La domenica appena trascorsa assegna ai media e presumibilmente a una notevole maggioranza di italiani un bel cappello d’asino in politologia, cultura generale e matematica statistica. Intanto pare che a un bel numero di commentatori sia sfuggito l’impatto simbolico di Berlusconi che entra con la medesima auto del predellino nel quartier generale del Pd (vi giuro che stavo scrivendo Dc, ho dovuto cancellare e correggere) per fare un accordo politico ,un accordo fondativo sulla stessa Costituzione. E’ una cosa molto diversa dal governare insieme per necessità, come dire, europee: stupirsi che a rimanerci male siano anche personaggi che governano assieme al Pdl è un meschino gioco a non capire.
Ha poca importanza anche che una parte consistente del Pd e per conseguenza l’intero partito vivesse da anni una sostanziale consociazione di visione con l’avversario: il fatto che la convergenza venga ufficializzata e siglata in un patto di alleanza cambia radicalmente le carte in tavola anche se lo sforzo principale dell’informazione è proprio quello di mettere sotto il tavolo questa realtà ovvia dal punto di vista simbolico e psicologico oltre che ovviamente politico.
L’altra materia in cui vengono bocciati i media è la statistica: dentro una riforma elettorale ancora ampiamente inesplorata, saltano fuori però tre elementi che ne chiarificano le intenzioni e cioè mantenere praticamente inalterato il porcellum, cucinato questa volta in salsa spagnola. Intanto con le liste bloccate corte continueremo ad avere un parlamento di nominati e dunque in mano a pochissime persone. E’ vero che il premio di maggioranza scatterebbe solo dopo il raggiungimento di un quorum da stabilire, ma questo intanto manterrebbe un sistema già bocciato dalla Consulta, cercando nel contempo di polarizzare al massimo il voto e mantenere al potere tutta l’attuale elite politica e affaristica. Ma il cuore del niño sucio ovvero del porcellino iberico sono i piccoli distretti elettorali e lo sbarramento al 5%.
E’ intuitivo – senza stare a scomodare la varianza e la curva di Gauss – che più diminuisce l’area nella quale si deve raggiungere e superare lo sbarramento, più è difficile che i partiti minori possano avere una qualche rappresentanza: quando diciamo che un raggruppamento ha il 5% come media nazionale non pensiamo certo che abbia raggiunto quella percentuale in ogni singolo seggio, ma che in moltissimi di essi ha ottenuto risultati di poco o di molto inferiori e in pochi superiori. Su un’area vasta raggiungere una media del 5% è facile, su un’area ristretta molto più difficile. Questo naturalmente porta come conseguenza innanzitutto che sarà difficile diminuire i il numero dei parlamentari dovendo creare distretti elettorali molto piccoli e poi che le formazioni minori, anche quelle molto lontane dallo sbarramento, in questo quadro bipolare, non potranno fare altro e/o saranno in grado di imporre uno sfrenato clientelismo ancor prima delle elezioni. Clientelismo a priori invece che a posteriori, come del resto accade in Spagna sia pure in un contesto diverso. Il fatto è che più diminuiscono le possibilità effettive delle formazioni minori più aumenta il loro potere condizionale su quelle maggiori, secondo quanto prescrive l’indice di Banzhaf (vedi nota)*
Alla fine si tratta di un porcellum soltanto ripulito per quella mezz’ora che basta a presentarlo al pubblico e libero poi di grufolare per mantenere intatto lo statu quo ante. Una trovata che ,manco a dirlo, Napolitano si appresta proprio in queste ore a difendere a spada tratta in nome della stabilità, dell’Europa e mai in nome dei cittadini. Ammesso che si ricordi ancora cosa siano.
* nota Questo indice detto anche indice di potere, propone dei metodi calcolo per comprendere il peso che hanno le forze politiche nelle coalizioni sia pre che post elettorali. Riporto qui una breve, ma chiara introduzione a cura del dipartimento di matematica della Bocconi .
“Nell’ambito della Teoria dei Giochi cooperativi si studiano i problemi di coalizione ed in particolare gli indici di potere, che introduciamo ora brevemente. Consideriamo un Paese ove vi siano tre soli partiti politici, A, B e C, con la seguente ripartizione di seggi: 40% ad A e 30% a B e C. E’ facile constatare che, se non vi sono particolari propensioni od avversioni per certe alleanze, tutti e tre sono sullo stesso piano agli effetti delle possibili coalizioni di maggioranza semplice. Possiamo quindi assegnare un “potere coalizionale” paritetico, cioè del 33,3% a ciascuno. La stessa situazione si presenterebbe se A e B avessero il 49% dei seggi ciascuno e C il 2%: quest’ultimo partito avrebbe infatti, pur con un potere nominale molto basso, un potere reale uguale a quello degli altri (è questo il caso nostro in una situazione pre elettorale con una legge renzusconiana n.dr.) Se invece A avesse da solo il 51% dei seggi, il suo potere sarebbe del 100% (cioè 1). Che dire se la ripartizione dei seggi è 50% per A, 30% per B e 20% per C ? Qui Anon possiede da solo la maggioranza; d’ altra parte ciascuno degli altri due partiti ha bisogno di coalizzarsi con A, in quanto l’unione fra B e C non è maggioritaria. E’ intanto facile intuire che questi ultimi, pur avendo diverse quantità di seggi, sono in ugual posizione di potere; è anche presumibile che A abbia un potere maggiore, data la sua posizione prioritaria; ma quale ripartizione potremo prevedere? Una formula che aiuta a valutarla, chiamata “indice di Martin-Banzhaf-Coleman” (o più semplicemente “indice di Banzhaf”) si basa sul concetto di “crucialità”. Si dice che un giocatore è cruciale per una coalizione se essa è maggioritaria con lui e minoritaria senza di lui. Nel caso dell’ultimo esempio, A è cruciale per tre coalizioni (AB, AC e ABC), mentre B è cruciale solo per una (AB), analogamente per C (cruciale per AC). Ripartendo il potere in proporzione di tali crucialità, si ottiene 3/5 per A e 1/5 per B e C.”
