Viaggiare in auto è pericoloso, non tanto per il traffico che ormai non esiste più o almeno non quello che ricordo del luglio col bene che ti voglio dei lontani graffiti delle vacanze,  quanto per la  possibilità purtroppo altissima di  scontrarsi con quella che  viene chiamata informazione, ma che in realtà è la favola che viene raccontata ai bambini. Più di un qualche radiogiornale ha asserito  che ora, perso tutto il Donbass, persi probabilmente non meno di 200 mila uomini – secondo le analisi (non pubblicate peraltro sul mainstream) dei servizi americani, l’Ucraina si appresta alla controffensiva per liberare tutto il sud del Paese occupato dalle truppe russe e dove via via si creano formazioni volontarie decise a dare il fatto loro ai nazisti. Purtroppo si tratta di radio e dunque non si possono guardare in faccia  quelli che dicono queste idiozie eticamente degradanti visto che attraverso tali  falsità più che palesi tendono a far continuare una lotta impossibile, ma sanguinosa per non dover ammettere una totale sconfitta e soprattutto per tenere buone popolazioni gettate nel sabba sociale dell’impoverimento con il pretesto della guerra.

Ma ciò che davvero mi ha colpito è stata un’altra cosa, per esempio il fatto che isoradio ( assieme ad altri emittenti che da lì’ traggono le notizie sul traffico )  domenica scorsa abbia cavalcato per tutta la giornata l’unica notizia dei i “rallentamenti” sull’A14 che dal mare della riviera romagnola porta a Bologna e poi a tutto il resto del nord, come se davvero il turismo fosse mesmericamente rinato. Certo sarebbe stata una brutta cosa nella giornata del 3 luglio dire che era tutto tranquilli grazie all’opera di un governo che con le sue misure anticovid, inutili e per giunta anche pericolose per salute,  ha praticamente distrutto uno dei settori più importanti dell’economia italiana, dando in pasto ai pescicani del Nord America un patrimonio immenso  che ora verrà gestito altrove e dove agli italiani non sarà dato che un ruolo da sottoposti sfruttati, mentre i veri profitti andranno altrove. La tendenza è proprio quella: in una specie di eremo isolato da tutto vicino al lago Trasimeno –  che ormai quando ad accoglienza potrebbe benissimo essere ormai il Baikal – mi sono trovato seduto al tavolo di questo ristorante servito da una cameriera di non so quale parte dell’anglosfera, che parlava esclusivamente inglese. Voi capite nel cuore di un Italia  che fino al 600 era il punto di riferimento del gusto e grazie a Galilei anche della scienza, persino per cenare c’è bisogno dell’inglese e dire fiusili with cheese and blck truffle. O meglio questo pensano gli sventurati morituri delle imprese turistiche: invece la cosa non era apprezzata proprio da nessuno nemmeno da altri europei che almeno si sono sforzati di imparare qualche parola italiana per visitare il Paese. Mi è venuto in mente ciò scriveva Goethe all’inizio del suo viaggio in Italia, quando fur portato a vedere una commedia di Goldoni -, Le baruffe chiozzotte – divertendosi molto, ma confessando di non aver compreso alcune parti dei dialoghi: sapeva meglio l’Italiano lui degli italiani moderni che di certo capirebbero assai poco e sono totalmente rincretiniti dal modello educativo americano che infatti adesso sta sprofondando rispetto a quello del mondo non neo liberista.

Si c’era qualche rallentamento sull’Adriatica laddove in estate era una bolgia di file immobili in attesa di raggiungere la meta: chi conosceva le zone per andare e tornare faceva le cosiddette vie Guelfe , stradine secondarie che evitavano il traffico più intenso, che passavamo per i paesi della Romagna immersi nella piana come lucciole nella sera e nonostante questo c’era anche un po’ di fila cui non si sottraevano nemmeno quelle volvo familiari grandi come cattedrali che parevano costruite solo per le autostrade. Forse era faticoso, ma faceva parte del gioco, era come meritarsi la vacanza, era una sorta di rito sociale collettivo che segnava la prova d’ingresso nel paradiso della borghesia e l’ingresso nel Paese che cresceva e che “andava forte”: Sebbene tutti o almeno quelli che non erano obbligati alle vacanze agostane non facessero altro che disapprovare questa bolgia vacanziera ed elencarne tutti gli svantaggi , alla fine prima o poi ci si ritrovavano ad onta di qualsiasi partenza intelligente che peraltro si scontrava con l’ipocrisie di fabbriche e uffici che chiudevano tutti assieme. Ma diciamo che gli intellettuali non son o mai troppo intelligenti da accorgersi di essere troppo spesso la fonte non di un giudiizio, ma di un pregiudizio. Adesso c’è il rimanere a casa intelligente che consiste poi nel far acquisti inutili sui web con le serrande semiabbassate, fare qualche puntata  nei luoghi ormai sacri degli acquisti collettivi, per comprare maree di cose inutili tutte ovviamente ecologiche e responsabili solo perché è la moda, non perché si abbia voglia di capirci qualcosa o di accertare  se effettivamente questo spaccio di falsa ecologia abbia una qualche realtà o non sia anche peggio di prima. Così c’è solo un piccolo rallentamento dei furgoncini  nelle grandi città.  Le vacanze di massa di una volta erano un modo barbaro di essere, mentre oggi abbiamo un modo discreto di non essere.