Anna Lombroso per il Simplicissimus

Pare proprio che siamo così conquistati dalla prospettiva di essere risparmiati dalla fatica, grazie alle magnifiche sorti e progressive della rivoluzione digitale avviata dalla tecnocrazia (il Sole 24Ore oggi: il digitale vince la sfida dei profili più richiesti) da decidere di anticiparne i tempi, esonerandoci dallo sforzi di pensare, agire secondo coscienza, esercitare libero arbitrio e critica.

Ha  così il sopravvento la tentazione di concedere la delega e l’affidamento individuale e collettivo a soggetti in evidente conflitto di interesse, che via via hanno avocato a sé l’incarico morale di guidarci negli impervi sentieri di un’etica che da confessionale e privata è diventata pubblica, e che richiede, a sancire l’appartenenza alla società civile, la celebrazione di continui atti di fede che si traducono in consenso a decisioni politiche, ormai  risparmiato dal  molesto ricorso al rito del voto, necessaria rinuncia a diritti incompatibili con gli obblighi dello sviluppo economico,  consumi guidati secondo mode e persuasione alla fidelizzazione a poteri multinazionali, come dimostra la corsa alla vaccinazione.

E si conferma con l’occupazione militare dello spazio pubblico di caste sacerdotali monopolistiche che per incrementare i loro profitti economici e culturali approfittano del prolungarsi indefinitamente di emergenze sociali, per erogare e somministrare le loro ricette per la salvezza, convincendoci di essere stati mandati dalla provvidenza per  immunizzarci, tramite altri terrori, dalla paura della morte rinviata grazie a pozioni magiche e dai rischi che derivano dalla disobbedienza e dal dubbio nichilista, offrendoci valori, ideali e prodotti di culto  i più svariati: Scienza, Progresso, Tecnologia e la solita immarcescibile Religione con la sua triade: Autorità, Patria e Famiglia.

E si capisce il successo mediatico del Papa esibito ieri sera in veste di influencer subito prima di Burioni, che ha esposto nella più acconcia vetrina tutto il bric à brac dell’ideologia, anzi della religione, del politicamente corretto, (ne avevo scritto qui: https://ilsimplicissimus2.com/2020/10/23/un-papa-radical-chic/ ) , dall’aiuto umanitario inteso come soccorso, invio degli osservatori dell’Onu e della Croce Rossa con la mano sinistra che finge di non sapere che la mano destra ha bombardato i civili nel corso di campagne di rafforzamento istituzionale e esportazione di democrazia, alla squisita tolleranza di chi ha inclinazioni “diverse” con occhio di riguardo per chi indossa le divise, quelle talari o i look dei creativi, degli artisti, degli opinion leader così popolari da poter essere normalizzati grazie alla loro eccellenza.

E difatti l’apoteosi nella pastorale di Rai3 è stata raggiunta con l’invettiva contro il clericalismo, mediocre espediente per condannare superficialmente il bigottismo di qualche parroco, di rabbini e imam, legittimando la potenza opaca di chiunque lede i principi di laicità che devono innervare tutta la cultura e la società, si tratti di filosofi che pensano che la democrazia sia lasciar fare a chi sa, storici, scienziati,  che si sono assunti la funzione di farci discernere tra bene e male, l’incarico di stabilire le gerarchie di diritti e bisogni, sempre secondo i criteri e i requisiti imposti dal sistema totalitario vigente e dai suoi generali, si tratti di Videla o dello stato maggiore dell’asse Nato-Ue.

Ma siccome è il Papa che piace alla gente che piace, oggi leggiamo i commenti estatici di burrascosi e temperamentali ex sindacalisti, abbeverati alla fonte delle sue convinzioni di politica estera che sottovalutano il suo appoggio a una conversione di qualsiasi settore della società al credo delle privatizzazioni, a cominciare da quella della giustizia plasticamente e esemplarmente rappresentata nel rinviare il clero colpevole di pedofilia al giudizio di altro tribunale rispetto a quello secolare, o di quello del sistema fiscale anche quello profano, che in previsione di migliorie già previste, esonera ceti, categorie e personalità speciali dal pagamento delle tasse.

Leggiamo l’entusiastica adesione degli orfani volontari della lotta di classe che si appagano di quella al riscaldamento globale senza olio di palma, green, equa e sostenibile come il cacao dalla cioccolata che bevono ai loro club dove si combatte la discriminazione, purchè in possesso di regolare Green Pass.

Leggiamo la riproposizione delle sue citazioni estratte dalla benefica discarica di Wikiquote, con la  calorosa ammirazione riservata a chi arriva prima degli altri a condividere su Fb la strofa di De Andrè dimenticata, i versi della Merini non contemplati nel canovaccio del Costanzo Show, gli sberleffi di Bukowski sfuggiti agli allievi dell’università della strada, partecipando così della fertile egemonia dell’ignoranza di ritorno.

Eh si, ormai possiamo dire che si è conquistato il primato della Ferragni, dei cantanti di Sanremo, dei virologi, delle star dei social con 5000 aficionados, è lui l’influencer perfetto, cui è concesso via etere sia pure non a reti unificate, ma verrà il tempo, di dimostrare di essere legittimato a intervenire con dolce violenza negli affari di Stato e di popolo, a sottoporre i comportamenti della società al suo giudizio terreno sì, ma inviolabile e incontestabile grazie alla sua appartenenza oligarchica e al consenso che si conquista per via della vecchia consuetudine al proselitismo soverchiatore e alla carenza di competitor.

Si, l’influencer perfetto, a condizione però che non faccia davvero il papa, che prosegua sulla strada della moralona, dell’ostentazione dei costumi severi e sobri, dell’intermittenza di bastone e carota, di penitenza e assoluzione a termine, di sacrifici e licenze, proprio come fa ormai un presidente del consiglio investito di autorità assoluta e dispotica.