Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ammettetelo, anche voi pensavate che fosse una  scialba figurina dell’album del “riformismo” neoliberista,   posseduto però dal demone del narcisismo tanto da accettare una carica alla quale altri, più smaliziati, si erano ragionevolmente sottratti, e che, una volta, insediato è sembrato affetto da un marasma cognitivo e fattuale.

Invece ecco la rivelazione, Roma è nelle mani di un Monty Phiton, di un cabarettista della scuola dell’umorismo demenziale, di un trovaroba del teatro dell’assurdo, che adotta i paradigmi della transizione ecologica  e i criteri della green economy in forma creativa come hanno fatto altri prima di lui, attribuendo il buco nell’ozono o l’incremento dei gas serra ai peti della vacche o ai miasmi dell’alito dei maiali, senza essere mai  annoverati tra i terrapiattisti o gli acchiappa-fantasmi o i cacciatori di scie chimiche, perché  in qualche modo concorrono a accreditare qualche stratosferica balla di regime.

Così non stupisce che dopo la mancia straordinaria stanziata per premiare i netturbini,  che non si sottraggono all’umiliante incarico di svuotare i cassonetti simulando reiterate malattie professionali, dobbiamo alla vena inesauribile del sindaco Gualtieri la soluzione per la gestione dei rifiuti urbani che si accumulano vergognosamente minando la sua credibilità e macchiando la reputazione della Capitale. La sua ricetta infallibile, annunciata per bocca della sua assessora all’Ambiente è consegnata alla popolazione chiamata a collaborare per tenere la città pulita:  “Niente pacchi di Natale e coccarde sotto l’albero!”, in modo che, come al solito, la responsabilità ricada sulla popolazione riottosa e scalcinata.

Non mi direte di non essere compiaciuti  per questa combinazione di austerità con i principi di un consumo equo e solidale e  con l’aggiunta di una sobrietà cristiana, incarnata da un papa che la sera abbandona i saloni dei palazzi pontifici per coricarsi in un’angusta stanzetta e che da sempre richiama a costumi morigerati, e di una severità che rappresenta uno dei capisaldi dei governi tecnici, castigati e castigatori,   frugali e temperanti per quanto riguarda le regalie al popolo già fin troppo beneficato dai vaccini, in modo da indirizzare risorse e strenne a chi si prodiga per lo sviluppo.

È vero,  colpisce un po’ l’apparente contraddittorietà dei messaggi: dopo che per anni il diritto fondamentale concesso ai cittadini era quello di spendere, comprare, accumulare prodotti sempre più deteriorabili e effimeri, ora l’invito è alla parsimonia, secondo quell’indole punitiva dei nostri decisori plasticamente espressa dai moniti di un presidente del consiglio che attinge al repertorio di qualche savonarola de noantri, ricordandoci che dobbiamo morire e prima pagare caro senza ricevere niente all’infuori della “salute”, unico diritto  ancora vigente.

Ma  è plausibile che la raccomandazione venga rivolta agli impacchettatori compulsivi, quelli che non concepiscono le strenne spoglie  di veline, carta rossa con babbo natale, fiocchi e nastri argentei, che producono un volume insensato di sporcizia solo apparentemente effimera come l’allegria delle feste e come le mascherine che stanno avviluppando il globo come un sudario.

E mica penserete che ci si voglia accanire su  Amazon, già perseguitata dall’Antitrus, su ebay,sui colossi del commercio online che dell’involucro hanno fatto un brand aggiuntivo, in  efficace intesa con i magnati della carta orbati del settore libri e giornali in sofferenza e con le aziende del riciclo, premiate dal business delle vendite in rete, che fanno pagare ai consumatori, come merce preziosa,  l’imballaggio, i cartoni, la pellicola con le bolle che si estingue in un paio di secoli.

Perché invece pare evidente che il sindaco e la sua assessora sono all’oscuro del fatto che la carta si ricicla più volte, che così entra in un circuito di mercato profittevole e redditizio, tanto che in paesi civili le isole ecologiche sono frequentate dai cittadini che conferiscono i rifiuti partecipando a un sistema di scambio, grazie al quale al volume dei rifiuti consegnati corrisponde uno “sconto” sulla tassa comunale.

E che comunque si deve ai sindaci Petroselli e Vetere l’avvio della pratica della differenziata, accolta, si dice, con  insolente sospetto da cittadini indifferenti o sospettosi che diffidano del sistema di raccolta dei rifiuti, colpevoli, loro, di non implementarla con comportamenti poco virtuosi.

Basta pensare alle, non sappiamo quanto fantasiose, leggende metropolitane ripetute in anni e anni dell’avvicendarsi di giunte di tutti i colori. E che parlano di operatori svogliati che gettano i contenuti dei cassonetti alla rinfusa in un unico automezzo puteolente e sferragliante, di supermercati, commercianti e artigiani che adottano la pratica dell’export per ammassare i loro rifiuti anche ingombranti lontani della fonti di origine, in modo da evitare l’obolo dovuto e le sanzioni, di cittadini che la domenica mattina svuotano il garage della vecchia lavatrice o della tv senza decoder appoggiandoli artisticamente accanto ai bidoni sulla pubblica via come sculture dadaiste.

Narrazioni, queste, riprese dalla stampa in forma bipartisan perché lo slogan capitale corrotta, nazione infetta riscuote sempre un certo successo legittimando la tesi che le colpe siano equamente suddivise tra amministratori e romani, pigri, insubordinati, riottosi a comportamenti e regole di civile convivenza.

Fosse così, non ci sarebbe da stupirsi,  questo è uno dei settori dove ha più seguito il cattivo esempio, quello di enti locali che hanno scelto la strada dell’impotenza per dare copertura all’incapacità o, peggio, alla determinazione di trasformare il laissez faire in inazione, al fine di consegnare il comparto a imprese fortemente infiltrate dalla criminalità,  di aziende che lucrano sulle emergenze che permettono aumenti di tariffe, deterioramento della qualità dei servizi, in combutta con comuni che così adottano misure straordinarie delegate a autorità eccezionali. O di regioni che pervicacemente non eseguono il mandato di predisporre i piani di loro competenza, di sindaci galantuomini che vogliono lasciare la loro impronta morale, chiudendo le discariche e contribuendo all’egemonia dell’export dei Rsu in paesi che sanno tradurre l’immondizia in business e in ricchezza, di partiti che hanno smobilitato le province per incrementare i poteri di “governatori” che pretendono più autonomia allo scopo di favorire privatizzazioni e monopoli.

Sono loro gli incaricati di propalare il verbo della green economy, dando pennellate di verde redentive a produzioni tossiche, togliendo l’olio di palma e introducendo quello di ricino, addossando colpe e responsabilità ai cittadini rei di non eseguire i comandi dell’ecologia domestica, incaricandosi di promuovere, insieme all’incarnazione dell’ambientalismo “innocente” dei giardinieri, la più sostenibile delle fonti energetiche, il nucleare, anche allo scopo di ricordare la fine che fanno da noi i pronunciamenti popolari, anche quelli scaraventati nel cassonetto della democrazia.