Ce l’ha messa tutta in questi giorni il vecchio leader del Carroccio  come se partecipasse a chi la spara più grossa: zingaropoli, Milano islamica e via andare. Un crescendo di sciocchezze biascicate circondato dai suoi luogotenenti – badanti che testimoniano l’esaurirsi di una stagione, anzi la sua decomposizione.

E tuttavia anche in questo il senatur è stato superato alla grande da Tremonti che dopo le scoppole dei rating e le statistiche dell’Istat, dopo essere stato stanato dalle sue bugie in falsetto, ha il coraggio di dire:  “Cvedo che la rappvesentazione dell’ Istat sia discutibile, quei dati non rappvesentano la vealtà, l’Italia è più vicca di dieci anni fa.”

Certo qualcuno più ricco c’è, qualcuno che il ministro conosce bene, quel tizio con i capelli disegnati a tempera e quell’altro che Tremonti vede la mattina quando si fa la barba o quelli che hanno usufruito dei suoi condoni. Ma solo un mentecatto potrebbe sostenere in buona fede ciò che dice Tremonti e solo uno protervo come lui potrebbe trascurare il fatto che la ricchezza finisce in un numero sempre più ristretto di mani.

Ma in fondo meglio così, meglio che Tremonti si esprima nella pienezza dei suoi giochini al massacro e nella sua infingardaggine, anche se a sentirlo viene un moto di ribellione.  Più parla e meno c’è la possibilità che possa essere considerato un successore di Silvio. Lui più di tutti gli altri ha il diritto di finire nel museo delle cere del berlusconismo. Magari vicino a Fede, in mancanza di buona fede.