Proprio non ce la faccio. Sarà che sono un po’ tonto, ma non capisco come si faccia a dire che il decreto salva pdl è di una gravità inaudita, a organizzare una manifestazione contro di esso e contemporaneamente a difendere e a spada tratta  Napolitano che lo ha avallato con la sua firma. “Non poteva non firmare”, si dice come se il presidente della Repubblica fosse un burocrate di basso rango, come se la sua funzione non fosse proprio quella di orientare il Parlamento. Allora tanto varrebbe mettere al Quirinale un ufficio delle poste.

Ma non mi meraviglio di questa dialettica senza sintesi, di questa schizofrenia reticente e ipocrita, ma delle condizioni di impotenza nei quali si trova il maggiore partito di opposizione. Nei giorni scorsi il Presidente è stato lasciato solo nella speranza che potesse da solo resistere agli squali, oggi con un’ assurda difesa d’ufficio, lo si lascia paradossalmente altrettanto solo. Perché questa “copertura” lo mette nelle condizioni di non rivelare e nemmeno di accennare alle minacce che gli sono state fatte durante il drammatico incontro semi notturno.

Non c’è dubbio che ci siano state, perché poche ore prima della drammatica firma, Napolitano era assolutamente intenzionato a non firmare un atto assurdo, illegale e gravido di pesanti conseguenze per la nostra democrazia. La stessa banalità delle giustificazioni che il Presidente offre, denunciano tutto il non detto che si affolla inquieto dietro le parole.

Si va diffondendo la voce secondo cui la minaccia sarebbe stata quella di scatenare la piazza, il che francamente è un po’ come essere minacciati da un coltello di carta stagnola: il pdl non ha nessuna  piazza da mobilitare e lo si è visto fin troppo bene nei giorni del deserto attorno alla Polverini. No, il ricatto dev’essere stato assai più  temibile e forse apparentemente più credibile, anche se non ne conosciamo la natura: personale o protogolpista.

Così il decreto non è solo un  “male peggiore”,  una lastra di marmo sulle istituzioni, ma produce anche questo oscuro retroscena che si aggira come un fantasma:  sembra così simile, così inesplorato, come ciò che accadde in un altra notte di 90 anni fa:  Facta, primo ministro al momento della marcia su Roma non volle mai rivelare cosa fosse successo la notte in cui il re si rifiutò di firmare lo stato d’assedio, nonostante il comando dell’esercito avesse fatto sapere che avrebbe spazzato via i fascisti in poche ore.  Previsione peraltro che oggi si è rivelata esatta salvo per i tempi: sarebbero stati minuti non ore, perché quella marcia era un bluff nei quali Mussolini era maestro.

Per questo lo spettro che si aggira invisibile, ma concreto, possiamo tranquillamente chiamarlo il fantasma del fascismo.