CP2%20Baj%20GeneraleAnna Lombroso per il Simplicissimus

Tale era la pena che provavamo nei confronti di mio papà cui non avevano mai regalato l’agognato teatrino delle marionette, che per il sessantesimo compleanno gli facemmo dono di uno grande, barocco, sontuoso che troneggiò in un angolo del suo ufficio a dimostrare sfrontatamente che è bellissimo conservare il bambino che alberga in noi. Però non ci giocava e spiegò che si limitava a sorridente contemplazione perché non era abbastanza vecchio per trastullarsi senza vergogna e senza pudore con i giocattoli.

Invece ci sono monarchi abbastanza anziani da volersi baloccare con carri armati, fucili e soprattutto aerei. Possiamo immaginarceli che scorazzano per i corridoi dei palazzi a cavalcioni di un bastone camuffato da destriero, forse hanno rubato l’elmo ai corazzieri e suonano una trombettina “pepèpepèpepè”.

E allora attribuiamo a questa delicata inclinazione al gioco riapparsa in tarda età, la decisione del Presidente Napolitano ha indire per mercoledì prossimo una riunione straordinaria del  Consiglio supremo di difesa collocando all’ordine del giorno le “criticità relative all’attuazione della Legge 244″. Le cosiddette criticità altro non sono che la legittima pretesa del Parlamento di esercitare funzioni di vigilanza e controllo  sulle spese della Difesa, come era stato d’altra parte ribadito in occasione dell’approvazione delle mozioni che, in applicazione  dell’articolo 4 della legge 244, istituivano un’indagine conoscitiva sulle spese militari in generale e sugli F35 in particolare.

Mica si vorrà impedire a pomposi generali, a monarchi incontinenti di autoritarismo, a ministre convinte che le armi siano uno strumento per preparare al pace, di gingillarsi con i cacciabombardieri americani, che nemmeno gli americano vogliono più, il cui acquisto qualcuno poco avveduto vorrebbe sospendere per recuperare risorse finanziarie da destinare alle riforme del nuovo pupillo. Meglio prevenire dunque, che poi non venga in mente agli americani di affittarci per collocare il Muos da noi e spostarlo magari in Ucraina, o di gratificarci concedendoci di fare da hangar, parcheggi per droni, basi per rifornimenti, grandi magazzini per salmerie.

Siamo un paese inguaribilmente gregario, provinciale e arriviamo in ritardo nella comprensione degli eventi. Ci siamo appena appena accorti che c’è una crisi e non abbiamo capito che è  una guerra, condotta contro i popoli, la loro sovranità, nella quale le armi convenzionali e non si muovono contro le democrazie. Ci sarebbe da essere sollevati che come nel caso degli F35 si tratti di armi fortemente “scamuffe”, poco meno che delle patacche come i televisori che vendevano a Napoli negli anni ’60.

Il fatto è invece che è cambiata l’ideologia della difesa e della sicurezza, checché ne dica la Pinotti in degna successione di Mauro: la guerra si fa per preparare la pace. Pensando magari a grandi opere di ricostruzione, grandi carrozzoni per appaltarle, grandi profitti per grandi speculatori e borsaneristi.

Si sa che in tutti i regimi lo scopo delle politiche di sicurezza non è semplicemente quello di prevenire i pericoli, di circoscrivere gli effetti di delitti e  crimini, di ingenerare così fiducia tra i cittadini. Ma è anche quello di contrastare i disordini, “che minaccerebbero la sicurtà dello stato”. Gli esempi non solo simbolici non mancano, dall’articolo 48 della costituzione di Weimar (1919), fondamento giuridico del regime nazional-socialista, che  menzionando la «sicurezza pubblica», riferendosi a procedure di emergenza per prevenire e fronteggiare  una minaccia immediata e reale che bisogna eliminare sospendendo per un tempo limitato le garanzie della legge.

E è proprio quello che si sta facendo, approfittando della crisi, provvidenziale per chi ritiene che l’autodeterminazione dei popoli, che la partecipazione di cittadini alle scelte, che la tutela dei beni comuni, che la difesa dei diritti e delle leggi, anche mediante la salvaguardia dei principi stabiliti dalle Carte costituzionali. Si riducono via le certezze, le prerogative, le libertà di espressione e di critica, in nome di una sicurezza, di un ordine che altro non è che rinuncia, acquiescenza ai ricatti, ubbidienza.

Così acquistano prestigio le ordinanze di sindaci sceriffi, la militarizzazione delle strade, delle piazze, delle città che, si sa bene, minacciano di diventare teatro di una guerra quotidiana innescata dalle sempre più tremende disuguaglianze. Così militari degli eserciti vengono mandati a fare i vigilantes in rischiose operazioni commerciali, rischiose soprattutto per chi sta dall’altra parte e disarmato. Così o sistemi di difesa sempre più sofisticati, si dotano di attrezzature che entrano nelle nostre vite, per difebdere chi molto ha dalla rabbia di chi invece è privo del necessario. Così bisogna reprimere anche l’immaginazione della disubbidienza e della critica, con uno sfoggio di muscolarità, dietro al quale spesso si celano altrettanto potenti e resistenti patti opachi, affari scellerati, traffici illegali., dei quali fanno parte anche le scriteriate scelte di tagliare l’università per finanziare la ricerca missilistica, di svendere il patrimonio pubblico per comprare aerei taroccati, di introdurre la precarietà a vita per rafforzare un esercito, quello dei condannati allo sfruttamento e alla disperazione.