Credo che nel mondo maschile esistano alcune convinzioni di cui mi vorrei fare interprete, “mettendole a disposizione” degli uomini, consapevoli che condannare atteggiamenti lesivi delle donne significa riprendersi una condizione umana e una dignità di persone.
L’8 marzo voglio anche io un mazzetto di mimose, anche se rinuncerò volentieri alla serata in pizzeria e a tutte le altre desolanti ritualità. Lo voglio perché da uomo penso che l’avvilimento della figura femminile mi riguardi molto da vicino, anzi mi coinvolga totalmente. Se la donna è trattata come corpo e carne da consumo, io sono trattato come potenziale fruitore di questo prodotto. Il degrado di una società è anche il maligno incastro di questi due elementi.
Non voglio far finta di avere un vissuto femminile, quindi rimarrò dentro quello che mi appartiene. Ma non c’è dubbio che l’immagine maschile, modellata su quella del premier e dei suoi fidi, quel maschio da caserma guardone e onanista, compiaciuto della sua nulllità che sa violentare, comprare e non amare, quel peter pan corrotto da capitan uncino che costituisce il modello emozionale e sessuale dell’establishment italiano, è l’altra faccia della deprivazione sociale.
Una promessa di libertà banali e ambigue in cambio delle vere libertà. La contrazione dei diritti in cambio di gnocca patinata, la sessualità da bagordo e da sveltina, un’immaginario povero e patetico: tutto questo è la faccia maschile dell’assalto al copro delle donne. Un’idea della vita drammaticamente vuota e asservita al consumo come massima aspirazione. Consumo di auto, di cellulari, di carezze sui vari lati dell’oggetto femminile. Un oggetto messo in vendita perché i maschi non si accorgano di essere stati a loro volta venduti.
Se vuoi dissipare le speranze, le idee, l’agire sociale, lo stare insieme e il progettare insieme, qualcosa la devi dare in cambio: e u pilu, divenuto merce per milioni di qualunquemente, si presta benissimo.
Per questo voglio anche io la mimosa: perchè attraverso la mercificazione della donna, così evidente, voglio che diventi evidente la mercificazione della società nel suo complesso: uomini e donne di cui è stato comprato il futuro. Che è il punto più prezioso e anche più erotico di tutti.
appunto,la Marcegaglia è donna.
Intorno al mazzatto di mimose, per tenerlo insieme, mettrò un nastro rosso di dignità.
Da non confondere con una giarrettiera …
@Nadia non credo affatto che le donne per meritarsi diritti lavoro sicurezza dignità debbano essere migliori.Spesso devono fare il doppio della fatica. E stato così. A me a volte è successo così. E per dire la verità non ho mai invidiato quelle che prendevano delle scorciatoie. Penso che il sesso con Berlusconi ma anche con direttori nei quali mi sono imbattuta sia peggio che fare che ne so la mondina e molto molto peggio di quello che faccio tutti i giorni. Premesso questo forse non mi sono spiegata, ma è vero che le donne vivono generalmente una condizione di segmento sociale di minoranza anche se numericamente non lo sono. Ma una marginalità la vivono anche altri segmenti. Con i quali dovremmno stabilire un patto, perchè poi ci troviamo a lottare sull stesso fronte contro lo stesso “nemico”, che in modo assai semplicistico potremmo definire come un tempo, di classe. E che nelle relazioni interpreta sopraffazione sugli altri se più deboli e con minore accesso ai poteri
Grazie Alberto, grazie mille. Quest’anno il pensiero della mimosa mi fa venire l’orticaria, la nausea, un pò come fossi stanca di rituali ormai logori che hanno perso oggi quel fresco significato che aveva trent’anni fa. Il giallo é il colore da un punto di vista psicologico che é legato al significato di “liberazione” improvvisa di tutta l’energia…e l’energia delle donne si é in effetti sprigionata da allora, ma siccome manca un simbolico femminile ovvero agisce ma a livelli soprattutto inconsci e non trova espressione nella dimensione sociale, quella energia é stata prontamente imbrigliata, posseduta di nuovo…a mio avviso é così. L’espressione del desiderio femminile attraverso una sessualità che si era liberata dai veti morali, e dall’idiozia del valore della verginità, é stata di nuovo presa e controllata, la libertà é diventata disponibilità sessuale incondizionata anche a pagamento…per cui quest’anno rivisiterò questa festa regalando a mio marito ad altri un mazzetto di mimosa.
Una cosa vorrei dire ad Anna: forse non la comprendo ma a volte temo che lei giudichi critiche certe rivendicazioni perché poi le donne fanno le stesse cose degli uomini (banalizzando il tuo pensiero e me ne scuso)…ecco o ci vedo una grande trappola qui. Ovvero la trappola per cui le donne debbano essere migliori degli uomini per “meritare” pienamente diritti e riconoscimento di dignità. Come se appunto, i diritti e il riconoscimento della dignità delle donne non spettino più al genere femminile rendendo inutili le loro rivendicazioni se non dimostrano sempre di essere meglio di un uomo. Il concetto di essere meglio di un uomo é incredibilmente vincolato all’essere peggio. Così le donne oscillano sempre tra il dover essere inferiore o superiore rispetto a un metro di misura che resta sempre l’uomo. Credo che ogni persona debba assumersi le responsabilità di quello che fa, ma penso che ad ogni uomo o donna debba essere riconosciuto e rispettato senza pregiudiziali per appartenere ad un genere piuttosto che ad un altro, altrimenti restiamo cittadine di serie B, convinte che i diritti “ce li dobbiamo guadagnare”. Ci spettano Anna, ci spettano, brutte, sporche e cattive, responsabili delle proprie azioni ma titolari di diritti e dignità.