A parte l’osservazione precedente, noto che il 35% è una soglia che nessun partito può raggiungere verosimilmente. Da solo! Ma con una “grosse Koalition” il 35% è un traguardo facilmente assicurabile.
La furbizia di questa mossa renzusconiana è dunque quella di far credere che il premio del 20%, ossia il furto di voti pari al 20% dell’elettorato, non possa più avvenire (perché nessun partito da solo può davvero aspirare a ottenere il 35% dei consensi) mentre invece si sta già preparando il meccanismo della “grosse Koalition” che renderà addirittura irrisorio il superamento di quel limite.
In più, la grande coalizione fra PD e Forza Italia sarà facilissima da giustificare sulla base del fatto che “anche la Merkel ha fatto la grosse Koalition con i suoi avversari politici e nessuno se ne è scandalizzato, neppure qui da noi!”.
Mi par già di leggere i titoli sui quotidiani: “Non siamo da meno della Germania” (Il Giornale) “Grosse Koalition contro la crisi” (Corriere della Sera), “L’unione fa la forza (Italia)”. Quest’ultimo, per chi non l’avesse capito, sarà il titolo del Fatto Quotidiano 🙂
Quando si lascia la retta via, si ha subito bisogno della statistica che è lo strumento principe per la manipolazione dei dati nelle scienze umane e che permette di arrivare a qualunque conclusione si voglia, anche la più assurda. Non lo dico per criticare Mr. Simplicissimus, che sta anzi usando la statistica come strumento di rettifica della cosiddetta statistica “creativa”, ma solo per far notare che una volta che si accetti il principio premiale nelle architetture elettorali si aprono le cataratte del diavolo e qualunque cosa diventa possibile (chissà perché ma ogni volta che il mio livello di indignazione personale supera la soglia di guardia, ridivento religioso, per lo meno a livello linguistico).
Se Dio fosse un creatore di norme elettorali aventi validità eterna, oltre la storia e per qualsiasi sistema elettorale degno di questo nome, il primo dei suoi comandamenti sarebbe, credo, “non regalare i voti d’altri”. Questa variante del decimo comandamento “non desiderare la roba d’altri” esprime il semplice concetto che se io ho votato per il partito XY nessuno deve poter rubare il voto che ho dato a XY per assegnarlo al PD, a Forza Italia o a Beppe Grillo. Perché il nucleo concettuale della democrazia è che io cittadino faccio parte di un sistema democratico se e solo se il mio voto conta e arriva al partito a cui l’ho assegnato, non se è intercettato e deviato su partiti a cui non ho dato alcun mandato di rappresentarmi. Altrimenti il risultato non è solo l’ingiusta penalizzazione del mio partito ma anche l’annullamento della mia persona in quanto facente parte di un sistema democratico dove io esisto e conto in quanto voto ed il mio voto è contato e correttamente attribuito a chi ho scelto di darlo. Ossia, in altre parole, con i sistemi premiali ruba-voti, io elettoralmente, non esisto, non sono mai esistito e, come conseguenza, neppure il sistema elettorale esiste più in quanto sistema elettorale democratico. Quella che esiste è una variante di dittatura che si chiama oligarchia, ossia un sistema “glorioso” che è stato in auge per la maggior parte della storia e in cui solo una parte dei cittadini contava ed era rappresentata.
Oggi che vediamo i poteri forti coalizzarsi contro di noi per non farci esistere non solo elettoralmente ma anche in modi molto più “fisici” e concreti, come l’assalto al lavoro e alle nostre proprietà, il quasi obbligo per i giovani di emigrare per assicurarsi un minimo di futuro e la graduale sparizione di ogni nostro diritto acquisito, dovremmo finalmente aver capito che tutto cominciò con la distruzione, su base statistica, dei principi basilari della democrazia. Il grappolo dei nostri diritti è stato prima strappato dal grande albero della democrazia con l’enorme vulnus che risale a quando fummo convinti che “maggioritario è bello”. Successivamente si cominciò a spolpare il grappolo togliendo un acino qui e un acino lì in uno stillicidio continuo che ormai non stilla più ma letteralmente divora i nostri residui diritti.