In Cina il Dalai Lama, non si può nominare. Nemmeno nelle applicazioni per l’iPhone della Apple che si è piegata ai diktat di Pechino. Come si sono piegate Google e Yahoo o molti produttori di personal computer pronti ad esaudire i desideri del governo cinese.
La cosa, anche se deprimente, è tutt’altro che strana, anzi è assolutamente ovvia: se le grandi corporation del net vogliono mantenere il loro mercato mondiale devono necessariamente piegarsi ai voleri delle “autorità locali”. O ci si adegua oppure si rischia di essere soppiantati da sistemi “nazionali” perché le tecnologie con le quali lavorano i grandi gruppi non soltanto sono facilmente riproducibili dai Paesi emergenti, ma sempre più spesso sono concepite e realizzate proprio lì. Quale consiglio di amministrazione o azionista si vorrebbe autocastrare per questioni di principio, rischiando di perdere mercati giganteschi e di ritrovarsi concorrenti agguerriti in casa? Nessuno certo.
Ma poi esistono ancora questioni di principio? Il dubbio è legittimo perché i grandi player della rete, tipo Facebook, sono molto sensibili anche ai “suggerimenti” di governi in Paesi che rappresentano solo un mercato marginale, come l’Italia, per esempio, dove il responsabile europeo del maggiore social network, Richard Allan, è prontissimo ad accogliere i diktat del ministro Maroni. In via del tutto privata, e senza nemmeno la mediazione della legge.
La libertà di espressione e di interazione che è stato il motore di internet, è ormai diventata una merce che viene venduta senza l’etichetta che ne specifichi gli ingredienti.tossici, è avvilita, sottoposta a trattative e patteggiamenti tra manager e governi senza alcuna mediazione. L’ e-inciucio.
Questa è l’altra faccia della medaglia nel Web.2 divenuto troppo importante per evitare le tentazioni di un controllo extralegale, politico, di parte. E nel caso italiano di un controllo ad personam. Molto amorevole, naturalmente.