappresentativa, allora dico che non ci siamo e che nel processo di maturazione di una coscienza politica democratica molti italiani si stanno fermando allo stadio dell’infantilismo, veri bambini nella vasca che vanno salvati anche loro malgrado.
La diminuzione del numero di rappresentati ( bene o male…) del popolo altro non può che costituire una concetrazione di potere nelle mani dei pochi eletti che essendo pochi facilmente potrebbero essere tutti pessimi eletti… per qunto riguarda il numero di rappresentati e soggetti di potere in una democrazia, mi si scusi l’ipse dixit stavolta relamente valido ma
“melius abbundare quam deficere”, diversamente da quanto concerne lo stipendio di detti rappresentati, nel migliore dei casi politici e non politicanti…come ho detto più sopra la retribuzione degli umioni d’onore, gli onorevoli dovrebbe essere non più della metà di quella attuale, la politica dev’essere il governo del bene della società e non un’occasione di arricchimento smisurato, di opportunismo carrierismo e e conseguente demagogia cialtrona….
Non riesco a concordare con Mr. Simplicissimus nella prima parte del post. Innanzitutto noto che il popolo bue, oggetto di questo intervento, è un popolo “reso bue”, perché nessuno, di per sé, nasce bue.
Ma per rendere il popolo bue uno dei metodi più efficaci, se non il più efficace in assoluto, è la fallacia dell’ipse dixit che assume diverse forme: “l’ha detto Aristotele quindi è vero”, “l’ha fatto Gandhi quindi lo possiamo fare anche noi”, “c’è in Francia e in Germania quindi va bene anche per noi”, “chi fa da sé fa per tre” e, in generale, tutti i proverbi e le massime sapienziali che, non so se l’avete notato anche voi, bloccano ogni discussione sul nascere perché fanno “sentire” all’interlocutore che se osasse opporsi o semplicemente differire scatterebbe una sorta di riprovazione generale.
La fallacia dell’ipse dixit si basa sul fatto che l’essere umano è preprogrammato da madre natura per obbedire ad un’autorità superiore, ossia al capobranco, e quando si afferma che una cosa è stata detta o fatta da qualcuno cui si riconosce un valore di capobranco (Aristotele, Gandhi, la Francia e la Germania ma anche quella comunità indistinta e anonima, sorta di super io sociale, che genera i proverbi per guidare gli individui in ogni circostanza della vita) si ottiene il risultato automatico di bypassare il livello della ragione nell’ascoltatore o lettore per accedere direttamente alla sua sfera inconscia o preconscia in cui prevale ancora la paura dell’esclusione sociale e il rispetto atavico della gerarchia come unico strumento di sopravvivenza del singolo. Una cosa molto darwiniana ma nondimeno assolutamente vera. Tant’è che tutta la politica e tutto il marketing aziendale utilizza a piene mani l’ipse dixit ogni volta che può. E, di fatto, è lo strumento principale per l’assoggettamento di massa dei popoli a qualunque cosa i regimi o le industrie ci vogliano spingere.
Nel caso di questo post vorrei però far notare che il cosiddetto alto numero di parlamentari, in realtà, non è affatto alto. Se veniva considerato adeguato nel dopoguerra quando l’Italia contava 40 milioni di abitanti, per quale motivo dovremmo cambiare idea ora che l’Italia ha 60 milioni di abitanti? E poi, ricorrendo io stesso all’ipse dixit, come avrebbero potuto sbagliare i mitici padri della Costituzione, se hanno deciso quel numero lo avranno fatto a ragion veduta, no?
L’ideale partecipativo, anzi, richiederebbe il massimo ampliamento del numero di rappresentanti affinché qualsiasi italiano abbia la capacità di dare un contributo utile lo possa fare. La direzione da seguire, quindi, dovrebbe essere in realtà opposta: approfittare di Internet e delle incredibili opportunità offerte dalle nuove tecnologie social per accrescere il numero di rappresentanti fino a creare un parlamento decentrato capace di migliorare la qualità della nostra asfittica (per non dire inesistente) democrazia. E con un risparmio di costi inerente al concetto stesso di decentramento web.
Chiaramente, invece, i regimi di ogni paese, il nostro compreso, hanno capito con largo anticipo che dovevano tutelarsi dalle orribili (per loro) conseguenze di un’estensione della partecipazione democratica nel senso della democrazia diretta, resa teoricamente possibile dalle nuove tecnologie web, e sono corsi più o meno bruscamente ai ripari decidendo di tagliare di netto l’albero della democrazia. Che lo facciano i regimi mi sembra logico, ma che il cittadino vittima si metta a solidarizzare con il carnefice reclamando a gran voce la diminuzione dei propri rappresentanti mi sembra l’ennesimo trionfo della micidiale “logica” dell’ipse dixit.
La soluzione per in ocsti delle sedi di rappresentanza politica ed amministrativa in Italia ??
Non tagliare il numero di politici in quanto di fronte ad un numero abbondante si può sperare anche in Italia di trovare qualche buon politico…ma la soluzione è quella di ridurre in tutte le sedi lo stipendio a politici di ca. il 50%, possibilmente di più, cosicche la politica ritorni ad essere un mestiere pe uomini onorevoli che ricoprono prelopiù una carica “d’onore”, e non eccessivamente stipendiata come attulamente dove in politica vige i carierismo basato sulla demogogia per il piopolo bue e l’affarismo… questa è l’unica soluzione che riesco a vedere.