Caro Alberto è apprezzabile quello che hai scritto perchè ben poco è uscito dal “mondo” maschile, salvo una solidarietà rituale, poco impegnativa e ancor meno responsabile. Ogni tanto penso che andrebbe anche rivisto un certo pensiero di “genere”. Non mi fa paura il revanscismo. Mi preoccupa un conformismo retorico che congela su stereotipi alla fin fine sessisti anch’essi. Sarà che a me è successo di aver subito molta prevaricazione nel lavoro e non solo da donne, appiattite su un modello di potere, un potere che nei secoli è stato interamente in mano mascule, che ha intriso politica cultura religioni e società. E siccome in questo caso come in quello delle escort esiste il libero arbitrio e la responsabilità, forse è il caso di parlare anche della banalità del sessismo e della prepotenza del potere, a prescindere dal “genere”.
La mimosa è un fiore spontaneo. Non ha bisogno di grandi cure e il colore giallo di quei fiori a grappolo che reclinano la testa quasi a voler schivare l’attenzione di tanti occhi, rende benissimo l’immagine femminile. E’ Anche la ventesima stella più luminosa del nostro cielo.L’otto marzo quest’anno assume un particolare significato. A ridosso di quanto successo il 13 febbraio, ora più che mai è necessario uscire dal proprio isolamento per rigettare modelli imposti, di mercificazione del corpo che sono l’esatto contrario dell’universo femminile. I disagi alle quali siamo costantemente sottoposte, la negazione della nostra creatività, la consapevolezza di esistere, bastano come motivi per ribaltare una concezione di vita più vicina alla cultura del Bunga Bunga che al rispetto della dignità di uomini e donne. Ci sono donne che prediligono i salotti, ben vestite, con tacchi a spillo e calze a rete e giarrettiere di pizzo. Quelle donne amano compiacersi e compiacere. Riconoscono la loro subalternità a un uomo che può cambiare la loro vita, destinandole a corti dorate dove l’immagine diventa il loro status simbol . Ma ne esistono altre che affrontano a muso duro la vita. Scendono nell’agone e investono le loro energie per dimostrare l’esistenza di un un altro universo che tenga conto del loro modo d’essere,di cosa provano di quanto una diversità naturale non si traduca in subalternità intellettuale. Queste donne rifuggono i salotti, i tacchi a spillo le calze a rete. Sono donne che sfidano la pioggia e il vento, che non hanno paura di mimetizzarsi dietro un’apparenza fatta di niente. Sono loro a studiare i capitoli di spesa per far quadrare il misero bilancio che gestiscono e in silenzio reggono sulle loro spalle un peso tale che annienterebbe la stessa potenza di Ercole. Donne che nella loro quotidianità scrivono la storia, che hanno rigettato il mito del principe azzurro e devono contare esclusivamente sulle loro capacità. Sono queste donne ad avvertire l’ottusità di uomini che stanno distruggendo l’identità dei popoli e non intendono sacrificare in cambio di qualcosa la propria dignità.Vogliono vivere non secondo le regole dello stato del Bunga bunga.Quello lo lasciamo alle donne dei salotti. Quegli ambienti falsi e mistificatori della realtà non ci appartengono. L’altra città è popolata da donne vissute con i lupi e ora dopo aver sfidato i pericoli di luoghi impervi e selvaggi hanno deciso di essere donne tra uomini nuovi, capaci anch’essi di appoggiare un cambiamento che ci sta investendo ad ogni latitudine e longitudine…. E in tutto questo non c’è nè destra nè sinistra, nè strumentalizzazione alcuna. Spiacenti se qualcuno vorrebbe cavalcare un Pegaso azzoppato. Si cambiasse ritornello. Siamo stanche di sentirlo. Lo conosciamo fin troppo bene.
io invece avrei maturato il convincimento anche guardando alla Marcegaglia tanto per fare un esempio di quella modernità che piace a certi, che il capitare in quando iniquo sfruttatiore sopraffattore sia molto molto macho
Forse un uomo è sufficiente che rifletta sul proprio vissuto maschile per criticare consapevolmente atteggiamenti lesivi nei confronti delle donne e contemporaneamente ripensare alla propria dignità di persona e maschile. Sicuramente l’immagine maschile come consumatore carnivoro dell’altro genere è facilmente identificabile e altrettanto inevitabilmente e facilmente deprecabile. E’ quella che si conosce da sempre e che quotidianamente la fa da padrone nei fatti di cronaca nelle varie regioni d’Italia e del mondo. C’è un aspetto maschile più nascosto, più sottile e non spettacolare che è altrettanto lesivo della donna e riguarda la relazione con lei, tra due immaginari, l’indifferenza verso le accortezze comunicative con un genere umano diverso da sé e il non rendersi conto della necessità di mettersi dal suo punto di vista, di ascoltare e comprendere e collaborare per prospettive comuni. La mancanza di desiderio di entrare in un mondo nuovo e in un modo diverso di affrontare e condurre un ragionamento con cui dialogare costruiscono distanza su distanza giorno dopo giorno. La relazione è preziosa, vitale e costruisce tessuto sociale minuto dopo minuto ma è laboriosa e profonda.
Pensando poi allo sfruttamento, alla mercificazione, Das Kapital è neutro: non ha né genere maschile né femminile e quindi riguarda tutti, donne e uomini.
Grazie Gilda
ecco il mio mazzolino di mimose per te: <3
http://barraventopensiero.blogspot.com/2009/12/auspicando-lavvento-del-tribadismo.html