Niki Vendola ed Emma Bonino sono i nomi che, per la raffinata politologia dei giornali, costituiscono il segno di un fallimento del Pd, un colpo quasi fatale ad un progetto mai davvero decollato. E questo la dice lunga sulla cecità politica di questi anni. Quei due nomi sono, al contrario, la salvezza di un’idea che rischiava di annegare nella tinozza dei vecchi apparati e dei vecchi ragionamenti. Sono aria nuova che in un caso viene da un’area più a sinistra e nell’altro da un’area laica e liberale, dimostrando che attorno al Pd esiste una grande e complessa geografia di opinione che non ne può più dei tatticismi, della real politik, delle manovre e dei tradimenti. Soprattutto un ‘area che non sopporta piccolo cabotaggio affidato a un buon senso che rassomiglia molto alla paura e alla perdita di immaginazione e identità.
Se confusione e sconfitta esiste, questa appartiene proprio al bruco degli apparati, dei comitati di affari e dei potentati e delle alleanze a cui la dirigenza romana guarda come l’unico orizzonte possibile. A quel mondo cui è impossibile diventare farfalla, ormai chiuso dentro i numeri elettorali già visti: 30 per cento.
Mai possibile che l’agnello sacrificale Boccia, mandato dalla bocciofila romana per tentare di fermare Vendola, prefigurasse davanti agli elettori il senso ultimo della sua avventura con la necessità di concedere ai privati la gestione dell’acquedotto pugliese? Privati che poi hanno un nome: Caltagirone?
Possibile che in Piemonte si vada a far propaganda per la Tav, più timorosi delle reazioni dei gruppi interessati all’opera che a quelli che ti dovranno dare il voto?
Purtroppo lo vediamo. E sappiamo che la salvezza a questo punto può venire solo dal di fuori. E c’è un motivo in più per sperare che Emma e Niki vincano.