Anna Lombroso per il Simplicissimus
Non bastava la performance del Carcano a cura della potente influencer impegnata a esibire ogni sacra sindone della sua malattia, unica autorizzata a parlarne, avendo zittito con una sola battuta potenziali aventi diritto, condannati precipitosamente a morte certa in quanto appartenenti al Quarto Stadio.
Non bastano le terapie di gruppo del più osannato vezzeggiato e lusingato tra gli psicoanalisti, adorato da sciure di tutte le età e di tutti i ceti sociali.
Ormai ogni pamphlet è buono per esibirsi su un palco, ogni raccolta di articolesse per Repubblica o il Foglio, funziona per mettere in piedi uno show malamente orchestrato, all’insegna del dominio dell’emotività e dell’egemonia dei sentimenti finalmente ritrovati e concessi dal mercato, dopo anni di cinismo spregiudicato e di consumismo capace di trasformare stati d’animo in prodotti di largo consumo.
Tra oggi e domani piccole folle di fan applaudiranno applaudiranno Recalcati in veste di madonna pellegrina, Crepet a Udine e poi nelle terre marsicane. E non c’è addetto ai lavori, da Garimberti ad Ammanniti, e di una qualsiasi disciplina che non esiga spazio televisivo (ve le ricordate le casalinghe in parata a Telenorba, Antenna Nord, pronte a vendersi la catenina della comunione dei rampolli per conquistarsi una comparsata in reggiseno e slip?), non noleggi un teatrino parrocchiale per infrangere qualche tabù, spezzare le reni al conformismo degli antisistema capaci solo di denigrare le religioni di stato, a cominciare dalla scienza. Perché di una cosa si può stare certi, recuperando emozioni, stati d’animo, possiamo occuparci della nostra depressione, dell’accanimento della sorte contro noi poveri individui, senza farci carico di ben superiori disuguaglianze, perversi sfruttamenti, crudeli sopraffazioni, avendo a disposizione piazze virtuali dove esternare il nostro malessere se siamo straccioni e teatri con parterre influenti se “contiamo”, in un panottico nuovo dove non veniamo più isolati gli uni dagli altri. Ma dove al contrario ci viene concesso di metterci a nudo, comunicare, inveire, offrendoci l’illusione di una ritrovata libertà.
Tanto che c’è da temere ? Che in aggiunta al regime della sorveglianza avremo la sorveglianza reciproca già messa alla prova nella sceneggiatura del lockdown con Gassman che denunciava i vicini festaioli e quello del pianerottolo del terzo piano che immortalava gli empi barbecue? Qualcuno sospetta che sia già cominciata l’era della psicopolitica, quella nella quale il potere rivela l’inefficacia di restringere l’uomo in una gabbia di divieti , facendo scegliere loro si sottomettersi da sé, motivandoli e guidandoli a seconda del proprio profitto, più affermativo e assertivo che repressivo. E anche più seduttivo impegnato com’è a plasmare la nostra psiche, costringendo al silenzio solo qualche eretico irriducibile, mentre gli altri di buon grado vengono invitati a mostrare  consenso, compiacimento, esprimendo il proprio malessere personale, che diventa un prodotto sullo scaffale delle emozioni, quando il like è il segnale che abbiamo accettato che un dominio più benevolo e comprensivo legga, interpreti e indirizzi nostri pensieri. E eccoci qua con Crepet che se la piglia coi genitori, i genitori che se la pigliano con la scuola, la scuola che se la piglia con Crepet, nessuno responsabile, nessuno colpevole, nessuno consapevole ed avveduto, seduto nelle poltroncine dell’eterno teatro della vita.