Qualcosa è cambiato in questi primi giorni dell’anno, qualcosa che mette la Nato in un enorme imbarazzo e svela come tutta la sua impalcatura stia diventando più fragile, man mano che la sua retorica bellicista diventa più tracotante: i due Paesi scandinavi che l’estate scorsa avevano stoltamente rinunciato alla loro natica neutralità per aderire all’Alleanza atlantica sembra che ci stiano ripensando e soprattutto la Svezia non sembra più avere intenzione di fare i salti mortali per attuare le condizioni che Ankara impone per togliere il suo veto all’ingresso. Com’ è noto la Turchia aveva posto delle condizioni per dare il proprio asenso all’entrata di Svezia e Finlandia nella Nato, in pratica chiedendo che due Paesi consegnassero  i personaggi della resistenza curda che ospitano e che i turchi considerano terroristi. In un primo tempo la Svezia che è il Paese di gran lunga più coinvolto nel fornire ospitalità ai curdi, nonostante  le molte proteste popolari aveva cercato di temporeggiare e negoziare con la Turchia sul numero delle persone eventualmente da instradare.

Poi sono arrivare le elezioni e sebbene il premier svedese Magdalena Andersson abbia conquistato la maggioranza relativa i due partiti di centro e di centro – destra hanno raccolto più voti rispetto alle passate legislature e hanno potuto fare un nuovo governo di coalizione . Qui però bisogna dissipare un equivoco, purtroppo il solito su sinistra e destra: sebbene la Andersson, guidi una formazione chiamata Partito Socialdemocratico dei Lavoratori di Svezia in realtà con i lavoratori non ha nulla che fare, mentre ha moltissimo a che vedere con chi li sfrutta: oltre ad essere importante membro del Wef di Schwab è nel consiglio di amministrazione della Banca Europea per la ricostruzione e  lo sviluppo, della Banca europea per gli investimenti, dell’Agenzia Multilaterale di garanzia per gli investimenti, una branca della Banca mondiale che si occupa di ricattare i Paesi poveri e della Nordic investment bank. Insomma avete capito di chi si tratta. Ad ogni modo dopo la sua caduta la disponibilità di Stoccolma nel vendere i curdi a Erdogan è sensibilmente diminuita e il 19 dicembre la Corte suprema svedese ha vietato l’ estradizione di un giornalista, Bülent Keneş, accusato dalla Turchia di coinvolgimento nel colpo di stato del 2016. E questo naturalmente ha fatto infuriare Ankara che per tutta risposta ha allungato la lista delle persone di cui chiede l’estradizione. Ma questo evento rappresenta un precedente dal quale sarà difficile tornare indietro e difatti il ministro degli esteri di Stoccolma, Ulf Kristersson, dopo qualche tentativo di placare  i Turchi ha detto in una conferenza che l’accordo di massima raggiunto con la Turchia dal precedente governo della bancaria Andersson, è un insieme di “rivendicazioni irrealizzabili” Durante stesso convegno il ministro degli esteri finlandese ha sostanzialmente affermato  che l’entrata nella Nato del suo Paese è condizionata da quello della Svezia, per cui se per qualche ragione non entra  Stoccolma, si ritira anche Helsinki. E forse anche a maggior ragione, perché esiste un trattato russo – finlandese che sostanzialmente collega la sovranità di ampi territori proprio allo stato neutrale della Finlandia, per cui Mosca potrebbe invadere il Paese senza alcuna violazione, anzi agendo in base agli accordi internazionali, Forse qualcuno lo deve aver ricordato alla premier  finlandese durante una qualche nottata in discoteca.

Chiaramente glu Usa faranno enormi pressioni sulla Turchia perché ammorbidisca la sua posizione, ma dal momento che quest’anno ci sono le elezioni, previste per il 18 giugno, prima di allora sarà molto difficile che Ankara possa diventare più ragionevole. Questo senza dire che l’ingresso di Svezia e Finlandia togliere notevole peso alla Turchia e al bastione sud della Nato.  Tuttavia la cosa più importante è  l’impressione netta  che i due Paesi scandinavi stiano cominciando a comprendere che la loro adesione alla Nato è qualcosa di assolutamente avventato visto che il clima di guerra non si smorza e anzi tende ad allargarsi: non si tratta più di un atto politico dimostrativo, già di per sé stupido visto che infrange una neutralità da cui la Scandinavia ha tratto finora molti vantaggi, ma di essere coinvolti in un conflitto che rischia di spazzarli via già nelle prime ore di guerra generale, visto che per Mosca è vitale avere mano libera nel baltico. Certo Washington potrebbe a questo punto fare la voce grossa, perché la defezione di Svezia e Finlandia sarebbe un grosso smacco per l’alleanza atlantica, ma la posta in gioco è l’esistenza stessa di questi Paesi, qualora il conflitto si dovesse allargare. La Svezia d’altro canto ha anche le prove della partecipazione bilaterale di Usa e Gran Bretagna nella distruzione dei Nord Stream che fino ad ora si è rifiutata di divulgare e dunque ha in mano abbastanza carte per resistere. Assistiamo insomma al primo capitolo di una disintegrazione della Nato che comincia dal mancato avanzamento.