Maria Verdi per Il Simplicissimus
Non mi piace un modello di società come il nostro. Viviamo nel terrore e si fa di tutto per alimentarlo così arriveremo a ulteriori leggi speciali, controlli, telecamere che servono esclusivamente al controllo del territorio e degli abitanti non tanto a prevenire furti, spaccio e altre amenità o a cogliere sul fatto i malandrini. Rodotà ne aveva parlato tempo fa, inascoltato come sempre.
Non penso che quella che noi intendiamo per integrazione sia realmente nelle cose, fattibile. Per integrazione solitamente intendiamo tutto e il contrario di tutto: chi è straniero deve mantenere la propria identità, lingua cultura ma anche fare propria la lingua, la cultura, il modo di vivere della società che lo accoglie; può conservare la propria religione ma rispettare e possibilmente condividere anche quella del Paese di accoglienza; può, anzi è “etnico e folklorico” mantenere cucina, canzoni, musica, abiti propri ma anche quelli del Paese di accoglienza, e così via. Solo sulla poligamia e sul burka ci si ferma e si fanno dei distinguo legislativi.
Sinceramente, non è facile né accogliere né essere accolti. Si arriva sempre fino a un certo punto, è inevitabile: questo è il primo e più importante elemento di realtà da tenere ben presente da ambo le parti se non si vuole degenerare, prima o poi.
Se, al contrario, per integrazione intendiamo il costituirsi di quartieri, di isole nel territorio adibiti a popolazione di diversa origine e con abitudini, religioni, cibi, ecc. propri con elementi della società di accoglienza (scuole, alcuni negozi, parchi, sedi civiche, ausl) è già più fattibile. Ghetti? Non è detto. E’ possibile evitarlo. New York è fatta di ghetti, poveri e ricchi, se si sbaglia quartiere molte volte non si esce vivi. Ma quale integrazione a N. Y…non è certo un modello. La Francia, Parigi? E’ il modello più vecchio e su cui si è più lavorato in Europa, la politica di assimilazione, sul modello di quella dell’antica Roma, civis romanus sum. Ma anche questa politica abbiamo visto, anche recentemente, ha sviluppato forte conflittualità. Anche il modello inglese ha prodotto i propri anticorpi: moltissimi combattenti islamici sono inglesi di seconda generazione. Forse il modello tedesco è il più razionale, come sempre, il meno populista, il più chiaro che pretende responsabilizzazione, osservanza delle regole e sociale al tempo stesso.
Noi ci arrabbattiamo e basta. La disgregazione e la conflittualità nel nostro tessuto sociale sono allarmanti. Si sa. In regioni di destra e in regioni di sinistra le contraddizioni scoppiano: niente ma niente hanno fatto per non alimentarle, per fare vivere la gente sia italiana che straniera in modo dignitoso. Rosarno, Casalvoturno, Milano…comunque, in queste situazioni c’è il controllo del territorio tra bande rivali, tra mafie territoriali e nuovi gruppi di stranieri. Questo dobbiamo capire e non gridare al razzismo e basta: è fuorviante.
Quando al telefono ti dicevo un mese fa, che a Bologna saremmo potuti finire come a Rosarno…dicevi di no. In realtà neanch’io lo credo, per ora. Le contraddizioni sono ancora contenibili, lavoriamo molto per vivere insieme in questo territorio. Tuttavia si levano malumori, astio, rivalità tra italiani e stranieri per l’assegnazione di case popolari, licenze, bonus,le botte e le coltellate tra gruppi stranieri rivali sono all’ordine del giorno, anche fuori dalla mia scuola. C’è una forte rivalità tra cinesi e africani, ad esempio. E’ chiaro il motivo: i cinesi nella divisione mondiale del lavoro sono i ricchi, i commercianti, quelli che fanno i soldi; gli africani, soprattutto i magrebini, per far soldi debbono spacciare e basta. E ci disprezzano, disprezzano gli italiani che comprano e consumano la droga.
E gli altri? Appena una è brasiliana deve essere per forza prostituta, il suo titolo di studio conseguito in patria non vale niente, altro che massaggiatrice, il suo è un lavoro di copertura, deve sbraitare per dimostrarlo. Ma che succede in Italia? Diventiamo tutti di un becero moralismo alla ricerca della altrui carezza proibita.
Non solo dobbiamo sopportare le battute da anni cinquanta di Berlusconi sulle albanesi, sulle belle ragazze che possono non essere respinte, ma anche quelle di chi pensa di essere così diverso da lui mentre non lo è ma è troppo presuntuoso e ottuso per esserne consapevole.
Come possiamo andare avanti così? Tutto sembra mirare alla nostra disgregazione: i poteri forti, multinazionali, banche, divisione mondiale del lavoro e dei ruoli. Per nostra intendo italiana in primis e europea. La disgregazione dei Paesi comunisti è già avvenuta (sai che vantaggio venire a prostituirsi o a fare la domestica o la badante per chi è laureata in medicina o ingegnere, o avere i bambini in bande che si drogano a Mosca o avere accorciato la durata di vita negli ultimi 20 anni). Anche la Chiesa di Roma ha lavorato molto per questo, anzi è stato il primo motore. Tutto cominciò con il Papa W polacco, Solidarnosc, il povero Calvi, il Banco Ambrosiano, ecc. quei soldi noi italiani non li abbiamo più, sono serviti per la nostra disgregazione, alla fin fine. Le bombe democratiche di D’Alema dal 94 al 99, 6 anni di guerra aldilà dell’Adriatico: erano bombe su di noi. Ogni bomba sganciata su Belgrado, che è stato l’ultimo atto, era anche su noi stessi.
Siamo tutti profughi, tutti stranieri, tu e io compresi.
Si dice sempre che al peggio non c'è mai fine. Temo sia vero.Dopo ogni disastro, dopo ogni guerra, tutti strillano mai più; si fanno cerimonie per non dimenticare.E il giorno dopo si ricomincia a odiarci, a fare le guerre, a pensare che i diritti sono uguali per tutti, ma io ne DEVO avere di più!Ogni tanto ci si fà pure un film, per ricordarci quanto siamo idioti, e di film in film siamo passati da guerra a guerra, da miseria a miseria, da storia a storia. Senza imparare nulla, senza pietà.
bella riflessione questa tua, Maria. i ghetti li conosco e so che hanno portato